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“I genitori di Gesù Bambino erano nascosti da noi". Recita di Natale del '44 con ebrei (bambini, Madonna, San Giuseppe) e residenti del quartiere. Sulla sinistra madre Elisabetta “I genitori di Gesù Bambino erano nascosti da noi". Recita di Natale del '44 con ebrei (bambini, Madonna, San Giuseppe) e residenti del quartiere. Sulla sinistra madre Elisabetta  #SistersProject

Il convento a Roma dove “gli oppressi” di ogni guerra trovano rifugio

Ieri gli ebrei di Roma che scappavano dalla persecuzione nazifascista trovavano rifugio in un convento nella periferia della capitale, ospitati dalle suore francescane della Misericordia. Oggi le porte di quella casa sono ancora aperte per accogliere e abbracciare le persone in fuga da ogni guerra

di Chiara Graziani

“Anche tu abiti qui?”. “Sì certo, la casa è tutta nostra”. “Vostra?” “Sì, ma è a disposizione per aiutare chi ha bisogno”. “Allora siete buone”. La giovane somala, bella e velata alla musulmana, guarda meglio, con sorpresa, quella donna, velata anche lei, con la quale ha deciso di scambiare le prime parole.

Asha è arrivata a Roma da un campo profughi su un’isola greca, dove ha partorito sotto una tenda di plastica che non la proteggeva né dal freddo, né dalle bestie, né dagli uomini. Partita dalla Somalia, scacciata dal marito che non la voleva più, Asha, a poco più di vent’anni, s’è messa per mare passando prima dall’inferno della Libia per finire nel buco nero dell’isola di Lesbo, il campo migranti dove credeva di aver finito, nella disperazione, la sua corsa inutile.

Suor Pier Paola con un piccolo migrante nato nel convento
Suor Pier Paola con un piccolo migrante nato nel convento

Giorni senza speranza, pieni di caos, terrore e rumore sotto la tenda di plastica, avvinghiata ad una figlioletta che proteggeva come una leonessa, mentre un’altra le cresceva in grembo per essere partorita nel pericolo senza fine. Ha braccia robuste, Asha, come ne hanno le giovani somale. Ma non aveva mai conosciuto il bene. Chiede, allora, alla donna velata: “Dove sono i tuoi figli?”. “Non ho figli” le risponde. “E il tuo uomo dov’è?”. “Io non ho marito”. “No uomo? No?”, Asha spalanca gli occhi. “No. No uomo. Io sono consacrata a Dio”.

Asha, trovata sotto quella tenda dalla Comunità di Sant’Egidio, è alla fine arrivata a Roma, al convento delle suore francescane della Misericordia. Con Noor e Fatima, 6 e 3 anni, viene portata al secondo piano dove sistema le sue cose in una stanza che – lei non lo sa – tanti anni prima, nel 1943 si era aperta per altre madri, per altri bambini fuggiaschi. Oppressi messi in salvo dalle persecuzioni dei nazifascisti. Salvati, a rischio della vita.

L'attuale superiora, suor Clara Maria, davanti all'ingresso da dove passavano gli ebrei; alla sinistra, Lello Dell’Ariccia, nascosto da bambino nel convento con la mamma ed il fratellino
L'attuale superiora, suor Clara Maria, davanti all'ingresso da dove passavano gli ebrei; alla sinistra, Lello Dell’Ariccia, nascosto da bambino nel convento con la mamma ed il fratellino

Asha non lo sa. Ma la famiglia delle donne senza uomo, da anni risponde ad una vocazione. Essere la nave di salvataggio di chiunque fugga dal male. Porto d’imbarco, via Poggio Mojano 8, città di Roma, periferia nord. Lì c’è un portone che, se i tempi si fanno duri, si apre senza domande. Una storia iniziata quando a Roma i nazisti, sul finire della seconda guerra mondiale, dettero la caccia agli ebrei romani, casa per casa, per caricarli sui treni per Auschwitz. Destinazione sterminio finale.

Nella Roma del 1943, occupata dalla croce uncinata, circolava, però, fra i conventi l’indicazione di un “desiderio” del Papa. Nascondere gli ebrei, braccati dai nazisti con la complicità dei fascisti italiani che avevano compilato l’elenco dei romani da rastrellare. Il convento di via Poggio Mojano 8, s’era già schiuso quando la madre superiora dell’epoca, madre Elisabetta, trascrisse sul suo diario il desiderio di Pio XII che si desse “rifugio agli oppressi”. Non tutti i conventi romani lo accontentarono. A via Poggio Mojano, però, quel desiderio del Papa quasi lo si prevenne.

La prima ad arrivare fu una maestra elementare. Poi fu la volta di famigliole in fuga. Tutti nascosti al secondo piano, nelle sette stanze al riparo della vista dei cacciatori, dove le sorelle misero a guardia dei perseguitati la loro Madonnina del Lussemburgo. Non senza aver chiesto, prima, il permesso ai loro ospiti ebrei. Con coraggio e sfrontatezza li nascosero negli stessi locali che, fino al 3 ottobre, erano stati occupati dalle SS per farne un ospedale militare. E proprio la sfrontatezza venne loro in aiuto tutte le volte che le squadre nere si ripresentavano per condurre perquisizioni che le suore sviavano con sante bugie e spericolata improvvisazione, finchè le SS non se ne andavano, messe nel sacco.

I bambini nella recita di Natale del 1970 nel teatrino di via Poggio Mojano. L'autrice è il terzo angioletto da sinistra
I bambini nella recita di Natale del 1970 nel teatrino di via Poggio Mojano. L'autrice è il terzo angioletto da sinistra

In tempo di pace iniziò per il convento l’epoca della scuola materna ed elementare San Francesco. Generazioni di bambini, fra i quali chi scrive, sono cresciuti in quelle aule, mettendosi in fila sulle stesse strisce nere lungo le quali, non lo sapevano, s’erano allineate le SS in armi, il 3 ottobre del ’43. Nessuno di quei bambini del tempo di pace seppe mai, fino al 2019 (quando lo rivelò L’Osservatore Romano), la storia nascosta di quella famiglia di donne che insegnava loro la tenerezza amorosa di Gesù e di san Francesco e a non perdere mai, proprio mai, la speranza.

Una piccola ospite somala nelle stanze dove furono ospitati i bimbi ebrei
Una piccola ospite somala nelle stanze dove furono ospitati i bimbi ebrei

Ma la guerra è ancora in agguato. Pronta a risorgere per diventare totale. Corruzione, traffico d’armi, il clima impazzito, la profonda destabilizzazione di Africa, Medio Oriente, le persecuzioni dei regimi totalitari, creano nuovi oppressi. Così il portone di via Poggio Mojano 8, con naturalezza, tornò ad aprirsi per gli oppressi, che non erano più romani come nel ‘43, ma rumeni, russi, ucraini, somali, congolesi, siriani, afghani, rom.

Attualmente gli ospiti delle sette stanze che già furono delle Ss prima e dei rifugiati ebrei poi, sono 12. Le suore francescane della Misericordia hanno messo loro a disposizione il secondo piano del convento. E la gente arriva e va da ogni dove del mondo. Arrivano bambini, ne nascono addirittura. Arrivano madri cariche di dolori, con figli nati nella paura, talvolta dalla violenza, vissuta come fatalità inevitabile. Il convento è di nuovo un ospedale che cura esseri umani a pezzi. Il vascello che nel segreto sarà sempre pronto ad imbarcare da via Poggio Mojano 8 “gli oppressi” di ogni guerra.

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20 giugno 2023, 10:12