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Papa Francesco: la vita contemplativa, fiaccola nel buio

Ricorre oggi la memoria liturgica della Presentazione al Tempio di Maria. In un tweet il Papa ringrazia le sorelle e i fratelli contemplativi perchè "sostegno dei deboli". Dal 1953, in questo giorno, la Chiesa celebra anche la Giornata Pro Orantibus invitando a pregare per i contemplativi. Stamattina l’incontro on line di tutti i monasteri d’Italia organizzato dal Segretariato Assistenza Monache. La badessa del monastero benedettino di Poffabro: "la malattia di oggi è la paura"

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

"Oggi ricordiamo la Presentazione di Maria al Tempio e celebriamo la Giornata #ProOrantibus. Grazie, sorelle e fratelli contemplativi, perché siete sostegno per i deboli, fari che segnalano il porto, fiaccole che illuminano la notte, sentinelle che annunciano il nuovo giorno". Così Papa Francesco in un tweet per l'odierna Giornata sul profilo @Pontifex.

Sono sempre più presenti nelle diocesi le comunità monastiche per le quali oggi, giorno in cui ricorre la Presentazione di Maria al Tempio, la Chiesa invita a pregare. Comunità che non sono state dimenticate in questi mesi in cui la pandemia di Covid-19 ha ridotto incontri e spostamenti. Sono innumerevoli le persone che ogni giorno si mettono in contatto con monasteri e abbazie per chiedere preghiere o per offrirne. Ovunque, insomma, i monasteri hanno continuato a essere fari di luce, punti di riferimento per tanti credenti, miniere di preghiera, luoghi in cui trovare parole di speranza e spunti per alimentare la fede.

La Presentazione di Maria al Tempio e la Giornata Pro Orantibus

L’annuale Giornata Pro Orantibus, istituita nel 1953 da Pio XII come giornata di preghiera e di ringraziamento per la vocazione contemplativa, è legata alla memoria liturgica del 21 novembre perché ricordare Maria, condotta nel Tempio dai genitori Gioacchino e Anna, mette in luce la sua appartenenza a Dio, il suo essere tempio di Dio, la dimora scelta dal Signore per incarnarsi. In questa offerta radicale della Vergine si riconosce l’ideale della vita consacrata, claustrale in particolare; per questo la Chiesa universale oggi prega per tutti i contemplativi: donne e uomini che alla preghiera hanno consacrato l’intera loro vita.

Il monastero benedettino di Poffabro

E contemplative sono le benedettine del monastero Santa Maria Annunciata di Poffabro, frazione del comune di Frisanco, in provincia di Pordenone, tra i borghi più belli d’Italia. La comunità religiosa è nata il 23 agosto del 1998, per volere dell’allora vescovo della diocesi di Concordia-Pordenone, monsignor Sennen Corrà, in quella che un tempo era una casa per ferie. Nei boschi della Val Colvara le monache benedettine hanno trovato un ambiente ideale, immerse nella natura, nel silenzio, ma con intorno tanti piccoli comuni.

L’erezione canonica del monastero è avvenuta l’11 luglio 2002 e oggi le 9 religiose della comunità le conoscono tutti a Poffabro e nei dintorni. Amate e apprezzate per la loro disponibilità al dialogo, per l’ospitalità offerta nella foresteria, ma anche per i loro manufatti e prodotti (soprattutto icone e marmellate), frutto di quel lavoro che San Benedetto raccomandava insieme alla preghiera, le monache di Poffabro si prodigano in vari modi per quanti chiedono aiuto, anche insieme al Banco Alimentare. E seppure l’emergenza sanitaria abbia provocato un drastico calo dell’affluenza di fedeli e pellegrini, il legame con le monache non si è spezzato, si è invece creata una rete di preghiera e la solidarietà non è venuta meno, spiega madre Gigliola Zagnetto, badessa del monastero:

Ascolta l'intervista a madre Gigliola Zaghetto

R. - Siamo in un luogo bellissimo, di montagna, viviamo in mezzo al bosco, siamo una piccola comunità di nove persone. Poco lontano da noi uno dei borghi più belli d’Italia; è un bel luogo, ecco. Quindi qui è il luogo ideale per una vita monastica, tranquilla e, insomma, anche silenziosa.

Come vi siete inserite nella diocesi?

R. - Beh, da subito la gente ha incominciato a venire su, in questo posto bellissimo, quindi abbiamo fatto molta amicizia. Prima del Covid, in tanti partecipavano alla liturgia, avevamo diversi gruppi che venivano alla preghiera o che chiedevano un incontro con le monache. Ci conoscono bene, ecco, nella diocesi e anche fuori.

In quali attività siete impegnate?

R. - Intanto accogliamo la gente che non trova più nessuno che ascolta, poche persone oggi ascoltano. Ho impressione che la nostra società non ascolti più niente. Hanno bisogno, magari, di una parola, di un volto che sorrida, di qualcuno che dica buongiorno. Noi siamo qui, per cui sanno che ci trovano sempre. Questo ci impegna molto e mi sembra sia anche una cosa buona, perché vedo che la gente va via più rasserenata. Non è che noi risolviamo i loro problemi, solo li ascoltiamo, magari condividiamo il loro dolore, preghiamo per loro. Poi abbiamo una piccola foresteria dove i pellegrini possono stare qualche giorno, magari per riflettere, per pregare, per fermarsi un momento. E ancora, naturalmente lavoriamo; facciamo un po' di tutto: oggetti di ceramica, icone, confetture con quello che abbiamo, se abbiamo frutta in sovrabbondanza.

Ma siete anche inserite in un circuito che vi consente di stare vicino alle persone più bisognose…

R. - Si, perché noi, d’accordo con il Banco Alimentare, preleviamo dai supermercati - quelli che hanno aderito - i prodotti che sono in scadenza, quindi buoni. Li andiamo a prendere due volte alla settimana e la comunità poi è impegnata in questo lavoro: mettiamo in ordine quelle cose che hanno, magari, qualcosa di non buono, alla verdura togliamo via le foglie più deteriorate, quindi prepariamo dei cestini per la spesa da distribuire. Poi c’è sempre qualcuno che va su e giù, che viene a ritirare i cestini per consegnarli a chi ne ha bisogno e così a uno che va in un paese diamo un cestino per quella persona, a un altro che va in un altro paese diamo la borsa per un altro, altri vengono a prenderla. Abbiamo un grosso giro che ci impegna molto, a dir la verità, però vedo che molte persone, e sono sempre più numerose, hanno bisogno di questo aiuto e quando non riusciamo ad accontentarli tutti o ad avvicinarli tutti, pensando all’abbondanza che c’è in giro, non arrivare a tutti è un po’ doloroso.

Che tipo di legame si è istaurato tra voi e la gente del posto?

R. - Beh, abbiamo un legame molto bello, la gente ci vuole tanto bene e noi vogliamo bene alla gente, si sentono voluti bene, perché altrimenti non tornerebbero. Se hanno qualche problema, magari anche personale, se hanno qualche difficoltà, trovano sempre il momento per venire su. Poi la gente ci conosce, sceglie la monaca con la quale parlare, nessuna di noi si propone. Quando vengono, se vogliono, parlano, si confidano. Ma anche ci aiutano a sopravvivere, perché con la loro provvidenza ci aiutano, non vengono mai a mani vuote, arrivano con quello che ci serve.

In che modo state vivendo questi mesi legati alla pandemia?

R. - Non viene su nessuno, o pochi, solo quelli del comune, adesso. D’altra parte si sono intensificate le telefonate, perché quelli che venivano su ci chiamano, se hanno bisogno, o per un saluto. Però per noi questo è un periodo favorevole perché possiamo dedicarci al bosco, fare qualche passeggiata con tranquillità, riusciamo ad organizzare meglio i nostri orari oppure anche i lavori nel bosco, raccogliamo la legna, curiamo l’orto. Prima questi lavori li portavano a termine i nostri volontari perché noi non ce la facevamo; adesso, invece siamo un po’ più organizzate per questo. Per il resto sentiamo questa grande paura della gente, che è la malattia più grossa secondo noi, perché ci è stata inculcata la paura. Va bene, è una pandemia, bisogna essere prudenti, ma penso che la gente è più malata di paura. Sentiamo questa angoscia della gente e tanti malati, abbiamo l’impressione, temono di non essere curati, proprio a causa di questa pandemia.

La gente, in questi mesi, cosa vi chiede in particolare?

R. - Di pregare, tutti i giorni. La gente chiede la nostra preghiera e poi prega per noi. Lo dicono tante persone e questo mi meraviglia. Questo è il tesoro che è rimasto sicuro a tutti nel cuore e nelle possibilità. Penso, che la preghiera sia un grido dell’anima, ognuno grida con la voce che ha e nella situazione in cui si trova. E Dio ascolta, perché non ha altro da fare che aiutarci e ascoltarci. La gente si trova a casa, per noi monache non è un problema, siamo sempre dentro, almeno questa è la nostra scelta, non abbiamo paura del silenzio, però la gente non è preparata e penso che questo sia un grande disagio. Forse mancano maestri che insegnino alla gente a rimanere sola e stare in silenzio. Però, ognuno deve cercare, magari, di ricavare un attimo di spazio nella propria giornata, perché questo aiuta a riprendere in mano se stessi, a vivere, a entrare nel ciclo della propria vita. Abbiamo una casa interiore che è tanto disabitata o ci serve solo come discarica perché abbiamo di tutto dentro, pensieri, paure, tutto, mentre invece dovremmo viverla nell’armonia. È questa la nostra vera identità, penso. La gente, forse non lo sa o forse non è abituata, forse non ci pensa, non so, e ha paura. Perché fermarsi è tremendo al giorno d’oggi, no? E questa pandemia costringe tutti a fermarsi. Non possiamo sempre andare dallo psicologo per manifestare le nostre angosce, le nostre paure; c’è anche un Maestro interiore che ci aiuta. “Non sarà più nascosto il vostro maestro” dice la Scrittura (Is 30,20, ndr); che ognuno cercasse di riscoprirlo, ecco. Magari anche ricavando qualche minuto della propria giornata, 5 minuti, 10, 20, non so. Proprio chiudere con tutto, fare questa grande pulizia del cuore, dell’anima, della propria casa, per starci, per vivere bene pienamente.

Che cosa significa per voi la Giornata Pro Orantibus?

R. - Beh, certamente è una giornata particolare. Noi quest’anno andiamo a celebrare la Messa in un santuario che è collocato sempre nel nostro comune, nei boschi, in un borghetto vicino a noi. È il santuario della Madonna della Salute. Pregheremo tanto per i malati.

Le iniziative del Segretariato Assistenza Monache

E oggi il Segretariato Assistenza Monache, ente collegato alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che da qualche anno organizza iniziative ed incontri, ha pensato per i monasteri di tutta Italia ad un incontro virtuale sulla piattaforma Zoom. Stamattina intervengono il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; monsignor José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione, che tiene una conferenza sul tema “Fratelli tutti e la vita contemplativa”, e suor Giuseppina Fragasso, vice presidente del Segretariato Assistenza Monache, che presenta la nuova sede romana per l’accoglienza delle monache bisognose di cure, Villa Nostra Signora della Meditazione nel Monastero del Sacro Cuore.

I monasteri e la pandemia

Sono diversi i monasteri che hanno vissuto momenti di difficoltà nel periodo del lockdown. Sono, ad esempio, diminuiti gli introiti derivanti dal commercio dei prodotti del loro lavoro. Non è mancata però la preghiera attraverso la quale i contemplativi hanno condiviso le sofferenze del mondo e sostenuto tante persone. Il Segretariato Assistenza Monache, che ha come mission quella di aiutare le situazioni difficili di monache e monasteri in Italia e all’estero, ha cercato in questi mesi di rispondere a varie necessità. 

 

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21 novembre 2020, 08:00