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“Corridoio secco”: cinque anni di siccità e fame per 1,4 milioni di persone

In Centroamerica, il Programma alimentare mondiale lancia l’allarme per la siccità nella zona tra il sud del Messico e Panama. La tempesta El Niño e le conseguenze del riscaldamento globale hanno distrutto anche quest'anno i raccolti, costringendo molti a migrare

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La lunga fascia di terra inaridita tra Messico e Panama, chiamata "Corredor seco" (Corridoio secco), è una tragica conseguenza del riscaldamento globale. È anche tra le principali cause dell'emigrazione di massa verso il nord. Questo fenomeno coinvolge altri Paesi: Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua e una parte di Costa Rica. È un ecosistema di foresta secca tropicale lunga 1.600 chilometri, nella quale - ricorda la Fao, l’Organizzazione della Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura - si concentra il 90 per cento della popolazione dell'America Centrale. Un'area in cui sorgono anche le principali capitali della regione.

Il "Corridoio secco" dell'America Centrale
Il "Corridoio secco" dell'America Centrale

Le cause del corridoio secco

Questa zona è ciclicamente colpita da periodi di siccità strettamente legati al fenomeno del Niño e in questo 2019, per il quinto anno consecutivo, da fenomeni meteorologici che ritardano le piogge prolungando la stagione arida. Fenomeni che, alternati a piogge eccessive, hanno decimato le colture di mais e fagioli. Chi coltiva il necessario per sfamare la propria famiglia è in gravissime difficoltà. Il Programma alimentare mondiale (Pam), l’agenzia dell'Onu che in 80 Paesi assiste chi è colpito da conflitti e disastri naturali, la Fao e i governi stimano in più di 2 milioni le persone che in Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua sono state colpite da questa siccità. Sono inoltre 1,4 milioni coloro che hanno bisogno di assistenza alimentare urgente.

Problemi di nutrizione per le famiglie

Per far fronte a questa insicurezza alimentare, circa l’82 per cento delle famiglie è stata costretta a vendere i propri attrezzi agricoli e gli animali. Molte famiglie hanno dovuto ridurre drasticamente la produzione agricola, magiare cibi meno nutrienti e saltare i pasti. “Quando perdono i raccolti - si legge in un comunicato del Pam - gli agricoltori cercano di trovare lavoro nelle piantagioni locali e spesso non hanno un reddito per comprare cibo. Altri migrano verso le città e Stati limitrofi, o lasciano il Paese".

Contadine in Guatemala tagliano il mais rovinato per darlo agli animali
Contadine in Guatemala tagliano il mais rovinato per darlo agli animali

Il Pam prevede di aiutare più di 700mila persone

In Guatemala si stima che circa 500mila persone siano in una situazione di grave insicurezza alimentare, così come in Honduras. Almeno 210mila in El Salvador e circa 200mila in Nicaragua. Il Pam quest’anno ha fornito aiuti a 160mila persone e prevede di aiutarne più di 700mila. “Il nostro lavoro - prosegue il comunicato - si concentra sui loro bisogni immediati e li aiuta ad adattarsi ai cambiamenti climatici”. Servono però 72 milioni di dollari per assistere queste persone con distribuzione di cibo nel breve termine e con interventi di rafforzamento delle capacità, nel medio e lungo periodo, di adattarsi ai cambiamenti climatici. Si devono inoltre migliorare i sistemi nazionali di protezione sociale.

Il dramma in El Salvador e Guatemala

Il video realizzato da Jonathan Dumont, responsabile della comunicazione televisiva del Programma alimentare mondiale, documenta la situazione  di El Salvador e Guatemala, dove i letti dei fiumi prosciugati sono ormai usati dalla popolazione per raccogliere sabbia. Il mais e i fagioli, le loro colture principali, sono molto fragili e vengono coltivati su pendii collinari con terreno povero. Una quantità di pioggia insufficiente o eccessiva può rovinare un intero raccolto. Si vedono agricoltori che raccolgono mais andato a male. È questa la stagione delle piogge ma, come nei 5 anni precedenti, non sono state sufficienti: le coltivazioni rovinate vengono utilizzate per sfamare gli animali.

Il terreno di José Cirilo a San Gerardo, El Salvador
Il terreno di José Cirilo a San Gerardo, El Salvador

La storia di un contadino salavadoregno

José Cirilo è un giovane agricoltore di San Gerardo (El Salvador). Quattro anni fa, appena sposato, ha cercato di emigrare negli Stati Uniti. Ma fermato mentre cercava di attraversare il Rio Bravo, è stato rimandato indietro. Ora ha un figlio di 4 anni e sua moglie aspetta un altro bambino. "Se continua così - spiega José  - dovrò ripartire perché qui non c'è lavoro, non si può sopravvivere". Un terzo della popolazione di El Salvador vive negli Stati Uniti e le rimesse (trasferimenti di denaro) rappresentano il 20% del PIL.

Emigrare non è la soluzione

Miguel Baretto, direttore del Pam per tutta l’America Latina, spiega che "la migrazione non è una soluzione". Quando una persona emigra, coloro che restano nel Paese vanno incontro a pesanti conseguenze: "ci vogliono quasi 5 anni per riprendersi economicamente". Quindi, la soluzione è quella di "lavorare tutti insieme su sistemi di sicurezza alimentare a lungo termine che permettano a questi agricoltori di essere resilienti e presenti comunque nei mercati".

Orti di comunità realizzati dal Pam a Usulután, El Salvador
Orti di comunità realizzati dal Pam a Usulután, El Salvador

L'esperienza degli orti comunitari

Gli orti comunitari realizzati dal Pam tra cui quello di Usulután, ripreso nel video di Dumont, producono una varietà di ortaggi, e generano reddito per la comunità. Le immagini mostrano Zayra che, grazie ai progetti del Pam, può rimanere a casa con la sua famiglia. Andrew Stanhope, direttore del Pam in El Salvador, sottolinea che "il programma prevede la produzione di diversi tipi di frutta e verdura" per dare agli agricoltori "accesso ai mercati". "Abbiamo visto che l'investimento in queste attività di resilienza ha dato loro la capacità di resistere al dramma di una siccità continua”.

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Il dramma del "Corredor seco" e l'azione del Pam
09 agosto 2019, 08:30