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Dialoghi teologici a Rijeka, per una "responsabile libertà di pensiero e parola"

Si è aperta ieri in Croazia, a Rijeka-Fiume, la settimana degli “Incontri teologici del Mediterraneo“, promossa dall'arcivescovo coadiutore Mate Uzinić. Protagonisti 35 studenti cattolici, ortodossi e protestanti dei Balcani ma non solo, e 5 docenti di diverse confessioni cristiane. Nella prima serata la presentazione dell'edizione croata del libro di monsignor Benoist de Sinety, già vicario generale a Parigi, “Bisogna alzare la voce. L'accoglienza dei migranti”

Alessandro Di Bussolo – Rijeka (Croazia)

Un terzo incontro di giovani teologi in Croazia, 35 cattolici, ortodossi e protestanti dai Balcani ma non solo, che vuol essere “espressione della libertà, che viene da Cristo, dalla morte e da ogni ostacolo del male, libertà di pensiero e di parola, soprattutto teologica”. L’arcivescovo coadiutore di Rijeka-Fiume Mate Uzinić ha spiegato così, all’apertura di lunedì 10 luglio, il significato degli “Incontri Teologici del Mediterraneo”, una settimana di lezioni, dibattiti, lavori di gruppo e incontri pubblici sul tema “Libertà e responsabilità per la parola pronunciata”. Un’esperienza che prosegue quella della “Scuola estiva di Teologia” promossa nel 2019 e 2021 a Dubrovnik dallo stesso Uzinić, quando era vescovo della città dalmata, e da un gruppo di teologi, storici della Chiesa e biblisti che lo ha seguito anche a Rijeka.

Uzinić: troppe parole di intolleranza nello spazio pubblico

Nella sala della Domus Laurana dell’arcidiocesi, che guarda il golfo del capoluogo del Quarnaro, l’arcivescovo ha sottolineato di augurarsi “che questi incontri a Lovran siano una testimonianza della luminosa certezza cristiana di essere liberi nel pensiero e nella parola, durante le conferenze e i dibattiti, durante la socializzazione, nelle nostre conversazioni, e di trattare noi stessi e gli altri con libertà responsabile, senza autocensure e censure”. Perché, ha ricordato, “Il nostro spazio pubblico e lo spazio di comunicazione (sia religioso che ecclesiastico) sono avvelenati da chiacchiere, abusi a buon mercato e persino volgari di parole grandi e sante: Dio, Gesù, Vangelo, Madonna, vita... E allo stesso tempo, attraverso questi torrenti di parole, si semina tanta intolleranza, tanta condanna, tanto odio”.

L'arcivescovo Uzinic con alcuni studenti di teologia protagonisti degli Incontri Teologici del Mediterraneo
L'arcivescovo Uzinic con alcuni studenti di teologia protagonisti degli Incontri Teologici del Mediterraneo

E troppo silenzio su ingiustizie dei potenti e corruzione

Uzinić ha lamentato che oggi, molti appartenenti al popolo di Dio “sono trascinati nel comodo clericalismo, nell'ideologia del ritiro preconciliare”, quella che Papa Francesco definisce "indietrismo", “nel populismo religioso, di fatto in un ‘silenzio peccaminoso’ sulle cose e le ingiustizie dei grandi e dei potenti, sul dio denaro, sui poteri malvagi e sulla corruzione, che dovremmo profeticamente denunciare, mentre dall'altra parte ci occupiamo con tanta leggerezza di pesanti parole morali di condanna di quelle persone piccole e ordinarie che già faticano ad affrontare i loro problemi di vita quotidiana e la loro debolezza umana segnata dal peccato”.

La libertà dei santi di quartiere e dei martiri-teologi

L’arcivescovo Uzinić ha invitato a guardare ai tanti santi di quartiere, come li chiama il Papa “che lottano ogni giorno in modi diversi per la mera sopravvivenza, e che tuttavia si muovono liberamente in questo mondo, parlano liberamente di sé e degli altri perché sono liberi in sé”. E a martiri-teologi come Dietrich Bonhoeffer o Martin Luther King, Oscar Romero o don Pino Puglisi. Perché la parola del teologo è sempre "urlante", “dirompente-annunciatrice, predicatrice-insegnante e profetico-provocatoria. Non può essere neutrale”.

Parole di perdono per fermare il vortice del male

Il presule si è augurato che questi giorni siano quelli della “riscoperta del dono di quella parola libera e responsabile che dà la gioia di vivere, per la parola d'amore con cui Dio ama l'uomo e il nostro mondo”. Un amore che “ispira anche parole di perdono per fermare il vortice del male e della vendetta, che diventa particolarmente difficile quando le armi parlano, e purtroppo parlano anche oggi”. E che è capace “di essere l'origine di un mondo migliore, un mondo che non sarà più un mondo di odio e di guerra, ma diventerà un mondo” in cui far crescere quel piccolo, “impercettibile seme di senape del regno di Dio che Gesù Cristo ha seminato”, dove "non ci sono esclusi e c'è posto per tutti”. Amore che infine ispiri “i nostri Incontri Teologici Mediterranei. Che ispiri i nostri discorsi, soprattutto quelli dei nostri relatori, professori e teologi, affinché tutte le nostre parole siano espressione di una responsabile libertà di parola”.

Studenti e ospiti alla prima lezione della teologa Heimbach-Steins
Studenti e ospiti alla prima lezione della teologa Heimbach-Steins

Prima lezione alla teologa tedesca Heimbach-Steins 

Gli Incontri sono poi proseguiti con la lezione proposta dalla teologa cattolica tedesca Marianne Heimbach-Steins, direttrice dell’Istituto per la dottrina sociale Cristiana della Facolta di teologia Cattolica a Münster, e membro del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK). Tra le sue numerose opere, ricordiamo il manuale sull’Etica sociale cristiana, uscito nel 2004-2005 e I limiti della giustizia sociale. Migrazione – appartenenza – partecipazione” nel 2016.

L'edizione croata del libro sui migranti di Benoist de Sinety

In serata il primo incontro pubblico, che ha riempito la sala della Domus Laurana, dedicato alla presentazione dell'edizione croata del libro di monsignor Benois de Sinety, già vicario generale a Parigi, “Bisogna alzare la voce. L'accoglienza dei migranti, appello al coraggio”, uscito in francese nel 2018 e purtroppo non ancora tradotto in italiano. Durante il suo viaggio aereo verso la Gmg di Panama, nel gennaio 2019, il Papa ha ricevuto il volumetto da un giornalista e lo ha letto. Al suo arrivo a Panama lo ha consigliato ai vescovi latinoamericani, e ha poi ricevuto la delegazione di giovani di Parigi che de Sinety accompagnava, definendo il suo lavoro “un vero gioiello”.

L'autore: un grido contro le ingiustizie e i silenzi dei cristiani

Intervenuto con un video perché impegnato nel Cammino di Santiago, l’autore - già responsabile dell’ufficio migranti dell’Arcidiocesi di Parigi - ha ricordato di essere stato alcuni mesi a Mostar durante la guerra dei Balcani, tra il ’93 e il ’94, e il disastro “che può avvenire quando il cuore dell'uomo è invaso dalla paura, dalla rabbia, dall'odio”. Questo libro, ha spiegato, “è stato per me come un grido. Un grido di fronte al modo profondamente ingiusto in cui il nostro mondo costruisce la propria prosperità. Un grido anche di fronte alla debolezza di reazione dei cristiani nella loro maggioranza di fronte a questa ingiustizia”.

Alzare la voce in difesa degli esclusi

Commentando il tema degli Incontri Teologici del Mediterraneo, ha citato Jean Paul Sartre: “Ogni parola ha una conseguenza. Ogni silenzio ha anche una conseguenza”. È quindi importante, ha aggiunto, “soprattutto per i cristiani e per tutti coloro che cercano di amare il prossimo, alzare la voce quando si tratta di persone escluse, in questo caso i migranti. Cosa ci impedisce di alzare la voce? Credo che sia innanzitutto il nostro stesso disagio nei confronti di una situazione come quella dei migranti, che non comprendiamo bene e per la quale riteniamo non ci sia una soluzione semplice. Di conseguenza, rimaniamo in silenzio, con un certo senso di colpa”.

Il tavolo dei relatori alla presentazione del libro di Benoisty de Sinety
Il tavolo dei relatori alla presentazione del libro di Benoisty de Sinety

Padre Perica: nei Balcani la gente vuole accogliere

Sono intervenuti poi padre Stanko Perica, direttore regionale del Jrs (Jesuit Refugee Service), frà Stipo Kljajić, minore biblista della Facolta' teologica di Zagabria, la traduttrice suor Vesna Zovkić, piccola sorella di Gesù e impegnata nella pastorale dei migranti, ed Ernada Avdibegović, assistente sociale e attivista per la pace. Abbiamo chiesto a padre Perica di parlarci del valore del libro di Benoist de Sinety per scuotere le coscienze dei Paesi coinvolti nel dramma dei migranti della Rotta balcanica.

Ascolta l'intervista a padre Stanko Perica (Jrs)

Perché come Jesuit Refugee Service regionale avete voluto tradurre in croato e poi pubblicare il libro di Benoist de Sinety?

Il libro parla della sua situazione in Francia dopo la crisi migratoria degli anni 2015-2016. Sono passati un po' di anni, ma come sappiamo qui nella regione sud-est Europa la situazione non è cambiata tanto, perciò il libro da’ ancora messaggi molto importanti. Infatti parla di una situazione di passività che l'autore nota in Francia durante la crisi e questa passività, purtroppo la notiamo anche noi nella nostra regione si dovrebbe e si potrebbe fare molto di più, si potrebbero accogliere più persone, si potrebbero aprire più porte. Noi vorremmo dire che c’è gente che davvero vuole aiutare, vuole coinvolgersi e perché non dare l'opportunità a questa gente di farlo, di esprimersi come cristiani come gente che vive per gli altri?

Questo libro è un grido, ha detto l’autore anche nella vostra presentazione, davanti all'ingiustizia di un mondo che costruisce la sua prosperità sulla pelle di chi poi è costretto a migrare. È ancora troppo il silenzio dei cristiani davanti a queste ingiustizie?

La situazione dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ci mostra che c'è tanto affetto, c'è tanta empatia della gente anche qui nella nostra regione. Abbiamo accolto molti ucraini, abbiamo aiutato davvero molte persone. Si è dimostrato così che la nostra gente davvero è aperta, ma purtroppo, troppo spesso non abbiamo l'opportunità di aprirci, non c'è tanta possibilità di incontrare gli altri, ancora non li conosciamo, ancora sono stranieri per noi. Questo libro ci aiuta ad incontrare questi stranieri e straniere, a vedere che possiamo aprirci, possiamo impegnarci, possiamo fare molto di più e sarebbe un peccato non fare di più. Perché l'autore compara la situazione in Francia con alcuni altri Paesi dove si è fatto molto di più. Lo stesso possiamo fare qui nella nostra regione, vedendo che gli altri Paesi hanno fatto davvero molto di più, hanno accolto più persone, hanno aiutato di più. Purtroppo, noi qui siamo diventati famosi per la Rotta balcanica, dove succedono cose che nel ventunesimo secolo non dovrebbero succedere, come le violenze alla frontiera e così via. Perciò spero che la voce di questo libro aiuterà a cambiare tutto questo, ad essere cristiani più onesti.

Ma se c'è questa disponibilità all’accoglienza da parte della gente, nel proprio animo, chi impedisce questo incontro?

Si tratta di un problema politico, di un problema dello Stato. Infatti per esempio in Croazia, fino all'anno scorso, soltanto più o meno 40 persone ricevono asilo ogni anno, e i Paesi vicini come Serbia e Bosnia ed Erzegovina anche di meno, forse al massimo 5 persone all'anno. Sono numeri davvero vergognosi, perché non siamo Paesi così poveri, siamo Paesi abbastanza grandi e abbastanza ricchi e Paesi con la gente con un cuore abbastanza grande, che vuole aiutare, vuole coinvolgersi, ma purtroppo a causa della politica, a causa di questi atteggiamenti degli Stati, non abbiamo l’opportunità di farlo. E questo è un peccato.

Grazie a questa disponibilità, questo cuore, sono stati accolti anche, in questi mesi, dei profughi ucraini. Qual è la situazione sul terreno, anche nei campi profughi che voi seguite come Jrs?

Ultimamente di nuovo cresce il numero delle persone nei campi, soprattutto in Bosnia ed Erzegovina. Di nuovo i campi a Sarajevo e a Bihac si riempiono di profughi e di nuovo c'è bisogno del nostro coinvolgimento. Siamo presenti lì e aiutiamo come anche le altre organizzazioni, ma putroppo non è ancora cambiato il sistema migratorio, che è ancora molto caotico. Manca l'accoglienza, manca la possibilità di avere vie legali e l’opportunità di arrivare in Europa senza dover pagare i trafficanti, senza dover passare l'inverno sulle montagne dei Balcani. Spero che questo sistema cambierà e anche noi vogliamo coinvolgerci, alzare le nostre voci e di dire che questo sistema che esiste adesso non va bene, è troppo caotico, troppa gente soffre e qualcosa deve cambiare.

Quanto sono vere, nella sua esperienza personale, le parole del libro di de Sinety: “Incontrare uno straniero significa permettergli di diventare un fratello?”. La fratellanza tra gli uomini è la chiave di tutto, da tradurre in pratica?

Mi piace molto che de Sinety infatti non parla di cose astratte, non dice che i migranti sono buoni e perciò dobbiamo accoglierli, o non sono buoni e perciò non dobbiamo accoglierli. Lui semplicemente dice che i migranti sono coloro che suscitano le domande dentro di noi, per le quali dobbiamo cercare delle risposte. Ad esempio: perché questa nostra cultura di ricchezza, di individualismo è così come è? Perché in Europa anche i bambini possono avere i cellulari che costano così tanto che la gente in Africa dovrebbe lavorare un anno per poterli comprare? Perché abbiamo tante economie in Europa che guadagnano dalla produzione delle armi che dopo vendono nei Paesi da dove vengono i migranti. Allora la cultura che viviamo qui in Europa occidentale e centrale deve cambiare, si devono fare le domande e chiedersi perché c’è questa situazione. Sono contento che abbiamo adesso anche in lingua croata questo libro che fa queste domande e ci fa riflettere sulla situazione.

Accanto a padre Perica, anche frà Stipo Kljajić,, francescano minore, biblista della Facolta' teologica di Zagabria, che nella presentazione ha parlato delle fonti bibliche dell'atteggiamento e predisposizione all'accoglienza dello straniero e del migrante che i cristiani devono avere. Ecco come sintetizza per noi il suo intervento.

Ascolta l'intervista a frà Stipo Kljajić (Biblista)

Lei alla presentazione del libro “Bisogna alzare la voce. L’accoglienza dei migranti”, ha trattato il tema dell'accoglienza del diverso e dello straniero nella Bibbia. Sono lì le radici, le fonti per noi dell'accoglienza come urgenza per i cristiani di oggi. In quali passaggi in particolare?

Secondo me la Sacra Scrittura, la Bibbia, è un libro che è nato dall'esperienza umana e come tale per essa non è strana l’esperienza universale e umana della paura di quello che è lontano, che è strano, che non è conosciuto. La Bibbia parla molto spesso della paura degli altri come tali, perché divide quella esperienza umana universale. Secondo me nella Sacra Scrittura ci sono quattro fondamenta principali sulle quali si basano e sono stati costruiti i comandamenti che riguardano i migranti e gli stranieri. Il primo principio è la fede in Dio che è il Creatore di tutto il mondo. Se tutto è stato creato da Dio Cristo, vuol dire che tutti gli uomini sono fratelli e sorelle, e la fraternità è proprio la chiave di tutto. Di questo parla Papa Francesco e anche il nostro autore Benoist de Sinety. La fraternità è stata al principio, mentre era lo Shalom primordiale e la fraternità universale sarà anche alla fine del mondo in Eskaton come tale. Allora se tutti gli uomini sono fratelli e sorelle questo vuol dire che per Dio non esistono gli stranieri, perché lui è il padre di tutti gli uomini, il creatore di tutti. E c’è anche una cosa che non è facile da accettare: i nostri nemici non sono allo stesso tempo, oppure necessariamente, i nemici di Dio. Perché noi molto spesso abbiamo l’opinione che il mio nemico è allo stesso tempo il un nemico di Dio, ma non è così. Il secondo fondamento principale è la nostra posizione sul mondo: se tutto il mondo è stato creato da Dio, come tale è stato fatto agli uomini che devono custodirlo. Gli uomini sono soltanto i guardiani del mondo. Allora gli uomini sono sopra il mondo ma non hanno il mondo nelle loro mani. Questo vuol dire che la nostra proprietà non è una proprietà eterna, è soltanto una proprietà per un tempo, e il proprietario principale è sempre Dio. Anche il possedere per esempio la Terra promessa, è soltanto di una cosa che si può chiamare anche il principio secondario, non principale.

Due docenti degli Incontri Teologici del Mediterraneo, Heinbach-Steins e Cyril Hovorun, davanti al golfo di Rijeka
Due docenti degli Incontri Teologici del Mediterraneo, Heinbach-Steins e Cyril Hovorun, davanti al golfo di Rijeka

La terza esperienza che è stata vissuta da quasi tutti gli uomini nella sacra scrittura è l’esperienza del cammino, dell'esodo e così via. Perché le grandi figure bibliche, cominciando da Noè, Abramo, Mosè e Giuseppe d’Egitto, Maria e Giuseppe e anche Gesù incluso, sono stati migranti, sono stati stranieri per gli altri. Gesù come tale comprende se stesso proprio come uno straniero che abita su questo mondo. Per i cristiani la patria principale dovrebbe essere la patria celeste, ma noi cristiani dobbiamo continuare la creazione divina e, certo, condividerla con gli altri. Perché la patria terrena appartiene a tutti, non soltanto a me o a noi. E il quarto principio, secondo me principale, è il cambiamento del paradigma vicini - stranieri che è stato fatto da Gesù stesso. Lui formalmente non annulla questa divisione, questo discernimento tra i vicini e gli stranieri, ma cambia radicalmente i principi, secondo i quali si fa quella divisione. Per lui il mio vicino non è necessariamente quello che appartiene al mio popolo o ha la mia stessa fede, ma è quello che ha bisogno di me, che ha bisogno del mio aiuto, del mio amore. Il regno di Dio, cioè il regno di Cristo. Non è stato basato sui criteri territoriali, e nemmeno nazionali e nazionalistici, ma sui criteri universali e nel Regno di Dio molto spesso gli stranieri sono i miei vicini. La persona che ha bisogno di me è il mio vicino. E allo stesso tempo io sono vicino alle persone del cui aiuto ho bisogno. Penso che proprio su queste radici sono basati tutti i comandamenti che riguardano gli stranieri, e anche i vicini, nella Sacra Scrittura, cioè nella Bibbia.

Quanto è vera, nella sua esperienza personale, la frase di de Sinety: “Incontrare uno straniero significa permettergli di diventare un fratello”?  Quindi quando è importante l'incontro in tutto questo?  

Secondo me l’incontro è proprio molto importante, e questo si vede anche quando si parla delle comunità che sono state costruite dalle persone vicine. Perché all'inizio quasi tutti gli uomini che noi non conosciamo, per noi sono in un certo senso degli stranieri. E’ soltanto attraverso degli incontri che le persone da stranieri possono diventare proprio vicini. Questo è praticamente l’unico modo per alzare le nostre barriere e i nostri pregiudizi che ci siamo costruiti noi stessi. Io non vedo altro modo che quello di andare avanti e fare tutto quello che è possibile in modo che tutti insieme diventiamo proprio vicini.

Vicini che poi devono essere fratelli… quindi fratellanza da mettere in pratica è il cuore del futuro di un mondo di pace?

Proprio così, il primo passo è diventare vicini e il secondo diventare fratelli. E’ proprio impossibile diventare fratelli gli uni degli altri senza prima essere vicini, cioè senza incontri.

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12 luglio 2022, 16:58