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Ragazze e bambine africane in gran parte ancora oggi vittime di mutilazioni genitali Ragazze e bambine africane in gran parte ancora oggi vittime di mutilazioni genitali  

Stop alle mutilazioni genitali femminili, praticate in 30 Paesi, casi anche in Europa

Oggi Giornata internazionale della tolleranza zero contro una pratica aberrante bandita dalle Nazioni Unite, che ancora oggi miete vittime in una trentina di Paesi in Africa, Asia ma anche nei Paesi occidentali d’immigrazione.

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Mutilare gli organi riproduttivi di una donna è un grave crimine contro la persona, sanzionato dalle Nazioni Unite, quale pratica aberrante, fortemente lesiva dei diritti umani. Le mutilazioni genitali femminili (Mgf) violano infatti i diritti delle donne alla salute, alla sicurezza, all’integrità fisica, a non subire torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti nonché il diritto alla vita, quando tale pratica può provocare perfino la morte della vittima. Principali vittime sono bambine tra i 4 e i 14 anni, ma in alcuni casi gli interventi avvengono sotto l’anno di età.

Una pratica disumana ai danni di donne, ragazze bambine

Da qui il fermo invito, reiterato dall’Onu, rivolto alla comunità internazionale perché si attivi con maggiore energia ed efficacia per impedire ogni pratica che comporti l’asportazione totale o parziale o altre ferite ai genitali esterni femminili per ragioni non mediche. Le cause di questa pratica disumana, perpetrata da oltre mille anni in numerosi Paesi del mondo, sono infatti varie, derivanti da tradizioni culturali e superstizioni popolari collegate alla fertilità, ad errate credenze sanitarie o riferite impropriamente anche a convinzioni religiose, sovente collegate a rituali di iniziazione delle bambine e delle ragazze all’età adulta o ritenute un requisito essenziale per il matrimonio o usate per soggiogare e ridurre la sessualità, spesso come strumento di controllo di donne adulte, sottoposte  a ripetute infibulazioni, ogni qual volta i mariti si allontanano da casa per qualche ragione.

Credenze lesive della dignità e libertà della persona

Si tratta dunque di scardinare credenze lesive della dignità sessuale delle donne e repressive della loro libertà, che hanno conseguenze fisiche a breve – forti dolori, shock, emorragie, infezioni, difficoltà urinarie – ma anche conseguenze a lungo termine, talvolta irreversibili per la salute sessuale e riproduttiva, oltre a risvolti psichici, che possono permanere tutta la vita.

125 milioni le vittime nel mondo, mezzo milione in Europa

Ad oggi, secondo stime dell’Onu, sarebbero almeno 125 milioni le donne in vita che hanno subito interventi sui genitali, ancora oggi ampiamente praticati in una trentina di Paesi dell’Africa. In alcuni Stati del Corno d’Africa, Gibuti, Somalia ed Eritrea oltre che in Egitto e Guinea, l’incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90 per cento della popolazione femminile. Le mutilazioni genitali sono comuni anche in India, Indonesia, Iraq, Pakistan, Yemen oltre che in alcuni gruppi indigeni dell’America latina, oltre che persistere tra le popolazioni immigrate in Nord America, Australia, Nuova Zelanda e in Europa, dove secondo uno studio dell’Europarlamento sarebbero circa mezzo milione le donne sfregiate negli organi riproduttivi e gli interventi avverrebbero nascostamente ancora oggi.

Puntare ai giovani per eliminare le Mgf entro il 2030

Da qui la scelta del tema per la Giornata 2020, “Scatenare il potere della gioventù”, per eliminare questa piaga nel mondo intero, nei tempi fissati dall’Onu nell’Agenda dello sviluppo sostenibile entro il 2030. Un obiettivo davvero ambizioso che in ogni caso deve servire ad accelerare tutte le possibili azioni di contrasto alle mutilazioni genitali femminili, coordinando le forze in campo, che possono mettere governi, comunità civili, istituzioni pubbliche e private, soggetti espressione della politica, della cultura, delle religioni.

Leggi, fondi, campagne e progetti mirati

Per questo servono leggi ad hoc, campagne di sensibilizzazione e programmi mirati, specie verso i giovani nelle scuole e negli altri luoghi educativi e formativi e finanziamenti adeguati, oltre che personale specializzato in ambito socio-sanitario. Rapporti recenti prevenienti da Burkina Faso, Egitto e Kenya mostrano che le mutilazioni genitali femminili stanno diminuendo tra le bambine grazie ad una maggiore informazione sulle conseguenze dannose. Altro traguardo raggiunto è stato il varo in 13 Paesi che ne erano sprovvisti di quadri giuridici per il divieto delle Mgf e di programmi per affrontarle.

Appello per fermare un dramma annunciato

Molto resta però ancora da fare per impedire che altre 30 milioni bambine sotto i 15 anni e 15 milioni di ragazze tra i 15 e 19 anni subiscano queste orrende mutilazioni nei prossimi 10 anni se non vi sarà un’azione accelerata per debellare questo tipo di violenze verso il genere femminile. E’ questo l’appello lanciato dalle agenzie specializzate dell’Onu – Unicef, Unpa, Un Women, Oms – perché si fermi questo dramma annunciato.

ULTIMO AGGIORNAMENTO: 6 FEBBRAIO 2020

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05 febbraio 2020, 12:11