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Lo stabilimento dell'ex Ilva a Taranto Lo stabilimento dell'ex Ilva a Taranto 

ArcelorMittel, mons. Santoro: serve un negoziato per lavorare in sicurezza

Mons. Filippo Santoro, vescovo di Taranto, interviene sulla questione legata all'ex Ilva. Secondo il presule “Si può arrivare ad un equilibrio e lo si può fare con un negoziato, che faccia dialogare le parti, senza tirare la questione secondo gli interessi del momento, o di tipo aziendale o di tipo politico”

Luca Collodi – Città del Vaticano

“Ho come l’impressione che manchi ancora la volontà di mettere la questione dello sviluppo del Sud al centro dell’attenzione, perché uno sviluppo del Sud è uno sviluppo di tutta l’Italia. Un negoziato portato avanti sistematicamente è necessario sempre di più”. Lo afferma mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto sulle ultime vicende che interessano l’ex Ilva, preoccupato per il disagio sociale ed occupazionale che un disimpegno della multinazionale ArcelorMittel sull’acciaio tarantino provocherebbe in una terra già segnata da una forte disoccupazione giovanile.

Il ricorso della multinazionale

ArcelorMittal ha infatti presentato un ‘ricorso precauzionale’ al Tar della Puglia per richiedere l’annullamento del decreto ministeriale che aveva l’obiettivo di “introdurre eventuali condizioni aggiuntive” al decreto dell'Aia, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, emesso dal ministero dell'Ambiente. Così come richiesto dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e dalla Regione Puglia. “Un disimpegno puro e semplice dei nuovi proprietari dell’Ilva, sottolinea mons. Santoro a Radio Vaticana Italia, comporterebbe un disagio sociale grandissimo per i lavoratori dell’ex Ilva, compreso l’indotto. Una realtà che interessa circa 20mila lavoratori tarantini”:

Ascolta l'intervista a mons. Filippo Santoro

R. – É da tempo che assistiamo a quest’altalena: si alternano notizie positive, dove sembra che la situazione sia risolta e che l’accordo tra le parti ci sia, a notizie in cui tutto è messo in discussione. Sulla questione dell’immunità, il governo italiano non è che abbia tolto l’immunità, in genere, ad ArcelorMittal, però l’ha messa a condizioni che l’azienda rispetti tempistiche, criteri e modalità di esecuzione del piano ambientale. Quindi si tratta di un’immunità a tempo, se rimane nei tempi prefissati e all’interno delle indicazioni fatte. Ma ora si è aperto un altro fronte: il ricorso al Tar contro la revisione dell’Aia, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, di ArcelorMittal, perché si esigono delle garanzie sul danno sanitario, clausole rigorose se in prospettiva lo sviluppo dell’azienda causasse gravi danni sanitari. Il mio giudizio, allora, è che siamo sempre nell’incertezza; è chiaro che sull’esigenza di una revisione dell’Aia anche io mi sono permesso di sostenere una valutazione rigosa del danno sanitario. Per gli interventi che si fanno adesso ci devono essere le garanzie che in futuro non avremo un inquinamento dannoso per la gente. Ma ho sempre sostenuto la necessità di un concordato, di un’attenzione costante, di un negoziato ad oltranza e quindi che le decisioni non siano sottoposte a interessi particolari o di tipo aziendale o politico.

Mons. Santoro, un disimpegno verso l’ex Ilva potrebbe essere una bomba sociale per Taranto?

R. - Certamente. Un disimpegno puro e semplice realmente comporterebbe un disagio sociale grandissimo. Già ora assistiamo ad una disoccupazione giovanile preoccupante; dai 15 ai 29 anni siamo oltre il 50 percento. Le nostre città, ma anche tante persone mi dicono che per le famiglie è naturale il fatto che i giovani vadano fuori. Siamo in una situazione di crisi occupazionale altissima. Su questo bisogna intervenire. Ho come l’impressione che manchi ancora la volontà di mettere la questione dello sviluppo del Sud al centro dell’attenzione, perché uno sviluppo del Sud è uno sviluppo di tutta l’Italia. Continuo a sostenere le giuste esigenze, anche rigorosissime di difesa della salute, come pure quella del lavoro e dell’occupazione.

C’è un equilibrio che si può trovare tra difesa dell’ambiente, tutela della salute e sviluppo dell’occupazione?

R. - Si può arrivare ad un equilibrio e lo si può fare con un negoziato, che faccia dialogare le parti, senza tirare la questione da un lato all’altro secondo gli interessi del momento, o di tipo aziendale o di tipo politico. E’ quello che abbiamo sempre detto: mettere al centro la sicurezza dei lavoratori sia nella fabbrica sia nella città, la salute e la vita. E poi sostenere le ragioni del lavoro e di un lavoro degno. Un negoziato portato avanti sistematicamente è necessario sempre di più.

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08 agosto 2019, 14:38