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 Ok del Senato al DL sicurezza con 163 sì e 59 no Ok del Senato al DL sicurezza con 163 sì e 59 no  

Italia: il decreto sicurezza passa al Senato. Contrarietà del CIR

Con 163 sì, il Senato ha dato il via libera al decreto sicurezza. 59 i no di Palazzo Madama. Il decreto passa ora al vaglio della Camera, il 22 novembre. Preoccupazione da parte delle organizzazioni che si occupano di migranti

Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano

Una giornata storica, così il ministro dell’interno Salvini ha accolto l’approvazione del decreto sicurezza e immigrazione da parte del Senato. Una riforma intelligente e condivisa, a giudizio del leghista, che però ha diviso gli alleati di governo. Il gruppo dei dissidenti pentastellati a Palazzo Madama è infatti cresciuto: in 5 hanno disertato l’aula e sono stati subito deferiti ai probiviri. A rimanere fuori dall’aula è stata Forza Italia, mentre l’astensione è arrivata da Fratelli d’Italia. Contrario il Pd.

La preoccupazione del Cir

Forte la preoccupazione delle organizzazioni per i diritti umani, come il Consiglio Italiano per i Rifugiati. L’abolizione della protezione umanitaria, spiega Mario Morcone, Direttore del Cir, creerà migliaia di irregolari che non potranno essere rimpatriati, se non in modo molto limitato. Il Dl Sicurezza, spiega ancora il Cir, modificherà molti degli aspetti portanti del sistema d’asilo e accoglienza, peggiorando il livello dei diritti per i richiedenti asilo e i rifugiati.

Il Dl Sicurezza è un provvedimento miope

“E’ un provvedimento molto miope – spiega a Radio Vaticana Italia Mario Morcone, direttore del Cir – che otterrà il contrario rispetto agli obiettivi prefissati”. Morcone denuncia come conseguenza di questo testo anche l’interruzione di quel filo di concertazione istituzionale tra i comuni, i ministeri e le regioni che aveva retto tutta la costruzione dell’infrastruttura dell’accoglienza. Il Cir nella sua passata audizione al Senato aveva cercato di spiegare queste le ragioni. “Sono stati depositati documenti, ma tutto questo – prosegue Morcone - rispetto al consenso degli elettori non ha premiato”. A colpire anche le misure relative alla cittadinanza: “E' un vera vergogna – dice Morcone – non si è mai vista una legge che dopo 10 anni in cui hai fatto la brava persona, lavorando, pagando i contributi e le tasse, lo stato si prende altri 4 anni per decidere sulla richiesta”. Di qui un’amara considerazione: “I 4 anni corrispondono alla fine della legislatura, che cosa si vuole intendere? Che non si vogliono più rilasciare cittadinanze”.

Ascolta l'intervista a Mario Morcone

 

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07 novembre 2018, 16:35