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Interruzione di nutrizione e idratazione artificiali in ospedale Interruzione di nutrizione e idratazione artificiali in ospedale

Tutela della vita, Regno Unito: appello dei vescovi al governo

I presuli scrivono al Ministro della Sanità esprimendo la loro preoccupazione per l'interruzione dell'idratazione e della nutrizione artificiale che tiene in vita un cittadino polacco ricoverato in un ospedale di Plymouth

Lisa Zengarini - Città del Vaticano

Nel Regno Unito fa discutere la recente decisione dei giudici di autorizzare l‘interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione assistita a un cittadino polacco ricoverato in coma in un ospedale a Plymouth a seguito di un infarto lo scorso novembre. Al paziente, conosciuto solo con le iniziali R.S. per motivi di privacy, erano stati già interrotti i supporti vitali alla vigilia di Natale, dopo il via libera del Tribunale di Tutela (Court of Protection), ma la decisione era stata sospesa in seguito all’intervento del Governo polacco e ai ricorsi della famiglia alla Corte europea per i diritti umani e alla Corte di appello britannica. I ricorsi, in cui si chiedeva la possibilità di far ascoltare dai giudici alcuni specialisti secondo i quali l’uomo potrebbe recuperare in parte le sue facoltà e, in seconda battuta, il suo trasferimento in Polonia per proseguire le cure, sono stati respinti.  L’alimentazione e l’idratazione sono state quindi nuovamente sospese.

Lettera al Ministro della Sanità

Sul caso sono intervenuti i vescovi inglesi e gallesi che hanno indirizzato una lettera al Ministro della salute Matt Hancock per esprimere la loro opposizione alla decisione e la loro solidarietà alla famiglia e ai vescovi polacchi che, insieme al Governo di Varsavia, hanno chiesto il trasferimento in Polonia di R.S.

La missiva, firmata da monsignor John Sherrington, responsabile per le questioni pro-life della Conferenza episcopale inglese e gallese (Cbcew) e da monsignor Mark O’Toole, vescovo di Plymouth, ribadisce che l’alimentazione e l’idratazione assistita non possono essere considerati alla stregua di un trattamento medico, bensì come un sostegno vitale ordinario: “Somministrare cibo e acqua, anche artificialmente, a pazienti molto malati è una cura di base – affermano -. Tale cura deve essere prestata sempre, a meno che, da un punto di vista medico, non sia indicata come eccessivamente onerosa o inadeguata a raggiungere lo scopo”.

I due vescovi fanno inoltre notare che il signor RS non aveva rifiutato cibo e liquidi,  né aveva espresso un desiderio in questo senso qualora le circostanze rendessero l’alimentazione e l’idratazione artificiale necessarie e che non ci sono prove che le considerasse come un trattamento medico.

L’intervento dei vescovi polacchi

Nonostante la conclusione dell’iter legale, i due presuli si uniscono quindi alla richiesta del presidente della Conferenza episcopale polacca (Kep), monsignor Stanisław Gądecki, di trasferire R.S. in Polonia esprimendo l’auspicio che la famiglia possa decidere sulle cure da intraprendere.

 

 

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22 gennaio 2021, 11:12