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Sud Sudan, a Roma nuovo passo nel dialogo di pace

Si è concluso a Roma, presso la Comunità di sant’Egidio, il primo incontro di negoziati a seguito degli accordi per il cessate il fuoco in Sud Sudan, firmato a Roma lo scorso 12 gennaio. Hanno partecipato delegati del governo, di tutte le forze di opposizione e alcuni osservatori internazionali. Garofalo (Sant'Egidio): cerchiamo di coinvolgere tutti i gruppi negli accordi

Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano

Nella verifica del cessate il fuoco in Sud Sudan, martoriato da una guerra civile iniziata nel dicembre 2013, entrano tutti i movimenti di opposizione che non hanno aderito all’accordo di pace di Addis Abeba del settembre 2018. E' il risultato del primo incontro di negoziati che si è concluso oggi a Roma, nella sede della Comunità di sant’Egidio, a seguito della dichiarazione firmata a Roma lo scorso 12 gennaio. Hanno partecipato delegati del governo, di tutte le forze politiche dell’opposizione e di alcuni osservatori internazionali, tra cui l’Igad, le Nazioni Unite e l’Unione Europea. 



L'inviato del Presidente: sulla strada giusta per la pace

L’incontro, svoltosi grazie alla mediazione di Sant’Egidio, sancisce l’ingresso del SSOMA, sigla che riunisce tutti i movimenti di opposizione che non hanno aderito all’accordo di pace di Addis Abeba del settembre 2018, nel meccanismo di verifica e monitoraggio del cessate il fuoco. “Si tratta di un passo necessario e cruciale per il consolidamento del processo di pace – spiega Paolo Impagliazzo, segretario generale della Comunità, che ha portato avanti la mediazione – perché verranno garantite la sicurezza della popolazione civile e l’accesso delle organizzazioni internazionali in tutto il Paese”. Barnaba Marial Benjamin, inviato speciale del Presidente Salva Kiir, ringraziando Sant’Egidio per aver creato le condizioni per “un dialogo inclusivo” osserva: “Siamo sulla strada giusta verso la pace, tanto desiderata da Papa Francesco, e abbiamo il mandato e la buona volontà per percorrerla”. A nome del SSOMA, il generale Thomas Cirillo Swaka ribadisce “l’impegno a cessare le ostilità sul terreno e i toni minacciosi sui social media per creare le condizioni favorevoli al dialogo”. 

Una guerra civile con 4,5 milioni di profughi
Una guerra civile con 4,5 milioni di profughi

Il prossimo incontro ancora a Roma, a marzo

Il negoziato proseguirà nelle prossime settimane sulla governance e le cause principali del conflitto; il prossimo round sarà dedicato all’incontro tra i capi militari che dovranno rendere operative le decisioni prese in merito al cessate il fuoco e si svolgerà sempre a Roma nel mese di marzo.

Garofalo (Sant'Egidio): coinvolgere tutti i gruppi negli accordi

Agli incontri ha partecipato anche Mauro Garofalo, respondabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant'Egidio. Così ci parla dei risultati dei colloqui di questi giorni.

Ascolta l'intervista a Mauro Garofalo

R. - C’è grande soddisfazione, perché a soli 12 giorni dalla dichiarazione di Roma del 13 gennaio, si sono rivisti i leader dell'opposizione non firmataria e i rappresentanti del governo, per fare un ulteriore passo nella direzione della cessazione delle ostilità. E’ stata chiaramente delineata la partecipazione delle opposizioni non firmatarie, che si chiamano SOOMA, acronimo di South Sudan opposition movements alliance, a tutti i meccanismi di monitoraggio e verifica del cessate il fuoco.

Sarà possibile riuscire a formare a breve quel governo di unità nazionale che era auspicato dall’ accordo di pace del 2018?

R. – La discussione per la formazione di un governo di unità nazionale è molto serrata. Qui a Roma ci sono quelli che non è previsto facciano parte di quel governo, oltre al governo stesso. Quindi in qualche modo stiamo cercando di allargare la cerchia degli interlocutori politici perché questo governo anche se sostenuto esternamente possa veramente avere un impatto sulla situazione del Paese.

 

Il Programma alimentare mondiale che è in Sud Sudan da tempo, e che sfama circa 6 milioni di persone, lamenta che la situazione sul terreno non è ancora pacificata, non c'è ancora stato un vero cessate il fuoco…

R. - Nelle zone controllate dai gruppi armati che compongono il SOOMA c'è stata una significativa diminuzione delle violenze, una calma molto più che apparente. Questo ci fa sperare. Il paese è grande e purtroppo i gruppi militari e politico-militari sono molti. Di fatto un gran numero di movimenti, che poi rispecchiano anche i diversi gruppi etnici, sono rimasti fuori per lungo tempo dall'accordo. Questo fa sperare che un cammino di inclusività sia possibile.

La conferenza stampa al termine degli incontri di negoziato
La conferenza stampa al termine degli incontri di negoziato

Quali le prossime tappe qui a Roma? Ci sarà a breve un altro step di questi negoziati?

R. – Ne avremo due, già partire dal mese di marzo, in cui si entrerà nei dettagli tecnici e strategici proprio dell'implementazione di questo cessate il fuoco, più ovviamente uno spazio lasciato aperto per analizzare i principali ostacoli politici per il ritorno di tutti questi gruppi al dialogo politico, quello vero.

Quindi l’ostacolo alla pace è, in questo momento, la mancanza di inclusione di tutti in questi accordi?

R. – Sì, però un cammino di dialogo si è aperto. La pace è anche frenata dalla difficoltà a formare un governo di unità nazionale tra l’ SPLM (il partito del Presidente, n.d.r.), l’ SPLM/IO (quello del principale oppositore Machar) e gli altri firmatari dell'accordo di Addis Abeba del 2018. A questo punto una ulteriore riflessione e anche un ulteriore inclusività sono assolutamente necessarie. Bisogna che ci sia una casa comune per tutti, che sia anche rispecchiata da un governo comune per tutti. E ci stiamo lavorando.

 

Viene riconosciuto il ruolo che ha avuto Papa Francesco, convocando in aprile in Vaticano un importante incontro di preghiera e poi con il gesto di baciare i piedi ai negoziatori?

R. - Siamo tutti d'accordo su questo. Il gesto del Papa, oltre a riportare al centro dell'attenzione internazionale la terribile situazione del Sud Sudan, ha anche esercitato un'enorme pressione morale sui leader sudanesi. Negli incontri Roma si è molto avvertito: c'è il qualche modo un senso di debito verso Papa Francesco per quello che ha fatto e per quanto costantemente ricordi al mondo la situazione del Sud Sudan. In molti, tra i delegati che sono stati qui a Roma, guardano al dialogo qui a Sant'Egidio come ad una risposta o come una parziale risposta a quel gesto del Papa. Che, ricordiamolo, tutti attendono in Sud Sudan e su questo non c'è nessun disaccordo tra i sudsudanesi: tutti pensano che sia una visita molto importante.

 

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A Roma il cammino di pace per il Sud Sudan
14 febbraio 2020, 15:58