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Una missione in Argentina Una missione in Argentina 

L'annuncio del Vangelo in Messico e Amazzonia, storia di padre Fabio e suor Rosanna

I due religiosi sono tra i 18 che riceveranno il mandato per la missio ad gentes nella Basilica di San Giovanni in Laterano, nell'ambito del Festival missionario organizzato dalla diocesi di Roma, al via nel pomeriggio nel cortile del Palazzo Lateranense. Si potranno conoscere storie e esperienze di alcuni missionari e sono previsti anche momenti di animazione. Allestiti una mostra e stand espositivi di realtà impegnate nei cinque continenti

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Propone un pomeriggio di animazione con alcune testimonianze di chi annuncia il Vangelo in giro per il mondo, il “Festival missionario” organizzato questo pomeriggio a Roma, a partire dalle 15, nel cortile del Palazzo Lateranense. Ad arricchire l’evento una mostra missionaria e stand espositivi di realtà impegnate nei cinque continenti. L’iniziativa è della diocesi di Roma, che in occasione dell’ottobre missionario e della Giornata missionaria mondiale - che si celebra il 23 ottobre - il cui tema quest’anno è “Di me sarete testimoni” (At 1,8), ha anche organizzato una veglia di preghiera, alle 18.30, nella basilica di San Giovanni in Laterano. A presiederla sarà monsignor Benoni Ambarus, delegato diocesano per la Carità e per i Migranti, che consegnerà il mandato missionario a 18 religiose e religiosi appartenenti a diversi istituti, pronti a partire per la missio ad gentes. A promuovere il “Festival missionario” il Centro missionario diocesano, la Consulta diocesana degli Istituti Religiosi Missionari e l’Equipe Fraterna Itinerante Missionaria (Efim).

Nuovi impulsi per le missioni

“I doni ricevuti vanno condivisi. Un missionario non è altro che colui che va a condividere il dono della fede - afferma monsignor Ambarus commentando i due momenti voluti dalla diocesi -. E la cooperazione missionaria è sempre condivisione da entrambe le parti, scambio di fecondità reciproca”. Osservando che in questi ultimi trent’anni il numero dei missionari ad gentes è in costante decrescita, il presule sottolinea che occorre rilanciare i gruppi missionari e per tale motivo per l’estate prossima si sta preparando la loro ripartenza per favorire esperienze di missione.

Far conoscere la Buona Novella

Suor Elisa Kidane, che dirige il Centro missionario diocesano, evidenzia che missionarietà è l’impegno a far conoscere la Buona Notizia, da narrare con la propria vita e in questo ottobre missionario invita a riflettere anche sul sacrificio di tanti laici, religiosi e sacerdoti uccisi mentre portavano l’annuncio del Vangelo in contesti difficili. Il pensiero della religiosa, va in particolare alla consorella suor Maria De Coppi, uccisa a Chipene, in Mozambico, nella notte tra il 6 e 7 settembre scorso. “La morte di suor Maria ci ricorda che sono ancora tante le persone che soffrono e muoiono a causa di ingiustizie - osserva suor Elisa -, che tanto lavoro c’è ancora da fare, da parte di tutti. Papa Francesco, nel suo messaggio per questa Giornata mondiale, invita tutti noi a testimoniare la novità di Cristo, non solo i missionari".

Suor Rosanna e l'annuncio del Vangelo in Amazzonia

Tra quanti riceveranno il mandato missionario suor Rosanna Marchetti, missionaria dell’Immacolata, che ha già alle spalle un’esperienza ultradecennale in Brasile e che ora tornerà in Amazzonia.

Ascolta l'intervista a suor Rosanna Marchetti

Con quale stato d'animo si prepara a ripartire per l'Amazzonia?

Direi che sento nel cuore una grande gioia. Un desiderio di partire e di ricominciare di nuovo questa vita pastorale. Non so cosa mi aspetterà là, però sicuramente il sentimento che nutro in questo momento è gioia.

Che cosa significa per lei tornare in quei luoghi?

Io ci sono già stata quattordici anni e poi sono dovuta rientrare in Italia per un servizio all'Istituto di cui faccio parte. Quindi, questo ritornare per me è un nuovo inizio, perché, dopo dieci anni, anche in Brasile sono successe tante cose: la pandemia, adesso è in atto il cambiamento del governo e sicuramente anche il cammino della Chiesa, alla luce di Querida Amazonia, è cambiato. E quindi c'è una novità che mi aspetta e che sono contenta di conoscere. E poi anche la Chiesa in Brasile sta camminando nello stile della sinodalità, ci sono incontri, e quindi, rientrare in questo cammino, che sicuramente è andato avanti, è la scelta più bella.

Di cosa si occuperà, in particolare?

Normalmente, nell’attività che svolgiamo in Brasile e in Amazzonia, ci occupiamo di attività pastorali, quindi ci inseriamo nella Chiesa locale, incontriamo le persone, formiamo i leader di pastorale, di movimenti, i coordinamenti delle comunità. Si tratta di un'attività di formazione e di accompagnamento della Chiesa locale, sia a livello parrocchiale e a volte anche a livello diocesano.

Quattordici anni già trascorsi in Amazzonia, gli ultimi dieci in Italia, adesso il rientro in Brasile, che cosa donerà alla gente che incontrerà?

Penso che la ricchezza più grande è la nuova esperienza che ho fatto in Italia. Quando si va in missione e si rimane per 14 anni si diventa un po’ parte del popolo del luogo in cui si è stati inviati, dunque tornare in Italia è un nuovo inserimento. Qui in Italia, e soprattutto a Roma, ho ricevuto tanto a livello spirituale, e ho imparato molto anche dalla Chiesa di Roma. Ho pure aiutato il Centro Missionario in diverse attività. Quindi ritornare in Brasile è un po' tornare rinnovata. Ciò che donerò alla gente è l'esperienza, l'esperienza che ho fatto qui in Italia, ma anche la mia fede, il mio cammino. In realtà, la missione, più che un donare a senso unico è un donare e un ricevere. Quindi anche la gente che incontrerò mi donerà le esperienze fatte in questo periodo in cui non ci sono stata.

Che cosa significa essere missionario oggi, per lei?

Essere missionario credo che abbia due dimensioni: la prima essere testimoni, quindi essere coerente con il Dio in cui crediamo, con la nostra fede, con i nostri valori; la seconda, che a mio parere oggi è importante per un missionario - sia in Italia che all'estero -, è l’atteggiamento di dialogo e il desiderio di incontro con l'altro. Perché l'altro è sempre una sorpresa, è sempre un mistero, un mistero nel quale incontriamo Dio. Quindi, questo desiderio di incontrare l'altro, secondo me, ci fa missionari: uscire da noi stessi per incontrare l'altro che ci sta davanti, con la sua cultura, con le sue abitudini, con la sua fede, le sue tradizioni.

Padre Fabio e la missione in Messico

Anche padre Fabio Bamminelli, della Comunità Missionaria di Villaregia riceverà il mandato missionario. Raggiungerà la prossima settimana Lima, in Perù. È già stato in missione in Messico e in questi ultimi sette anni ha collaborato con il Centro Cooperazione Missionaria.

Ascolta l'intervista a padre Fabio Bamminelli

Lei ha trascorso sette anni in Messico, che tipo di esperienza ha vissuto?

È stata un’esperienza di incontro con la gente, in modo particolare ho lavorato nella parrocchia che ci è stata affidata nel Texcoco. Ed è stato bello vedere come, poco a poco, abbiamo imparato con la gente a fare pastorale. Erano gli anni in cui anche Papa Francesco iniziava il suo ministero ed è stato bello imparare da lui ad essere Chiesa in uscita e vivere quest’entusiasmo con la gente. Di fatto, poco a poco, l’esperienza di conoscenza, prima, agli inizi, con l'apprendimento della lingua, con la conoscenza delle persone, mi ha permesso di potermi inserire, conoscere. E poi è stato bello con le persone imparare a trovare le modalità per poter evangelizzare. Una delle prime cose che ci ha detto il vescovo di Texcoco è che la gente aveva bisogno, soprattutto, di evangelizzazione, prima di qualsiasi altro aiuto. Ed è stato proprio questo che abbiamo cercato di fare, rendendoci conto che tante persone magari avevano più una devozione popolare - che abbiamo scoperto come una base, una risorsa - però conoscevano poco del Vangelo. Ed è stato qualcosa che ci ha guidato e ci ha permesso di fare un'esperienza con loro di arricchimento reciproco.

Nel 2015, è rientrato in Italia e adesso raggiungerà il Perù, che cosa vuol dire per lei questa nuova missione?

Anzitutto è una gioia grande poter conoscere un altro popolo, mettersi a servizio di un altro popolo. Da una parte, per me, c'è il vantaggio di conoscere la lingua, perché, a parte poche parole che dovrò apprendere, la lingua è il castigliano che già parolo, ma è importante anche imparare dalle persone. Tuttavia, mentre nell'altra esperienza, studiare la lingua mi ha permesso di inserirmi, qui avrò bisogno di avere il tempo e la pazienza di imparare dalla gente, imparare le loro tradizioni, e mettermi davvero in ascolto. Quindi, parto con questo desiderio, anzitutto, di imparare, e anche di imparare come mettersi insieme a servizio del Signore. In questi ultimi anni, considerando tutto ciò che sta avvenendo, c’è la necessità di guardare in modo nuovo al servizio del Vangelo. Per questo inizio col desiderio di poter imparare con la gente una nuova modalità per relazionarmi, in una nazione nuova per me, in un contesto nuovo. Dunque, parto con entusiasmo e col desiderio di saper attendere, sapere ascoltare e di imparare.

Quanto c'è bisogno, oggi, di braccia per le missioni?

Ovviamente di braccia per le missioni c'è bisogno, direi, a 360 gradi. Braccia da intendere non soltanto, come forse tante volte si pensa, come un aiuto un materiale, ma a partire da una testimonianza che quotidianamente possiamo dare, sia dell'esperienza cristiana che della necessità di testimoniare il Vangelo alle tante persone che oggi ancora non lo conoscono. Quindi c'è bisogno, come diceva Papa Francesco, già fuori dalla porta di casa. La Chiesa in uscita è quella che esce andando verso le persone. Questo già è un ambito di missione. Già in casa nostra possiamo fare missione, rendendo una testimonianza ai nostri familiari, alle persone con le quali collaboriamo, lavoriamo, che abbiamo più vicine. Certamente non sarebbe giusto fermarci soltanto a un livello, diciamo, locale, perché in tanti non hanno ancora ricevuto l'annuncio del Vangelo e quindi è importante che braccia, cuori, bocche possono arrivare anche più lontano. Io vado in Perù, ma si può fare qualcosa a vari livelli, non soltanto muovendosi fisicamente, ma anche con la propria testimonianza, con la preghiera, con la collaborazione di tanti - e deve essere di tanti -, e anche con la condivisione. L'aspetto materiale, spesso, forse, viene identificato come prioritario, ma non è l'unico. Perché se può aiutare al sostegno delle attività di evangelizzazione, non è l’unica cosa da fare. Dunque c’è bisogno di tante braccia. Perché la missione è la vita della Chiesa, senza missione la Chiesa non può vivere.

Quanto è importante far conoscere le missioni?

Credo che sia importante anche per imparare - e penso questo valga per tutta la Chiesa - dalle missioni. Ultimamente, sempre di più si è parlato di un paradigma missionario che deve illuminare anche la nostra pastorale ordinaria. E ritengo che questo scambio avvenga soltanto conoscendo. Certamente occorre un lavoro di sensibilizzazione e animazione missionaria, ma anche invitare a spostarsi, a muoversi, ad andare per imparare. Tante volte, con un atteggiamento forse un po' riduttivo, si pensa: vado per fare qualcosa, anche un’esperienza breve. È vero che si può fare qualche cosa, poco o tanto, però è vero che si va anche per imparare a conoscere e imparare a vedere.

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15 ottobre 2022, 08:00