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"I giorni dei barbari", docufilm sulla persecuzione comunista contro la Chiesa slovacca

Presentata in Vaticano la storia del vescovo slovacco Martie Ján Vojtaššak ( 1877-1965) dei registi Alberto Di Giglio e Luigi Boneschi. Perseguitato dal regime comunista tra gli anni ’40 e ‘60, è stato uno dei personaggi più significativi nella Chiesa cattolica europea del secolo scorso. Di Giglio: "una testimonianza che è ossigeno puro per la fede un pò stantia, un pò stanca, di noi 'occidentali'"

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Era una notte con il nome in codice perchè, quella notte, bisognava azzerare gli ordini monastici, chiudere i conventi e internare monaci e religiosi. Era la notte dell'Azione K, che doveva eliminare ogni testimonianza visibile dell'opposizione allo Stato. Erano le ore buie che l'ex Cecoslovacchia e la sua gente, avrebbero per sempre ricordato come la notte dei barbari. Dopo le nefandezze naziste, la repressione aveva i colori della Repubblica socialista cecoslovacca, e la notte dei barbari non si limitò a quella tra il 14 e il 15 aprile del 1950. Proseguì fino alla fine del mese: più di 2.000 monaci e preti furono imprigionati in centri di detenzione o di lavoro. Lo stesso accadde nell’agosto successivo a tutti i conventi femminili, con l'unica differenza che al posto della K, c'era la R.

Una roccia nella fede

Tra le vicende di quei religiosi, c'è la storia del prigioniero numero 6748, al secolo Ján Vojtaššak (1877-1965). La sua prigionia durò 24 anni perchè considerato una spia del Vaticano. La sua colpa, essere un vescovo cattolico. Della vicenda di quest'uomo, i registi Alberto Di Giglio e Luigi Boneschi, ne hanno fatto un film documentario presentato a Venezia76 e oggi in Filmoteca Vaticana. 

“Si trattò di una distruzione della persona e della dignità umana sotto la terra nera - Ján Vojtaššak”

Un nome cancellato ma mai dimenticato

Il filmato è tre cose contemporaneamente: una pellicola di fiction, un documentario che spiega e aiuta a comprendere una pagina sconvolgente del XX secolo, e un reportage di alcuni dei luoghi più suggestivi, e spesso sconosciuti, dell'attuale Slovacchia. Tuttavia, come spiega lo stesso Alberto Di Giglio, è stato proprio girando I giorni dei barbari - Vojtaššak, che è emerso un elemento meno conosciuto:

Ascolta l'intervista integrale al regista Di Giglio

Oltre che entrare nella complessità di questa storia, quello che non conoscevamo, e a cui ci siamo affidati, era ciò che abitava questo popolo: la fede verso Ján Vojtaššák. Lo abbiamo visto soprattutto attraverso gli attori. Il protagonista, Milan Kasan, ha commosso tutti, sia a Venezia - al Festival popoli e religioni - sia questa mattina, alla Filmoteca Vaticana. Basta vedere la sintonia perfetta con il personaggio della storia. E questo è stato quello che non ci si aspettava, quello che non ci aspettavamo e che nessun casting al mondo sarebbe stato in grado di poter fornire: un attore con questa prestazione.

D. – Fare memoria storica per non dimenticare. Ma di questa storia, cosa non deve essere dimenticato? O che cosa bisogna ricordare?

R. – Soprattutto chi siamo. Chi è il cristiano, chi è il prete e cos’è la Chiesa. Credo che questo film sia così, un punto di vista; cioè, quella parte d’Europa che ha sofferto così tanto, che veramente è stata annullata, azzerata. Dalle ceneri è risorta una fede splendida, meravigliosa, forte, potente che veramente ci ha contagiato. Ognuno di noi è stato toccato dalla bellezza e dalla grazia di questo popolo ma, soprattutto da questa testimonianza. E credo che sia ossigeno puro per la fede un po’ stantia, un po’ stanca, di noi occidentali.

Il vescovo Ján Vojtaššak, prigioniero numero 6748
Il vescovo Ján Vojtaššak, prigioniero numero 6748

Un modello di "Chiesa del silenzio"

Esiliato e rimosso da qualsiasi contatto con la sua diocesi e nazione, Vojtaššak morì nel 1965, vicino Praga. La sua figura unica, vera, alimentata da una fede profonda e sostenuta dalle armi della preghiera, è stata modello di coraggio per tanti dissidenti di quella “Chiesa del silenzio” che contribuì al crollo dei regimi toralitari. A voler avviare il processo di beatificazione per Ján Vojtaššák, fu Giovanni Paolo II.

“I più anziani certamente ricordano le venerande figure del Vescovo Ján Vojtassák e del Vescovo Pavol Gojdic, entrambi rinchiusi in prigione, a seguito di pseudo-processi. Essi oggi meritano che venga istruito il processo ecclesiastico di beatificazione perché hanno reso una testimonianza di fedele servizio alla Chiesa in Slovacchia - Giovanni Paolo II, Slovacchia 1995”

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28 novembre 2019, 12:21