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Il premier britannico Boris Johnson e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker Il premier britannico Boris Johnson e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker 

Raggiunto un accordo sulla Brexit. Juncker: “E'equo e bilanciato"

Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato che i negoziatori britannici e quelli dell’Unione hanno trovato un accordo. Ora il parlamento europeo dovrà votarlo già nella riunione di questo pomeriggio

Federico Francesconi – Città del Vaticano

Dopo l’intensificazione delle trattative degli ultimi giorni, si è trovata finalmente un’intesa sulle modalità di uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Il premier inglese Boris Johnson ha dichiarato che si è raggiunto “un grande nuovo accordo”, coadiuvato dal presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha spiegato che “dove c’è volontà c’è accordo”. Ora la questione passa nelle mani del parlamento europeo che si riunirà oggi pomeriggio alle 15:30 per discutere l’accordo. Molto probabilmente il consiglio voterà la mozione di approvazione, dando l’ok da parte europea per l’uscita del Regno Unito dall’Unione entro il prossimo 31 ottobre.

Le opposizioni all’accordo in Inghilterra

Nonostante il segnale positivo di oggi, una volta approvato, l’accordo dovrà essere ratificato anche dal parlamento britannico, all’interno del quale il governo di Johnson non ha la maggioranza. Le opposizioni a questa bozza di accordo non sono poche in Inghilterra; la più dura è quella del Dup - il partito unionista conservatore irlandese – che ha dichiarato questa mattina di non poter accettare l’accordo nella sua versione attuale. Sebbene il partito di Johnson non dipenda del tutto dal loro appoggio, la fuoriuscita degli unionisti indebolisce la già fragile coalizione di governo, proprio quando l’opposizione laburista ha dichiarato con decisione di voler votare un secondo referendum Brexit già nella seduta parlamentare di sabato prossimo.

Il superamento della questione Backstop

La riuscita dell’accordo di oggi ha giocato soprattutto su alcune concessioni fatte da Boris Johnson ai negoziatori europei. Prima di tutto la promessa che il Regno Unito non farà una “concorrenza sleale” all’Unione per quanto riguarda l’energia sostenibile e i diritti dei lavoratori; poi, il superamento della questione del Backstop – cioè della creazione di un confine commerciale “morbido” tra la Repubblica di Irlanda e l'Irlanda del nord. In questa bozza dell’accordo, il confine verrebbe posto virtualmente nel mare del Nord, tra Inghilterra e Irlanda del nord, lasciando tutto il territorio d’Irlanda nell’unione doganale europea fino al raggiungimento di un altro accordo apposito, imponendo però dei controlli al confine tra Irlanda del nord e Inghilterra. L'Unione ha ottenuto, inoltre, che in caso di voto sul rinnovo del Backstop in futuro, il veto venga concesso all’intero parlamento nordirlandese e non solo al Dup, prolungando potenzialmente i tempi per la scrittura di un accordo fiscale dedicato.

L’opzione del No Deal e quella di una nuova proroga

“L’accordo deve essere approvato anche dal parlamento britannico e il governo di Boris Jhonson non ha la maggioranza", spiega ai microfoni di Radio Vaticana Paolo Dardanelli, politologo e docente di politica comparata all’università del Kent.  "L'opzione - prosegue Dardanelli -  potrebbe venire approvata solo con la clausola di un secondo referendum, reiterando un periodo di incertezza e forzando una proroga. Anche il No Deal non è del tutto fuori questione; siamo tornati in qualche modo alla situazione del governo May: l’accordo c’è ma manca il sostegno politico.”

Ascolta l'intervista a Paolo Dardanelli

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17 ottobre 2019, 15:16