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I genitori di Vincent Lambert I genitori di Vincent Lambert 

Caso Lambert. Don Colombo: inaccettabile staccare alimentazione e idratazione

Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità ha ribadito la richiesta alla Francia di non interrompere la somministrazione dell'idratazione e dell'alimentazione a Vincent Lambert. Don Colombo su "L'Osservatore Romano” di oggi spiega perché non si può far morire il tetraplegico francese

Adriana Masotti - Città del Vaticano

La posizione del Comitato Onu è stata resa nota dai legali dei genitori dell’uomo di 42 anni, ricoverato da dieci nel Centre Hospitalier Universitaire (CHU) di Reims, in Francia, a causa di un trauma cranico legato ad un incidente stradale. Vincent Lambert vive ora in uno stato clinico diagnosticato da alcuni specialisti come “di coscienza minima” e da altri come “vegetativo cronico”. Il Comitato Onu aveva già presentato la stessa richiesta il 3 maggio scorso, riservandosi di esaminare il caso. In quell’occasione il ministro della Sanità francese, Agnès Buzyn, aveva affermato che la Francia non si sarebbe ritenuta “legalmente vincolata” da quanto chiesto dal Comitato. Da parte loro i legali dei genitori di Vincent, che chiedono di continuare ad alimentare e idratare il figlio, mentre la moglie vi si oppone ritenendolo accanimento terapeutico, hanno ricordato che la Francia ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, accettando liberamente di sottostare agli obblighi che ne derivano.

La cultura dello scarto nelle nostre società

"L’Osservatore Romano”, interviene oggi sul caso pubblicando un ampio articolo di don Roberto Colombo, docente presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Don Colombo evoca “la cultura dello scarto” e la “cultura dell’indifferenza”, tante volte citate da Papa Francesco, come sfondo a episodi che toccano il senso dell’umanità e del vivere insieme oggi delle nostre società e delle politiche in un mondo che guarda principalmente al profitto e all’efficienza. “L’accoglienza, il rispetto e la tutela di ogni vita umana – si legge nell’articolo - in qualunque condizione si trovi, è oggi il punto più debole (eppure decisivo) della società, della politica e dello stato. Non accogliere tutti equivale a scartare qualcuno, praticamente a farlo fuori”.

La richiesta di sospensione dei medici del CHU

Andando quindi “agli ultimi sviluppi di una drammatica vicenda umana, familiare, clinica, etica e giuridica”, che di recente ha visto entrare in merito anche Corti e Comitati internazionali, don Colombo scrive come i medici del CHU abbiano chiesto “di sospendere ogni cura, anche quelle fisiologicamente essenziali per la vita”, quali l’idratazione e la nutrizione, e siano vicini a farlo, con l’autorizzazione del tribunale amministrativo competente, avendone già fissata la data di inizio e cioè il 20 maggio prossimo. Ricorda, don Colombo, che su Vincent non sono in corso terapie specifiche volte a sanare la patologia cerebrale di cui soffre, in mancanza di trattamenti medici o chirurgici appropriati. L’uomo si trova in una condizione di grave incapacità relazionale con l'esterno, tuttavia respira in autonomia - si legge ancora – , il battito del cuore è spontaneo e non si stanno praticando “terapie intensive o subintensive che possano configurare una situazione clinica ed etica di ‘accanimento terapeutico’ ”.

Idratazione e alimentazione non sono accanimento terapeutico

Don Colombo ricorda che i periti clinici nominati dal tribunale amministrativo di Châlons-en-Champagne nel novembre del 2018 su questo caso, considerarono “che la risposta ai bisogni fondamentali primari (tra cui alimentazione e idratazione) non configura, per certi pazienti in stato vegetativo comprovato, come per Vincent Lambert, un accanimento terapeutico o una ostinazione irragionevole”( Rapport, p.24). Alla stessa conclusione, riferisce ancora il prof. Colombo, erano giunti 70 medici e specialisti che avevano studiato la situazione del paziente e che avevano aggiunto: “E' evidente che Vincent Lambert non è in fin di vita" (Le Figaro, 18 aprile 2018). Continuare dunque a alimentare e a idratare il paziente anche se in via artificiale, non ha nulla a che vedere con il dovere di “rispettare il sopraggiungere ormai inevitabile della morte e non opporsi al decorso naturale dell’agonia con interventi inappropriati che prolungano solamente la sofferenza del morente”.

L'eutanasia si propone di procurare la morte

E don Colombo cita Papa Francesco che ha sottolineato che solo per un malato in condizioni terminali, rispettare il decorso naturale senza accanimento terapeutico costituisce "una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare". Appare chiara dunque la differenza etica tra praticare l’accanimento terapeutico (uso di mezzi sproporzionati) e l’eutanasia che si propone di interrompere la vita, procurando la morte. Questo sarebbe proprio l’effetto della sospensione di idratazione e nutrizione su Vincent.

Cibo e acqua servono a conservare la vita

La Congregazione per la Dottrina della Fede in riferimento al caso di questi malati cronici, in un intervento del 1 agosto 2007, aveva affermato: “La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione”. Sempre la stessa Congregazione aveva chiarito: “Un paziente in ‘stato vegetativo permanente’ è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.

E' in gioco l'onore di una società umana

Ma non è solo il riconoscimento del valore di ogni vita in quanto dono di Dio a far concludere in tal senso. Nell’articolo pubblicato oggi da “L'Osservatore Romano”, l’autore riferisce che l’arcivescovo di Reims, mons. Éric de Moulins-Beaufort, e il vescovo ausiliare della stessa diocesi, mons. Bruno Feillet, il 13 maggio scorso riguardo al caso di Vincent hanno affermato: “E' in gioco l’onore di una società umana non lasciare che uno dei suoi membri muoia di fame o di sete e fare tutto il possibile per mantenere fino alla fine le cure appropriate. Permettersi di rinunciarvi perché una tale cura ha un costo o perché sarebbe inutile lasciar vivere la persona umana rovinerebbe lo sforzo della nostra civiltà”. E concludevano dicendo di pregare e invitando tutti a farlo “affinché la nostra società francese non si impegni sulla via dell'eutanasia”.

Papa Francesco e il caso Lambert: rispettare la vita

Infine don Colombo ricorda che già un anno fa il Papa aveva parlato del caso di Vincent Lambert dicendo: “Vorrei ribadire e confermare che l'unico padrone della vita dall'inizio alla fine naturale è Dio. Il nostro dovere è fare di tutto per custodire la vita” anche quando è fragile. E che il 15 aprile 2018 citando Vincent Lambert insieme ad altri, aveva ribadito: "Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perchè ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione (...) con grande rispetto per la vita". Interrompere l’idratazione e la nutrizione va, conclude l'articolo, “contro la vita e la dignità della persona”. E se anche la legge o una sentenza lo consentissero, questa azione “resta inaccettabile e indegna di una società fondata sul rispetto e l’accoglienza della vita di tutti”.

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18 maggio 2019, 16:44