Cerca

Coronavirus, una Rsa in Lombardia Coronavirus, una Rsa in Lombardia 

Coronavirus, ancora critica la situazione nelle Rsa in Lombardia

Circa il 50% dei decessi per Covid-19 è avvenuto nelle Residenze sanitarie assistenziali. Questo riguarda tutti i paesi europei. Ma in Lombardia in tali strutture fanno fatica ad arrivare i dispositivi di protezione e mancano anche i tamponi. Per l'Alleanza delle Cooperative serve rafforzare la medicina del territorio

Alessandro Guarasci - Città del Vaticano

Proseguono le ispezioni delle forze dell’ordine nelle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali, soprattutto in Lombardia. E' qui infatti che registra il maggior numero di decessi, ma la situazione non è differente in altre regioni e addirittura in altre nazioni. Per l’Oms, infatti, in Europa “fino alla metà delle morti per Covid-19 è avvenuta nelle residenze di assistenza per anziani o a lungo termine”. In tante strutture, gli operatori, fino a pochi giorni fa lamentavano la mancanza di strumenti di protezione. Per Valeria Negrini, presidente dell'Alleanza delle cooperative Welfare in Lombardia “la situazione è cambiata rispetto alla prima settimana di marzo, però le mascherine arrivano ancora in maniera insufficiente. Così come arrivano in maniera ancora insufficiente i tamponi che dovrebbero consentire uno screaning non solo delle persone ricoverate nelle strutture socio-sanitarie ma anche degli operatori. Questo grave ritardo incide anche rispetto alla possibilità degli operatori che sono in quarantena di poter rientrare effettivamente al lavoro”.

Ascolta l'intervista a Veleria Negrini

Gli effetti di questi ritardi quali sono?

R.- Colleghi che hanno finito la quarantena chiamano per fare il tampone, ma l’Ats (l’Azienda sanitaria locale, ndr) risponde che questo sarà possibile solo tra 15-20 giorni.

Che cosa le dicono i suoi colleghi su questo sovraccarico di lavoro per il coronavirus?

R. - Sono persone responsabili, che hanno compreso la situazione. Moltissimi stanno lavorando per persone con fragilità, fanno dei turni veramente massacranti a volte. Aspettano che i colleghi che sono in quarantena possano rientrare in modo da diminuire un po' la pressione sul loro orario di lavoro.

La mancanza di dispositivi protezione o quantomeno l'insufficienza li espone a rischi inutili?

R. - Certo, anche perché non bastano solo le mascherine chirurgiche ma ci vorrebbero pure protezioni più adeguate soprattutto se in alcune strutture ci sono state casi di Covid-19 positivi. Servono tutta una serie di dispositivi come  camici, saturimetri, eccetera.

Però la situazione nelle Rsa Lombarde poi è stata determinata dal fatto anche che probabilmente, anzi quasi sicuramente, l'emergenza non è stata gestita correttamente da parte di alcune strutture….

R. - Lo vedremo. Sulle Rsa lombarde, come in altre zone d’Italia, sono state aperte delle inchieste, sta intervenendo anche la magistratura. Io però dico che almeno per quanto riguarda la Lombardia, l'emergenza, quindi le priorità, sono state fino al 20 di marzo concentrate pressoché in maniera esclusiva sull’urgenza ospedaliera sanitaria. Il territorio è stato così lasciato in difficoltà anche proprio nel valutare i casi. Alcune persone positive nelle Rsa nelle prime settimane di marzo, nonostante venissero richiesti ricoveri in ospedale, non venivano ricoverate. Questo è un dato di fatto che sicuramente emergerà anche nelle indagini che la magistratura sta svolgendo.

Insomma dopo questa emergenza bisogna cominciare a ripensare una parte del funzionamento del sistema sanitario?

R. - Potenziare quella parte che agisce anche in tempi normali e che invece in tempi emergenziali va messa in sicurezza perché comunque è in grado di contenere il contagio della malattia, ed è in grado di evitare che ci sia l’affollamento negli ospedali. Quindi la medicina di territorio. Una sanità territoriale che passi da un potenziamento vero non solo delle strutture socio-sanitarie, ma anche di tutta la struttura domiciliare e dei rapporti con le ASL, diventa una necessità. Questo non solo per svolgere al meglio questa seconda fase ma soprattutto in prospettiva, per poter garantire una cura adeguata sul territorio alle persone che ne hanno bisogno.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

28 aprile 2020, 10:19