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Studenti che iniziano il nuovo anno scolastico Studenti che iniziano il nuovo anno scolastico

La scuola riparte. La finalista dello Strega 2014: pensare è essere liberi

Le vacanze estive sono ufficialmente finite e un nuovo anno scolastico si apre per migliaia di giovani in tutta Italia. A Vatican News l’intervista a Antonella Cilento, finalista allo Strega 2014

Eugenio Serra e Chiara Colotti – Città del Vaticano


Per 8,5 milioni di studenti italiani è tempo di tornare tra i banchi di scuola. Il nuovo anno scolastico si è aperto il 5 settembre per gli studenti bolzanesi. Oggi è il turno del Piemonte e poi seguiranno tutte le altre regioni fino al 18 del mese. Un nuovo percorso si aprirà non solo per gli studenti ma anche per tanti insegnati chiamati ad accendere la passione nei ragazzi. “C’è una sete inesauribile in ogni giovane che spesso semplicemente non è mai stata neanche sollecitata. È indispensabile che il maestro abbia veramente voglia di insegnare. Io ne ho incontrati molti, sono stata molto fortunata”. Con queste parole apre l’intervista Antonella Cilento, finalista allo Strega e autrice di "Non leggerai", uscito quest'anno per Giunti Editore.

Ascolta l'intervista a Antonella Cilento

Spesso la cultura viene confusa con la mera informazione pescata da internet. Esiste un antidoto a questa confusione?

R. – L’antidoto c’è e consiste nel leggere. Per poter navigare bene in rete e distinguere Fake news da informazioni utili, per poter anche soltanto fare una ricerca documentaria, che sia valida, è molto importante saper fare anche una documentazione e una ricerca all’interno del cartaceo. Di questo si è perso, in qualche modo, la cognizione ed è invece fondamentale perché in questo modo si distingue un autore da un commentatore, un’informazione corretta da una notizia approssimativa. Spesso incrociare le informazioni che sono in rete con le informazioni stampate, enciclopedie e volumi che si posseggono in casa, è indispensabile. Purtroppo le case degli italiani sono sempre più vuote di libri e quindi anche le tradizionali enciclopedie che di solito ogni famiglia possedeva, magari da diverse generazioni. Quindi, tornando alla domanda, l’unico modo è quello di verificare, incrociare sempre le informazioni, che del resto è una delle regole di base del giornalismo oltre che della buona ricerca.

Quindi, il binomio lettura e scuola è fondamentale per superare questa confusione. Qual è lo stato di salute della scuola italiana oggi?

R. – È uno stato di salute molto complesso, per certi versi precario, perché ci sono delle condizioni estremamente ostative allo svolgimento di un buono lavoro di formazione. Innanzitutto un eccesso di burocrazia che conosciamo da tanti anni e che impedisce agli insegnanti, talvolta, di concentrarsi sugli aspetti più interessanti e autentici di vocazione del loro lavoro e su un’autentica formazione, e quindi su un rinnovo della formazione personale, che sono la base per poter insegnare in maniera corretta. Non solo i ragazzi sono in qualche modo preda di un bombardamento continuo di informazioni sbagliate, parziali, sono costantemente distratti dai device, ma anche gli adulti sono costantemente attaccati al cellulare e al computer. Dunque è uno stato preoccupante, è uno stato a cui bisogna fare molta attenzione e che ministeri e politica dovrebbero trattare con una cura particolare. Quello che noi vediamo dall’interno, facendo da tanti anni laboratori di scrittura nelle scuole, è una grande dispersione del sapere. Dunque è come se si fosse persa la capacità di pensare, di fare collegamenti, di fare ragionamenti. Cioè la cosa fondamentale, che da sempre si è imparata a scuola, è il metodo di studio. Il metodo di studio è un metodo di pensiero e quest’ultimo risulta utile e applicabile in qualunque momento della nostra vita. Le informazioni di base sono invece state parcellizzate, specializzate, frammentate in test e verifiche continue, che impediscono alle persone di imparare a pensare, cioè ad essere liberi. È uno stato che bisogna monitorare con molta attenzione e su cui bisogna lavorare.

Come è possibile rafforzare il legame tra giovani e scuola per superare e porre fine all’abbandono scolastico?

R. –È un problema molto grave, quello dell’abbandono scolastico, che come sappiamo in Italia è anche antico con dei dati e dei picchi molto preoccupanti soprattutto al sud. Negli anni ho visto classi dove c’erano ragazzi che stavano recuperando il percorso di abbandono scolastico, dopo essere usciti dalla scuola, e avevano riscoperto alcune passioni. Il percorso naturalmente con cui non si abbandona e si resta affezionati alla scuola passa attraverso la passione che gli insegnanti riescono a comunicare. Noi spesso con i laboratori di scrittura abbiamo avuto esperienze con classi di ragazzi che lasciano e abbandonano la scuola e che quasi sempre tornano, appassionandosi a un percorso che li fa innamorare di nuovo della parola, un elemento fondamentale per potersi esprimere, che nasce del riappropriarsi del libro e della lettura. Il messaggio che sta passando da tanti anni in Italia, negli ultimi 10 anni con un’intensità preoccupante, è che una formazione scolastica e poi universitaria non siano utili. Si pensa che si possa riuscire anche in ambiti che hanno una pertinenza strettamente culturale o che la prevedevano fino a qualche anno fa, anche senza aver fatto un percorso di studi. È una grande bugia, è una falsità, perché si vedrà sempre la differenza tra chi ha studiato e chi no, tra chi ha studiato bene e chi no, ma soprattutto tra chi ha amato profondamente lo studio e chi invece lo ha sorbito come una “purga”. Bisogna fare molta attenzione a non passare informazioni così vitali come: la parola, la cultura, la letteratura, l’arte, cose che ci rendono bella l’esistenza anche quando è molto difficile, come delle punizioni corporali o delle supposte insopportabili. Su questo bisogna lavorare e io ho dedicato tutto il mio lavoro e tutta la mia vita ad insegnare scrittura, cercando di far passare un’autentica passione, qualcosa che a me ha salvato la vita e che ogni giorno salva la vita ad altri.

Vi è un problema di pochi buoni maestri o pochi buoni alunni?

R. – I pochi maestri buoni ci sono sempre. Questa è una risorsa e allo stesso tempo è un problema perché sono pochi. Quello dell’insegnante è un lavoro dove veramente ci si dedica agli altri e i buoni studenti vengono di conseguenza. Nella mia esperienza ho riscontrato che i ragazzi sono come delle macchine spente spesso, perché magari hanno fatto esperienze non felici e sfortunate sia in ambito scolastico sia nella vita in generale, ma quando si incomincia a girare la chiave del loro motore vanno. Perché l’umanità è curiosa, l’umanità ha bisogno di storie, di capire, di indagare, di sapere, di avere conoscenze. Ma comunque ho conosciuto persone di diverse generazioni che, avendo incontrato cattivi maestri, si sono fermati. Non bisogna perdere né forza né coraggio in questa direzione. Bisogna insistere e continuare a formare nuovi buoni maestri, nuovi appassionati maestri per nuovi appassionati studenti.

 

 

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09 settembre 2019, 15:40