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Orfanatrofio gestito dalla Chiesa Orfanatrofio gestito dalla Chiesa 

Centrafrica. Mons. Aguirre: una guerra dimenticata

Il vescovo di Bangassou è stato minacciato di morte e la sua cattedrale chiusa. Salvati dal genocidio 2mila musulmani. Un sacerdote ucciso ed il suo vicario ferito gravemente. Molti preti minacciati e costretti a lasciare il Paese. La Chiesa in aiuto di orfani, ammalati di Aids ed anziani. La vicinanza del Papa

Silvonei Protz - Aparecida, Brasile

Mons. Juan Josè Aguirre partecipa all’Assemblea plenaria dei vescovi brasiliani in corso ad Aparecida per far sentire la voce della martoriata Chiesa centrafricana. Il presule parla della presenza di gruppi radicali islamici che da 5 anni stanno dilaniando il Paese africano e non hanno intenti religiosi ma mirano solo al controllo dell’estrazione dei minerali. La sua cattedrale a Bangassou è stata chiusa ed è stato minacciato di morte. Una settimana fa è stato ucciso un sacerdote mentre il suo vicario è stato ferito gravemente due mesi fa. La Chiesa, che sta vivendo quindi la Passione di Gesù, è vicina a chi soffre e non chiede se siano cristiani o musulmani. Nella missione cattolica infatti, ha salvato e protetto dal genocidio, 2 mila musulmani. Mentre tante Ong e organizzazioni internazionali lasciano il Centrafrica, la Chiesa continua la sua opera con mille bambini orfani, con gli ammalati di Aids ed ha quattro Case per anziani accusati di stregoneria. Il Paese è nel cuore del Papa

Ascolta l'intervista a mons. Aguirre

R. – Viviamo una situazione di guerra, ma una guerra “a bassa intensità”: una guerra che non si conosce tramite i giornali, una guerra perché molti di quelli che possono informare o scattare fotografie - molte Ong e organismi - sono andati via. Non ci sono le immagini - è una guerra dimenticata - e invece è una guerra che fa molto male. C’è molto sangue che cade a terra a causa di questa guerra. Questa guerra è nata cinque anni fa dai Paesi del nord Africa, gruppi radicali armati, pagati, formati dai Paesi del Golfo, quindi con i petrodollari, che sono entrati in Centrafrica come mercenari direttamente dal Ciad, e hanno poi “calpestato” tutto il Centrafrica. Questi gruppi si chiamano i “Seleka”; adesso formano 14 gruppi armati; non si intendono tra di loro, ma fanno molto male. Sono tutti alla ricerca di minerali: oro, diamanti, cobalto, manganese o coltan. Voi sapete molto bene che oggi chi ha il controllo del coltan ha il controllo delle guerre, perché tanti armamenti – i droni, i missili, anche il Tomahawk – si fanno con componenti a base di tantalio, che è un superconduttore. Molte di queste guerre in Africa hanno una base economica, e usano la lotta di religione come uno “schermo”, uno schermo per dissimulare il fatto che sono alla ricerca dei minerali. Contro questi Seleka che hanno travolto il Paese cinque anni fa, sono insorti dei gruppi nazionali chiamati “Anti-balaka”: giovani che si sono armati e hanno voluto difendere il popolo contro i Seleka; tuttavia, dopo averlo difeso, sono diventati anch’essi dei criminali. Quindi adesso stiamo vivendo una lotta tra di loro, in cui la gente si ritrova veramente in una situazione difficile, ed è sconfortata.

Mons. Aguirre, la sua cattedrale è chiusa e lei è minacciato di morte?

R. – Sì, questo fa parte della nostra vita. La chiave per interpretare questa situazione che viviamo è nel calvario. E nel calvario Gesù è minacciato di morte: anche lui, fino alla morte. Quindi noi, che siamo sui discepoli, molto spesso viviamo la Passione come lui l’ha vissuta. Abbiamo preso le difese di tutti coloro che hanno problemi, che sono malati o feriti. A Bangassou c’era un gruppo di musulmani – duemila – che abbiamo tentato di salvare da un genocidio. Li abbiamo difesi e portati nella missione cattolica. Loro hanno chiesto di venire al seminario minore per essere protetti da noi e dai soldati delle Nazioni Unite. Quindi adesso abbiamo duemila musulmani nel seminario minore, e i nostri seminaristi sono dovuti partire e andare altrove per studiare. Lo facciamo perché è il Vangelo: il Buon Samaritano va e vede questa persona che è per terra. Non si domanda se è un ladro o no, se è uomo o donna, se è bianco o nero, se ha il visto o il passaporto: lui si china su di lui e lo prende. Noi prendiamo tutti coloro che hanno bisogno, siano musulmani o cattolici, musulmani o non musulmani. E a volte noi troviamo dei musulmani radicali che ci minacciano di morte, quindi dobbiamo vivere anche con questo. Ultimamente hanno ucciso un prete, una settimana fa; hanno quasi ucciso un mio vicario, due mesi fa; hanno minacciato altri miei preti e ho dovuto farli allontanare dalla diocesi. Quindi resistiamo fino a quando la guerra non terminerà. E stare lì con le gente, con i poveri – i più poveri – per non abbandonarli. Noi abbiamo in Centrafrica, dei radicali che sono stati buttati via dalla Siria, a Raqqa, e che adesso, attraverso il Libano e la Libia, sono entrati in Centrafrica. Allora vogliamo fare un po’ richiamare l’attenzione su questo aspetto: sappiamo che questo islam radicale può fare molto male, lo sta facendo già attraverso Boko Haram, la jihad islamica, i Seleka; attraverso tutti i movimenti radicali, come l’Is, che stanno comparendo dappertutto.

In quale situazione si trova la gente?

R. – La gente sopporta e aspetta che la guerra finisca. Molti non hanno una casa perché i soldati Seleka hanno usato il fuoco come arma da guerra e hanno bruciato tante, tante case. “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ci sta aiutando a ricostruire i quartieri, affiché, costruendo case nuove, vengano le famiglie e quindi i bambini e che così incominci la scuola. E con la scuola mettiamo insieme bambini musulmani e non musulmani. La gente ora sta soffrendo moltissimo… Abbiamo dei progetti: seguiamo più di mille orfani a Bangassou, e questi bambini stanno soffrendo molto a causa della guerra. Seguiamo tanti malati di Aids in fase terminale e dobbiamo cercare medicinali per loro. Dobbiamo quindi occuparci di loro anche se siamo in guerra. Abbiamo quattro case, che chiamiamo le “case della speranza”, dove ospitiamo gli ammalati anziani accusati di stregoneria: abbiamo quattro case per proteggerli. Non possiamo abbandonarli. Anche se tutte le Ong, gli organismi e i giornalisti specializzati, vanno via, noi dobbiamo restare, perché il popolo, la gente semplice, ha bisogno di noi: della Chiesa. Quando tutti se ne vanno la Chiesa è l’ultima a spegnere la luce.

Sentite la prossimità di Papa Francesco?

R. – Sì, Papa Francesco ha scelto il Centrafrica per aprire la Porta Santa nell’Anno della Misericordia. È stata stupenda la sua visita! Sentiamo che lui pensa molto e prega per il Centrafrica: è un Paese che gli è molto caro.
 

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19 aprile 2018, 12:58