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Civili siriani in fuga dalle zone di conflitto Civili siriani in fuga dalle zone di conflitto 

Siria. Truppe governative avanzano nel nord. Onu: 150mila civili in fuga

Prosegue l’offensiva di Damasco per riconquistare le provincie di Idlib e Hama in mano ai ribelli integralisti. L’Onu riferisce di 150mila civili in fuga. In campo anche la Turchia che annuncia un attacco contro i curdi

Marco Guerra – Città del Vaticano

Le truppe governative siriane avanzano nel nord-ovest nelle provincie di Hama e Idlib, ultime roccaforti dei ribelli e delle forze integraliste islamiche. Lo riferiscono fonti concordanti sul terreno e media siriani governativi e delle opposizioni.

L’esercito governativo avanza nel nord

Nelle ultime ore sono state conquistate località strategiche nella valle dell'Oronte dopo la ritirata degli insorti. Le stesse fonti riferiscono anche che l’esercito siriano ha conquistato la città chiave di Qalaat al Madiq, vicino al sito archeologico di Apamea, inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.

Allarme Onu per 150mila civili

Intanto, l’Onu ha lanciato l’allarme per oltre 150 mila civili siriani in fuga da Idlib e ha denunciato intensi raid aerei sulla regione che avrebbero colpito anche obiettivi non militari, dopo l’inizio dell’offensiva di Damasco sostenuta dalla Russia.

I bombardamenti dell’aviazione russa

Le forze armate russe sostengono di aver distrutto con la propria aviazione e col sostegno dell'artiglieria siriana, le postazioni dei miliziani della zona di Idlib da cui erano partiti i razzi contro la base aerea russa di Hmeimim, in Siria. Secondo il ministero della Difesa "le postazioni di fuoco dei sistemi lanciamissili multipli dei terroristi che hanno sparato dalla zona del centro abitato di Zaviah, sono state immediatamente individuate e distrutte dall'aviazione delle forze aerospaziali russe e dall'artiglieria delle truppe governative siriane".

Attacchi jihadisti

Dal canto suo l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra riferisce di una serie di attacchi nel nord e nell'est della Siria; cellule di insorti jihadisti hanno compiuto tre diversi attacchi lungo la valle dell'Eufrate, causando un numero ancora imprecisato di vittime tra militari governativi, miliziani iraniani e curdi e civili.

Tensione nell'est controllato dai Curdi

Preoccupa anche la situazione nel nord-est della Siria. Qui, per la terza settimana consecutiva, comunità arabo-siriane hanno protestato in massa contro quella che definiscono l'occupazione curda della regione tra l'Eufrate e il confine iracheno. In queste zone oggi sei civili siriani sono stati uccisi da milizie curde. E ad alzare la tensione arrivano le dichiarazioni del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha preannunciato una nuova offensiva delle truppe turche contro le milizie curde dell'Ypg. "Libererete presto Manbij e l'est del fiume Eufrate" nel nord della Siria "dai gruppi terroristici", ha detto Erdogan incontrando i cadetti dell'Università nazionale della Difesa ad Ankara.  L'esercito turco è "il potere più grande" contro queste minacce, ha aggiunto Erdogan, ricordando le due operazioni già condotte oltre confine dal 2016 contro lo Stato Islamico e l'Ypg.

Mons. Audo: impossibile entrare dove si combatte

“La Caritas è sempre pronta quando c’è un’urgenza, ma non possiamo andare sul posto dove si trovano i gruppi armati” ha spiegato a Vatican News, mons. Antoine Audo, vescovo caldeo della città ed ex presidente di Caritas Siria, riferendosi alle zone dove sono in corso i combattimenti. Mons. Audo ha quindi riferito della situazione ad Aleppo. La seconda città della Siria benché completamente liberata dalle milizie integraliste, continua a subire sporadici lanci di bombe su alcuni suoi quartieri.

Ascolta l'intervista a mons. Audo

Mons. Audo: l’embargo impoverisce la Siria

Riguardo all’emergenza umanitaria il presule ha poi puntato il dito contro l’embargo sulla Siria: “Tutto è caro. C’è una povertà generalizzata”. “Se non ci fossero stati gli organismi della Chiesa: le parrocchie, le diocesi, Caritas, ora saremmo in una situazione catastrofica – ha proseguito mons. Audo -  ma c’è il supporto continuo di questi organismi per quanto riguarda il cibo, la scuola, le medicine che sono diventate molto costose da comprare”. Il presule ha infine evidenziato l’importanza di questo sforzo dei cristiani per la riconciliazione, una testimonianza apprezzato anche dai musulmani e da tutta la comunità nazionale.

Negri: offensive siriana e turca si incrociano sul terreno

“L’obiettivo del governo è quello controllare tutta la direttrice nord-sud del Paese”, così l’esperto dell’area e già inviato de Il Sole 24Ore, Alberto Negri, commenta per Vatican News la vasta offensiva dell’esercito siriano coadiuvato dalla Russia contro le ultime roccaforti dei ribelli ad Idlib e Hama:

Ascolta l'intervista ad Alberto Negri

R. – Questa offensiva sta cercando di spingere i jihadisti fuori dalla provincia di Idlib - che è una provincia molto popolosa, che prima della guerra aveva tre milioni di abitanti –  lì sono stati indirizzati tutti i jihadisti dei vari gruppi e movimenti che erano stati sconfitti dalle forze siriane, dagli iraniani, dai russi, nei mesi precedenti a questo periodo, da altre parti, sono stati praticamente spinti verso Idlib e quella provincia. L’obiettivo di questa offensiva condotta dal governo siriano ma anche dalla Russia è proprio quello di spingerli fuori, a contatto con il confine con la Turchia; tanto è vero che alcuni di questi gruppi hanno già spostato i loro centri di comando ai confini con la Turchia. In poche parole, è il tentativo di Damasco di liberare alcune strade fondamentali per la Siria che sono quelle che vanno da Idlib ad Aleppo e Hama, e da Hama fino a Damasco, in poche parole la direttrice nord-sud, ritenuta essenziale per la ricostruzione del Paese per il controllo della Siria.

Si parla di 150 mila civili siriani in fuga; alcuni parlano del rischio di una nuova carneficina… C’è da aspettarsi una nuova fiammata di violenze?

R. – Secondo me queste violenze sono già cominciate, si tratta di una guerra, di una guerra a pezzi ma di una guerra; questa è in atto in questi giorni, in queste ore, nella provincia di Idlib, ma probabilmente presto si aggiungerà un altro conflitto perché il leader turco Erdogan ha annunciato una nuova operazione contro i curdi siriani. Qui ci troviamo di fronte a due situazioni che in qualche modo si incrociano sul terreno: da una parte l’operazione russo-siriana contro i jihadisti di Idlib; dall’altra Erdogan che vuole in qualche modo dare un altro colpo decisivo alla presenza dei curdi nel nord della Siria.

Nel nordest della Siria, a proposito di curdi, le comunità arabo-siriane protestano contro il controllo militare curdo-americano, resta quindi un territorio siriano diviso?

R. – Sì, certamente, ci sono state già in passato proteste da parte degli arabi nei confronti dei curdi, ma anche i curdi hanno di che protestare: non dimentichiamoci che la Turchia ha cacciato, provocando un centinaio di morti, i curdi dal Cantone di Afrin qualche mese fa. Insomma, è chiaro che le accuse vicendevoli si intensificano soprattutto in un momento in cui si preparano - si stanno preparando - delle offensive sul terreno di portata fondamentale. Perché è evidente che l’operazione di Idlib è veramente quella più importante dopo quella contro l’Is a Bagus. E dall’altra parte, se Erdogan dovesse lanciare questa operazione contro i curdi che ha annunciato, si troverebbe di fronte non soltanto la resistenza dei curdi, ma probabilmente anche quella degli Stati Uniti, che si troveranno ovviamente in grandissimo imbarazzo perché la Turchia, come sapete tutti, è un Paese dell’Alleanza Atlantica.

Bisogna aspettarsi ancora una guerra lunga?

R. – Forse lunga non lo so, però certamente problematica, perché, come sapete, in Siria ci sono tanti eserciti contemporaneamente: ci sono le forze siriane, quelle russe, ovviamente iraniane; non a caso Israele ha bombardato postazioni dei pasdaran iraniani; ci sono forze degli hezbollah libanesi: questi dalla parte di Damasco. E dall’altra parte, abbiamo la presenza di truppe turche, curde, americane. Insomma, è chiaro che la Siria è in una sorta di mini guerra mondiale in cui si affrontano interessi e forze differenti e contrastanti.

È possibile cogliere dei segni di speranza?

R. – Io mi auguro di avere dei segnali di speranza dopo tutto quello che è accaduto in Medio Oriente in questi due decenni. I cristiani sono una componente fondamentale anche in Siria, ma anche loro hanno preso la via di fuga. E questo è valido anche per altre minoranze che sono state in qualche modo massacrate, per esempio gli yazidi, dallo stesso Is. Insomma, quel mosaico mediorientale in cui c’era una parte cristiana fondamentale, rischia comunque grosso e dovrebbe probabilmente esserci anche un maggiore sostegno internazionale per la protezione delle minoranze.

 

 

 

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09 maggio 2019, 14:36