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Padre Ripamonti: accogliere si può nonostante il coronavirus

Non si ferma il dramma dell'immigrazione nel Mediterraneo. In Sicilia i 146 migranti della nave Alan Kurdi, dopo undici giorni, sono stati trasbordati sul traghetto Rubattino della Tirrenia. Li trascorreranno la quarantena assistiti dalla Croce Rossa. L’intervista a padre Camillo Ripamonti presidente del Centro Astalli

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Continuano gli sbarchi dei migranti sulle coste italiane. La ong Sea Watch denuncia la morte di 12 persone delle 55 respinte in Libia. Erano tutte su una stessa imbarcazione che inizialmente si pensava dispersa. Anche Medici Senza Frontiere ha lanciato un’appello ai governi europei perché il Covid-19 “non diventi motivo per abdicare ai propri obblighi di salvare vite e perché rimuovano gli ostacoli che impediscono alle navi umanitarie di operare". Intanto in Sicilia i 146 migranti dalla nave Alan Kurdi, su erano a bordo da undici giorni, sono stati trasbordati sul traghetto Rubattino della Tirrenia. Qui saranno sottoposti al tampone dal personale della Croce Rossa e resteranno in quarantena in attesa di essere poi redistribuiti nei Paesi dell'Unione europea.

Non dimenticare chi fugge rischiando la vita

“Gli sbarchi ci sono sempre stati dall'inizio di quest'anno – spiega padre Camillo Ripamonti presidente del Centro Astalli -. Adesso è un po' tutto sotto silenzio anche a causa della situazione italiana che stiamo vivendo, alla situazione di pandemia anche del mondo che ha concentrato l'attenzione su altre questioni. Negli ultimi giorni si sono un po' conciliate due evenienze, cioè da una parte il bel tempo che come sempre facilita l'arrivo delle persone, e dall’altra una condizione di aumento di instabilità in Libia che ha determinato la partenza di più imbarcazioni e quindi l’associarsi di questi due fattori, ha determinato anche un aumento nelle prime settimane di aprile di un maggior numero di persone”.

Ascolta l'intervista a padre Camillo Ripamonti

E' possibile l'avvio di un dialogo con il governo libico e con la Turchia anche per gestire meglio questi arrivi?

R - Non dobbiamo dimenticare che un accordo con la Libia c'è già, anche se però non fa grande onore né al nostro Paese e neanche all'Europa, perché appunto questo accordo prevede il blocco delle partenze di migranti dalla Libia e la loro detenzione all'interno di quei centri di detenzione, che più volte anche l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha riconosciuto come un luogo non idoneo, perché non vengono rispettati i diritti umani. Il grosso problema riguardo sia la Libia, sia la Turchia, è che l'atteggiamento che muove l'Europa è quello di esternalizzare i confini, quindi di fare degli accordi con gli Stati al confine dell'Europa, per bloccare i flussi piuttosto che cercare di creare quelle condizioni perché le persone che sono maggiormente vulnerabili, possano entrare in protezione in Europa.

I migranti della Alan Kurdi sono stati appena trasferiti su un'altra nave per la quarantena, lei che ne pensa?

R - Sicuramente la situazione che stiamo vivendo con l’emergenza sanitaria impone che ci siano dei luoghi in cui queste persone, sia per la loro tutela, ma anche per la tutela della collettività, seguano quelle procedure che permettano di capire se ci sono delle persone positive e quindi poi garantire anche un periodo di quarantena per far emergere appunto queste situazioni di positività. Quindi io credo che sia importante per la tutela di tutti individuare delle procedure che in questo momento tutelino la salute dei singoli, e la salute della collettività. Poi sulle modalità con cui queste vengono fatte, credo che quello della nave oppure di luoghi adibiti a questa quarantena, non sia importante in questo momento, l'importante è che non si utilizzi, come in altre occasioni è stato fatto, la pandemia per definire che i porti italiani non sono sicuri. Ecco sono due questioni distinte che secondo me con il buon senso e con una programmazione adeguata si possono affrontare entrambe.

In che modo in questo momento si può coniugare l'accoglienza dei migranti con l'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus?

R – In una situazione di difficoltà collettiva è aumentando la solidarietà che si trova una via d'uscita, quindi non è abbandonando le persone in mare e non dando accoglienza a loro che si risolvono le questioni. In un momento, appunto, di fragilità di tutti, è mettendo insieme le forze che si affrontano le questioni. Poi queste persone fuggono, o vengono messe in mare, o comunque si trovano nel Mediterraneo con un rischio per la loro vita, quindi vanno soccorse, rispettando quelle che sono le leggi internazionali del mare e vanno accolte perché appunto fuggono da situazioni che mettono in seria discussione la loro vita. Quindi attraverso delle procedure adeguate si possono accogliere in sicurezza per loro e per la collettività.

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17 aprile 2020, 14:01