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 Papa Francesco in preghiera durante la Santa Messa a Bogotà, Viaggio Apostolico in Colombia Papa Francesco in preghiera durante la Santa Messa a Bogotà, Viaggio Apostolico in Colombia 

Colombia, monsignor Henao: non c'è riconciliazione senza giustizia e misericordia

Nelle terza Giornata della Riconciliazione nazionale del 3 maggio, che prende spunto dalla visita del 2017 del Papa in Colombia, la Chiesa del Paese si appella a tutti perchè diventino operatori di pace e continuino sul cammino intrapreso fatto di perdono, verità e giustizia

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

 "La riconciliazione è possibile!" Il forte messaggio lasciato in Colombia da Papa Francesco tre anni fa durante il suo Viaggio apostolico non è mai scomparso: è stato il passo che ha dato coraggio e motivazione ad un popolo pieno di dolore ma anche di coraggio e speranza. Un popolo che vuole impegnarsi nella conquista della dignità, della giustizia e della verità, senza lasciare nessuno indietro. Un percorso lungo e difficile che la Chiesa colombiana ricorda in particolare il 3 maggio di ogni anno, proprio a partire da quella data con Francesco: era l'8 settembre del 2017 a Villavicencio, l'occasione era il Grande Incontro di preghiera per la Riconciliazione Nazionale.

L'incontro con il Papa tre anni fa

Il Papa nel suo lungo discorso da "fratello" chiese alla Colombia di aprire il cuore "di popolo di Dio" e di lasciarsi riconciliare. "Non temere - disse - la verità né la giustizia" e al popolo lanciò un incoraggiamento: "non abbiate paura di chiedere e di offrire il perdono. Non fate resistenza alla riconciliazione che vi fa avvicinare, ritrovare come fratelli e superare le inimicizie. È ora di sanare ferite, di gettare ponti, di limare differenze. È l’ora di spegnere gli odi, rinunciare alle vendette e aprirsi alla convivenza basata sulla giustizia, sulla verità e sulla creazione di un’autentica cultura dell’incontro fraterno".

Purtroppo, specie nelle ultime ore, la Chiesa colombiana, attraverso i suoi vescovi, ha dovuto lamentare ancora lutti e violenze contro i contadini e i leader sociali che continuano ad essere assassinati, complice l'isolamento dovuto alla pandemia che nel Paese finora ha causato circa 300 morti su più di 7000 casi di contagio. Ma la Chiesa non arretra e si dice pronta, come ha affermato ieri l’arcivescovo di Bogotá, a dare la vita, se necessario "per difendere, e per annunciare il Regno e accompagnare la nostra gente che soffre".

Dunque come vivere la terza Giornata della riconciliazione con l'invito dei vescovi a farsi operatori di pace e a pregare affidando le famiglie, i governanti e il Paese intero a Dio? Ne abbiamo parlato con monsignor Héctor Fabio Henao - direttore del Segretariato di Pastorale sociale Caritas della Conferenza episcopale colombiana - che ci ha spiegato come dall'incontro del Papa appunto, tanto è stato fatto, ma che il Paese non è ancora riconciliato. Occorre lavorare a tutti i livelli anche sul fronte della giustizia e della misericordia: 

Ascolta l'intervista con monsignor Henao

R. - L'incontro con il Santo Padre tre anni fa, è stato un momento di grande fiducia. Ci voleva un messaggio di riconciliazione, un messaggio che significasse, per il popolo colombiano, una nuova opportunità di ritrovarsi, di incamminarsi verso quella società in pace che abbiamo voluto per anni. Il Papa ci ha incoraggiato, in una maniera molto particolare, a lavorare per la giustizia, a compromettersi per una vera dignità umana, per il rispetto di tutti quanti, in particolare di coloro che hanno sofferto per la guerra, ma senza chiudere la porta a coloro che si trovavano dalla parte della violenza. 

In quell'incontro speciale, il Papa vi chiese di non avere paura di offrire e di chiedere perdono e di lottare per la riconciliazione. A che punto è questo cammino di riconciliazione?

R.- L' incontro delle vittime col Papa a Villavicencio, è stato un momento di una riflessione molto profonda. Il Santo Padre davanti al Crocifisso mutilato che era stato portato dalle vittime da un piccolo paesino dal Pacifico, ha fatto una preghiera e ha incoraggiato a riconoscere che, al cuore della riconciliazione, si trova da una parte la chiamata di Dio e la risposta dell'essere umano, e dall'altra parte il riconoscimento della dignità di ognuno. Oggi penso che sono stati fatti tanti passi da quella visita del Papa, tantissimi gesti anche pubblici, di riconciliazione tra le vittime e gli aggressori e questo è un segno importante. C'è ancora molto, molto da fare in questo senso. Non siamo arrivati ad essere una società veramente riconciliata. C'è ancora un dolore profondo, una sofferenza che non finisce, c'è ancora tanto da fare per restituire la dignità a coloro che hanno perso tutto durante la guerra. Ma penso che la spinta del Papa a fare il primo passo, cioè a mettersi sulla strada della riconciliazione abbia dato dei risultati veramente straordinari. Il Papa ci ha fatto vedere che la riconciliazione è possibile e questo è stato il messaggio chiave della visita apostolica: la riconciliazione è possibile se tutti ci mettiamo la volontà, il cuore e i nostri sforzi.

Sempre durante quell'incontro, il Papa chiese di coniugare misericordia e giustizia, cosa molto delicata, una vera e propria sfida. Ecco, ad oggi che cosa si è fatto su questo fronte?

R.- Veramente è una grande sfida! Dopo l'accordo di pace si è posta subito la questione della  giustizia. Si è creata una giustizia "speciale" per la pace e si è iniziato a lavorare per dare una soluzione in termini di giustizia "transizionale" cioè una giustizia che guarda verso il passato, ma anche verso il futuro, per assicurarsi che non torneremo mai alle atrocità del passato: occorre creare cioè delle condizioni che garantiscano questo. Una giustizia che non è pensata solo come punizione, ma anche come riparazione della dignità e non soltanto individuale ma collettiva, dei territori e della popolazione che ha sofferto. Non è facile capire una giustizia di questo genere, perché tante volte si vorrebbe una punizione forte contro chi ha sbagliato e perciò la discussione attorno alla giustizia continua ad essere veramente una sfida. E poi, come lei ha detto e come ha detto il Santo Padre, bisogna mettere insieme la giustizia e la misericordia, perché la giustizia quando è soltanto giustizia non ripara.

Questa giornata, a tre anni dalla visita del Papa, dunque, cosa rappresenta per voi e cosa chiedete alla popolazione, alla nazione, ai governanti?

R. - Si tratta di una giornata che invita a mettersi davanti a Cristo, per riflettere sul significato della guerra che continua a distruggere, a mutilare l'immagine di Cristo nei più poveri, nei più abbandonati. Abbiamo iniziato una fase assai complessa del conflitto colombiano, sappiamo che da parte dello Stato si fanno tantissime cose e vogliamo che si rinforzino queste azioni per una vera protezione di tutte le comunità.

Quali sono i segni di speranza, di fiducia che lei intravede in questo percorso intrapreso?

R. - Mi sembra tanto importante vedere uomini e donne che hanno lasciato le armi e che continuano con una volontà ferma a rendere possibile la pace. E questo serve pure all'Esercito di liberazione nazionale e agli altri che continuano a lottare per dire che c'è sempre la possibilità di prendere posizione in favore della pace. E poi un'altra cosa che mi sembra molto molto positiva è il lavoro fatto nelle regioni rurali con i contadini. Lì lo Stato, le organizzazioni internazionali, la Chiesa e tanti attori civili lavorano insieme con coloro che erano prima combattenti, ma particolarmente con le comunità locali, per portare avanti dei progetti di sviluppo territoriale che siano veramente un segno di riconciliazione, un segno di pace. Ecco, mi sembra che questi piani di sviluppo territoriali siano un segno molto positivo. Si lavora con le comunità e queste comunità hanno preso  seriamente la decisione di andare avanti, di attuare una trasformazione molto profonda della loro esistenza. A questo punto, dunque, direi che ci sono tanti segni che ci  fanno vedere che possiamo continuare così. Certo restano dolori che ci colpiscono nel profondo ma dobbiamo anche riconoscere che abbiamo fatto un grande passo storico con le trattative di pace e l'implementazione è un segno grandemente positivo.

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03 maggio 2020, 08:00