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Australia: l’impegno delle organizzazioni cattoliche per accompagnare il "fine vita"

Un convegno a Melbourne per favorire le cure palliative in risposta alla recente approvazione di un provvedimento che legalizza la morte assistita

Definire un percorso di accompagnamento per il “fine vita” e favorire un equo accesso alle cure palliative a tutti i malati terminali: questi i temi al centro del recente convegno organizzato a Melbourne dalle organizzazioni sanitarie cattoliche dell’Australia, dal titolo “Our enduring commitment to end of life care” (Il nostro impegno per la cura della fine della vita). Come riferisce una nota inviata all’Agenzia Fides da Catholic Health Australia (CHA), rete non governativa di servizi di assistenza sanitaria cattolica del Paese, l’iniziativa è stata organizzata in risposta all’imminente entrata in vigore del “Voluntary Assisted Dying Act”, nello stato di Victoria: si tratta del provvedimento che legalizza la “morte assistita” per i malati terminali, approvato nel novembre 2017 ed effettiva da giugno 2019.

Modello cristiano di assistenza

Convocati presso l'Australian Catholic University, i rappresentanti di ospedali e case di cura di impronta cattolica hanno rilevato l'importanza di diffondere il modello cristiano di assistenza anche in altri contesti. A tal fine è stata prodotta una raccolta di documenti, norme etiche e linee guida che forniscono una panoramica del servizio svolto dalle associazioni cattoliche. “Il nostro obiettivo principale - si legge nella nota - non è semplicemente quello di rispondere alla nuova norma sul fine vita, ma è quello di assicurare che la nostra etica si diffonda sempre di più e continui a mettersi a servizio di chi ha bisogno anche nei secoli a venire”.

Medici cattolici “non infliggono la morte ai pazienti”

Tra le indicazioni del documento prodotto dal gruppo di lavoro di CHA si precisa che i medici delle strutture cattoliche “non infliggono la morte ai pazienti (non praticano, cioè, eutanasia), né intenzionalmente aiutano i pazienti a togliersi la vita (non attuano, quindi, il suicidio assistito)”. “Accettiamo e agiamo - si legge ancora - secondo l'impegno ippocratico che non considera questi interventi come trattamenti medici. Essi invece contravvengono al nostro Codice etico. In questo contesto, è importante essere consapevoli del fatto che la terminologia usata per descrivere questi interventi varia di situazione in situazione. Nel ‘Voluntary Assisted Dying Act 2017’ vengono indicati collettivamente come ‘morte volontaria assistita’”. L’assistenza sanitaria cattolica in Australia ha avuto origine nel 1838 con l’arrivo delle suore irlandesi della Carità, che giunsero in missione nel continente oceanico proprio per prendersi cura di poveri, malati e i morenti. Oggi la Chiesa australiana prosegue e porta avanti quella tradizione di cura della persona e della sua dignità, dalla nascita fino alla morte.

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16 febbraio 2019, 14:34