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Anonimo lucchese, Rinvenimento del corpo di san Davino, 1400 – 1424,  Collezione H. Acton, Firenze Anonimo lucchese, Rinvenimento del corpo di san Davino, 1400 – 1424, Collezione H. Acton, Firenze 

San Davino Armeno, pellegrino di Cristo

Il 3 giugno ricorre la memoria di un santo di origini armene molto amato a Lucca: san Davino che, nella città toscana, fu accolto e curato e che nel suo breve soggiorno si diede completamente a opere di carità e assistenza

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

Tra i tanti santi di origine armena presenti in Italia, da nord a sud, emblematico è san Davino, sepolto e venerato a Lucca. Il nome Davino sembra essere la corruzione del nome Dawit‘ (Davide) oppure Zawēn, o ancora “originario di Dvin”. Quello che sappiamo di lui, a parte i racconti agiografici, cioè le vite dei santi, sono le tracce sul suo corpo mortale, recentemente studiate attraverso ricognizioni paleopatologiche effettuate dall’Università di Pisa. Ciò che stupisce è l’effettiva corrispondenza tra tradizione ed evidenza scientifica, ad esempio nei segni di ferite e di cure chirurgiche riscontrate sul suo cranio, che darebbero ragione di alcuni episodi della sua vita e del motivo per il quale il santo viene invocato per guarire le emicranie.

L'itinerario di fede

Secondo il martirologio romano, Davino avrebbe venduto i suoi beni terreni per rendersi “pellegrino di Cristo”. Fu prima in Terra Santa, poi a Roma per venerare il velo della Veronica e le basiliche degli Apostoli. La sua intenzione era quella di proseguire fino a Santiago de Compostela, sulla tomba di Giacomo.

Durante il viaggio fu ferito alla testa, si fermò quindi a Lucca dove venne ricoverato prima nell’ospedale di San Michele in Foro, poi accolto dalla vedova Atha, che si convertì.  Si ammalò e morì poco dopo, il 3 giugno del 1050. Tradizionale luogo della sua morte è in via Calderia, poco più a nord di piazza San Michele, che divenne luogo di pellegrinaggio come lo divenne quello di sepoltura, dal quale spuntò una vite miracolosa, capace di guarire i malati. Si racconta anche che dell’incenso bruciasse misteriosamente durante la notte.

Devozione crescente

Intorno alla sua figura si moltiplicano i segni della sua devozione e dei suoi miracoli. Il vescovo Anselmo, poi papa Alessandro II, fece riesumare il suo corpo e traslato all’interno della chiesa di San Michele, presso l’altare di San Luca, vicino all’ingresso, dentro “un’arca di terra”. Canonizzato da papa Alessandro III nel 1159, la sua fama di santità crebbe sempre più, attirando numerosi pellegrini tra i quali molti suoi conterranei, soprattutto tra il XVI e il XVII secolo. Le sue spoglie mortali, trovate incorrotte, verranno più volte spostate fino a trovare definitiva collocazione, presso l’altare maggiore, sotto il Crocifisso, nel 1592.

Esempio di accoglienza e carità

Davino fu un uomo che si fece povero per donarsi agli altri. Santo della carità, si mise al servizio degli infermi di quello stesso ospedale che lo aveva accolto e curato. Un pellegrino, il cui itinerario ricalca lo stesso celebre cammino medievale di Santiago. A Lucca dovette attirarlo il Volto Santo, tappa devozionale fondamentale lungo la via Francigena. Davino contribuì con la sua figura ad alimentare quel flusso incessante di pellegrini che determinò anche un mutuo scambio tra gli uomini, circolazione di idee e soprattutto diffusione di fede.

Una tradizione millenaria

Il territorio di Lucca era organizzato da una fitta rete di ospedali e confraternite che assicuravano cibo e assistenza. Una lunga e importante tradizione di accoglienza mai venuta meno. Tra i pellegrini moltissimi erano armeni. La presenza di comunità di origine armena si registra in Italia fin da epoche antiche, fin dal VI secolo. All’inizio si tratta di militari e funzionari, poi commercianti. Nel corso del tempo nascono monasteri e luoghi di culto. Numerosi sono i santi armeni che ricordiamo ancora oggi nella memoria liturgica. I nomi sono molti. Ricordiamo anche Davino, dalla breve ma intensissima vita.

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03 giugno 2022, 09:00