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Il presepe realizzato nella parrocchia di Jesùs Salvador, ad Aucayacu Il presepe realizzato nella parrocchia di Jesùs Salvador, ad Aucayacu

Natale in Perù, dove Gesù nasce tra inquinamento e disordini

Il Paese sudamericano vive un periodo di Avvento caratterizzato dalla forte destabilizzazione politica. Il Papa domenica scorsa ha pregato perché prevalga il dialogo per superare "una crisi che affligge la popolazione". Un'altra crisi, quella ambientale, sconvolge la vita dei popoli indigeni dell'Amazzonia. Il missionario padre Carrasco: "Un ragazzo indigeno mi ha detto che il Bambino Gesù è uno di noi, ha il nostro volto e da allora porto queste parole nel mio cuore"

Andrea De Angelis - Città del Vaticano 

Quattro peruviani su cinque sono cattolici, il Natale è uno dei momenti più attesi dell'anno. Questo periodo di Avvento però coincide per il Perù con delle alte tensioni sociali, legate all'arresto dell'ex presidente Castillo, destituito lo scorso 7 dicembre dopo il suo tentativo, vano, di sciogliere il Parlamento. Una crisi politica che si lega a quella ambientale, causata dai cambiamenti climatici e dalla deforestazione. Il terzo Paese sudamericano, abitato da 33 milioni di persone, è caratterizzato dall'oceano e dalle Ande, così come dall'Amazzonia. Proprio qui ha vissuto per quasi 15 anni padre Roberto Carrasco, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, neo superiore maggiore della delegazione generale di Perù e Bolivia. Oggi per il nuovo incarico che ricopre vive a Lima, ma il suo cuore - lo dice lui stesso - batte ancora assieme a quello degli indigeni.

Il ruolo dei laici

“La festa del Natale ha iniziato a caratterizzare i villaggi indigeni tanto tempo fa, lì i bambini, le donne, gli anziani si trovano tutti nella cappella e il missionario, il catechista, quasi sempre un laico o una laica, trasmettevano la fede. Lo facevano, lo hanno fatto con una forza – sottolinea padre Carrasco – straordinaria, coinvolgendo tutti, specialmente i più piccoli". Il Natale è una festa cristiana, si gioisce per la nascita del Bambino Gesù, ma non sempre in Amazzonia si può celebrare la Santa Messa. "Dove si trova un prete c’è la Messa, ma non in tutti i villaggi questo è possibile. La gioia del Natale però - spiega il missionario - non manca, non manca la musica, così come i presepi. Lì si trovano i segni della cultura, accanto a Maria, a Giuseppe si trovano animali che non sono certo il bue e l’asino, ma magari una scimmia, un pappagallo perché quando parliamo della visione indigena amazzonica, dobbiamo tenere presente gli elementi che appartengono alla loro cultura".

Padre Roberto Carrasco celebra la Santa Messa nella parrocchia Nostra Signora dell'Assunzione nel distretto di Napo, in Perù
Padre Roberto Carrasco celebra la Santa Messa nella parrocchia Nostra Signora dell'Assunzione nel distretto di Napo, in Perù

Gesù e quel volto indigeno

Una cultura che però è cambiata negli ultimi tempi.  "Non possiamo dimenticare - prosegue - che negli ultimi decenni, diciamo negli ultimi cinquant’anni alcuni villaggi sono diventati centri urbani, luoghi dove cioè si possono comprare motociclette, telefonini. La dinamica del consumismo è entrata ed è difficile trovare ancora i canti e le danze di un tempo. Di certo il Natale resta una festa autenticamente cristiana, grazie ai missionari che hanno trasmesso il Vangelo. Il centro della festa è il Bambino Gesù, ma dobbiamo capire che oggi gli evangelizzatori sono soprattutto laici e in particolare donne". Padre Roberto ricorda bene come si festeggiano questi giorni nei villaggi indigeni. "Non c’è panettone, non c’è cioccolato, tutto quello che noi possiamo pensare, però si condivide la gioia, la speranza e a me questo piace molto. Piace la semplicità di come si aspetta la nascita di Gesù, un Bambino con il volto indigeno. Una volta un ragazzo mi disse che Gesù è un uomo come noi e questa risposta mi è rimasta - confida - nel cuore. Si tratta di una verità teologica propria di un cristiano che ha capito l’essenza del Natale". 

Ascolta l'intervista a padre Roberto Carrasco

Lo strapotere economico 

Il Perù sta affrontando un’importante crisi politica. Domenica 18 dicembre, ultima di Avvento, Papa Francesco ha pregato per il Paese sudamericano, affinché cessino le violenze e si intraprenda la via del dialogo per superare la crisi politica e sociale che affligge la popolazione. “La Conferenza episcopale peruviana ha chiamato tutti a pregare per la pace, la gente sente che le stanno rubando la speranza. C’è troppa disinformazione, anche a Lima. La situazione - spiega padre Carrasco - è difficile, molta gente non sta pensando al Natale", almeno non come avrebbe voluto. "Dopo che il presidente Castillo è stato arrestato, ci sono state e ci sono ancora tante manifestazioni, le proteste. Purtroppo dentro il gruppo di chi protesta ci sono anche degli infiltrati, soggetti violenti. Abbiamo visto distruzioni. La domanda che però mi faccio - afferma il missionario - è come sia possibile che il potere economico sia sopra al valore della vita! La Chiesa chiede di pregare per la pace e secondo me deve dire una cosa con chiarezza, io la dico: il potere economico domina il potere politico, domina quello militare. Mi sembra che domina tutto".

Il villaggio indigeno di Kichwa de Sumak Allpa, nei pressi del fiume Napo
Il villaggio indigeno di Kichwa de Sumak Allpa, nei pressi del fiume Napo

La dignità della persona

"Il Bambino Gesù nascerà accanto alla distruzione della foresta amazzonica, vicino ai fiumi inquinati. Questo - prosegue - turba la pace di tutta la nazione. La Chiesa deve trasmettere la Dottrina sociale, la persona umana, il rispetto della sua dignità si trova sopra di tutto! Quanta mancanza di rispetto verso i contadini, nei confronti dei cittadini più poveri, verso la persona in concreto". Il missionario torna su questi giorni di festa: "Dicono gli angeli a Natale: pace nella terra! In Perù non c’è pace in questo momento, c’è la protesta giusta di un popolo che alza la voce, che ha il diritto di dire che necessita di un’autorità che lo rappresenti. Come è possibile che nel XXI secolo si debba vivere così? Come dice il Papa nella Laudato si’, a questo paradigma tecnocratico piace mettersi sopra a tutto. Come cristiani dobbiamo essere protagonisti di una pace totalmente diversa, che permetta di vivere senza quelle differenze che uccidono. Papa Francesco dice che la cultura dello scarto è una grande minaccia, mi sembra che è quanto - sottolinea - sta accadendo anche oggi".

Tutto si taglia 

Parlare di Amazzonia significa affrontare la questione ambientale, in particolare la piaga della deforestazione. “La lotta indigena oggi continua, questo è chiaro ed è una lotta per contrastare i cambiamenti climatici. Non c’è pioggia in questo momento nelle Ande peruviane! Il motivo è semplice: gli alberi spariscono. Nel centro dell’Amazzonia ho visto i contadini lavorare per il padrone che ha comprato tutto il terreno di un villaggio, lo hanno venduto perché - sottolinea padre Carrasco - hanno perso la speranza. Quelli che abitano fanno una lotta costante, convivono con l’inquinamento del fiume e sanno che non c’è stata ad ora una soluzione politica". Il problema è politico e culturale. "Non c’è cura della casa comune, del creato. Purtroppo gli indigeni diventano trasparenti, non c’è interesse. Molti mi chiedono cosa possono fare se viene il capo di una azienda e offre tanti soldi per un terreno. Preferiscono accettare l’offerta che restare in una situazione di abbandono. Qui è un disastro e - ribadisce il sacerdote - la domanda è perché non si trovi una politica di interesse nazionale. Siamo davanti ad una selva distrutta, dove tutto si taglia! Questo non è ammissibile". 

Il Rio Napo è un fiume che nasce in Ecuador e si getta nel Rio delle Amazzoni in Perù
Il Rio Napo è un fiume che nasce in Ecuador e si getta nel Rio delle Amazzoni in Perù

Le tradizioni peruviane 

Questi giorni sono legati a tradizioni particolari, diverse in ogni Paese e questo vale anche per il Perù. "Il Natale è una grande gioia, la gente esce e va verso la cappella, danza, canta, condivide il cibo, la carne. Ci sono tanti racconti degli anziani che ricordano diverse esperienze, ogni popolo ne ha una. Dipende dal luogo, dalla permanenza in quel posto, dalla lingua. Mi piace  ricordare i catechisti, gli animatori che insieme a tutte le persone si adoperano per la festa, come fanno le nonne con le pentole pieno di cibo o i bambini che - ricorda - vanno ad adornare le capanne dove abitano. Il 24 dicembre, tutti si radunano con gioia. Con o senza Messa, dipende se è possibile celebrarla. La notte è una notte di pace, tranquilla. La celebrazione finisce verso le nove di sera e poi ognuno va a casa sua. Spesso in Amazzonia il 25 si torna nei campi, a pescare, continua la vita perché non c’è l’atmosfera della città. La tranquillità, la festa è anche ascoltare i canti degli uccellini. Il presepe - conclude padre Carrasco - è semplice, sobrio, che vede le persone identificarsi con i personaggi. Le donne, gli uomini, i bambini vedono i loro volti, quelli del popolo indigeno amazzonico e trovano lì la gioia del Natale, della nascita del Bambino Gesù".

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21 dicembre 2022, 08:24