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Il Palazzo di Westminster a Londra, sede del Parlamento Il Palazzo di Westminster a Londra, sede del Parlamento  

Regno Unito: la regina Elisabetta approva la sospensione del Parlamento

Il Paese sembra avviarsi a precipizio verso la Brexit, con o senza accordo, dopo che il primo ministro Boris Johnson ha ottenuto la temporanea sospensione del Parlamento sfruttando un cavillo costituzionale. L’assemblea tornerà a riunirsi a metà ottobre, praticamente poco prima della data di uscita dall’Unione Europea fissata al 31 ottobre prossimo

Roberto Artigiani – Città del Vaticano

La decisione di Boris Johnson ha fatto esplodere il conflitto istituzionale nel Regno Unito: insorgono le opposizioni che parlano di “minaccia alla democrazia” e evocano scenari degni della rivolta dell’epoca di Cromwell e della dinastia degli Stuart, ma si rivoltano anche i suoi stessi compagni di partito. Il primo ministro del Galles si è spinto a chiedere un nuovo referendum mentre sono arrivate in mattinata le dimissioni del leader del Partito Conservatore scozzese. In tutto ciò la regina ha seguito la prassi del suo ruolo firmando la proposta di Johnson con l’Unione Europea che sta assistendo all’evolversi della situazione senza commentare.

Una decisione estrema

Come riassume bene Giuliana Laschi, docente di Storia dell’integrazione europea all’Università di Bologna, “la situazione era molto complessa da molto tempo però la decisione presa da Johnson è veramente estrema e ha 'costretto' la regina ad appoggiarla. Naturalmente ha provocato una forte reazione nell’opposizione e nel partito stesso di Johnson tra cui molti deputati che hanno dichiarato che in questo momento voterebbero la sfiducia al governo. Forse se è arrivato a questo è perché sono stati pubblicati gli studi, realizzati dal governo stesso, sugli effetti della Brexit. Si tratta di dati veramente impressionanti: in pochi giorni la Gran Bretagna avrebbe scarsità di beni alimentari, medicinali, carburante, ecc. Questo può aver indotto Johnson a prendere una decisione, politicamente e democraticamente assai discutibile, per andare verso una ‘hard brexit’ a prescindere da un accordo con l’Unione Europea”.

Il Parlamento è stato imbavagliato

Se l’Europa non ha commentato è perché, spiega Laschi, “si tratta di decisioni interne prese da un Paese democratico, che fra l’altro ha avuto anche il sostegno della regina. L’Ue non ha uno spazio politico di intervento mentre la decisione ha provocato una profonda reazione in Gran Bretagna: la proposta per un secondo referendum ha raccolto moltissime firme e una petizione contro la chiusura del parlamento ne ha raccolte più di un milione in meno di 24 ore. In questo momento c’è una forte tensione sociale che raramente c’è stata prima in Gran Bretagna per cui le reazioni potrebbero essere molto forti da parte della popolazione. Sicuramente comunque ci saranno reazioni a livello politico anche se il parlamento da questo punto di vista è stato imbavagliato. Non bisogna scordarsi che in questo momento in tutta Europa il populismo ha molta forza”.

Ascolta l’intervista a Giuliana Laschi

Cavalcare l’onda sovranista

“L’UE ha detto con chiarezza che non ci sarà un altro negoziato, anche perché una trattativa tra 28 Paesi non si può portare avanti in un mese e mezzo quindi è altamente improbabile che si possa arrivare a una soluzione diversa da quel che si è già ottenuto – Laschi non usa mezzi toni per descrivere le attuali prospettive –. Questa situazione è drammatica per l’Europa, ma ancor di più per il Regno Unito. Johnson per cavalcare un’onda sovranista sta portando il suo Paese a sbattere contro un muro. Non a caso in questi giorni Trump è molto soddisfatto perché tutta questa situazione toglie forza all’Ue, ma soprattutto alla Gran Bretagna che ha condiviso a lungo con gli Stati Uniti il controllo economico-finanziario del sistema internazionale”.

La speranza di una reazione dei cittadini

Quali sono quindi le possibilità che rimangono sul tavolo? Laschi risponde laconicamente: “Il mio timore è che a questo punto non ci siano più possibilità, i tempi sono molto stretti. L’Ue ha detto da tempo che non aveva nessuna intenzione di rinegoziare quello che era già stato negoziato. Forse però c’è stato un errore anche da parte dell’opposizione laburista che non ha avuto la forza, la capacità e il coraggio di farsi sentire prima, ma bisogna ammettere che è difficile a livello elettorale intervenire su una decisione presa attraverso un referendum".  Il discorso di Laschi, finora realisticamente cupo, apre infine ad una speranza: " L’unica possibilità - dice - è che questa forzatura abbia la capacità di accelerare i tempi e che la reazione dei cittadini sia forte e determinata, rendendosi conto che stanno andando a sbattere contro un muro perché si è deciso così a livello politico”.

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29 agosto 2019, 15:34