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La Pasqua in carcere: un momento di sofferenza e di Resurrezione La Pasqua in carcere: un momento di sofferenza e di Resurrezione

Padre Carmelo, da 45 anni tra i detenuti del mondo: "Un privilegio riservato a pochi"

Il sacerdote, da decenni impegnato nella pastorale carceraria, ha fatto tesoro dell'insegnamento di Madre Teresa: "Nel volto dei reclusi, c'è il volto di Cristo". Il carcere, condividendo la sua testimonianza in vista della Pasqua, "è anche un luogo di recupero, rinascita, Resurrezione": "Ho visto davvero tante tombe spalancarsi, giovani riconciliati con se stessi, le famiglie e anche con Dio”

Roberta Barbi – Città del Vaticano

"È un mondo difficile, a volte addirittura assurdo; un mondo fatto di isolamento, di rabbia, di vendetta e solitudine perché spesso non ha alcun contatto con il mondo esterno”. Racconta così padre Carmelo Di Giovanni il ‘suo’ carcere, quello in cui entra da oltre 45 anni per portare conforto, ma soprattutto per ascoltare, quello che poi, una volta chiusi dietro le spalle i pesanti cancelli, non resta lì, ma lo accompagna con tutta la sua pesantezza e la tristezza che gli ha depositato nel cuore. Per fortuna, però, il carcere non è solo questo: “È anche un luogo di recupero, di rinascita, di Resurrezione – racconta a Vatican News – ho visto davvero tante tombe spalancarsi, in tanti anni, tanti giovani che seguivo che si sono riconciliati con se stessi, con le loro famiglie e alla fine anche con Dio”.

Ascolta l'intervista con padre Carmelo Di Giovanni:

Dio è paziente fino in fondo

Spesso, quelli di recupero e riconciliazione, sono percorsi molto lunghi che richiedono coraggio e pazienza, due doti che non appartengono proprio a tutti gli esseri umani, ma certamente appartengono a Dio: “Spesso non sono le sbarre, ma i cuori stessi dei reclusi a tenerli in prigione, mentre il Signore può renderli uomini nuovi, uomini di misericordia – continua il sacerdote – io glielo ho visto fare spesso, ma sono percorsi lunghi e faticosi; bisogna entrare in se stessi e consentire alla Grazia di farsi toccare”.

Scegliere quale dei due ladroni essere

Nella sua riflessione sulla Pasqua, padre Carmelo rievoca l’immagine del Venerdì Santo di Gesù crocifisso tra i due ladroni: “Lo dico anche ai detenuti: bisogna scegliere quale dei due ladroni essere, se quello che deride Gesù o l’altro, che riconosce le proprie colpe, si prende le proprie responsabilità e infatti sarà salvato – racconta – quasi tutti noi siamo più spesso come il ladrone cattivo, indifferenti alle sofferenze degli altri, non le vediamo, ci giriamo dall’altra parte. Imitare Gesù, invece, significa l’opposto: Lui ci viene a cercare proprio nelle nostre porcherie, rovista nella spazzatura e ci fa nuovi con la sua luce: è il miracolo di Dio che si ripete ogni giorno”.

Comunicare la Pasqua “dentro”

I momenti di festa, spesso, sono i più difficili da vivere in carcere: mentre fuori tutto il mondo festeggia, le famiglie si riuniscono, dentro ci si sente ancora più soli, lontani, dimenticati. “Possiamo comunicare la Pasqua del Signore ai reclusi solo con la presenza, ma una presenza vera, reale – afferma ancora Di Giovanni – una presenza che è condivisione della loro sofferenza, si soffre con chi soffre come diceva San Paolo, ed è condivisione della Croce, non intesa come uno di quei crocifissi artistici dove Cristo è bello e pulito, ma la Croce vera, insanguinata, dove Cristo è talmente messo male che non si può guardare”. Gli chiediamo come si fa a comprendere l’altro, un altro apparentemente così lontano dalle nostre vite, da dove partire: “Dalla consapevolezza che non siamo migliori di nessuno, io stesso non lo sono", è la sua risposta. "Tutti, esattamente come i carcerati, abbiamo fatto del male, la differenza è che noi, magari, non siamo stati beccati”.   

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05 aprile 2023, 08:00