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70.mo della Guerra di Corea. Monsignor Ki-heon: superiamo l’odio ideologico

In un messaggio per l'anniversario dello scoppio del conflitto il presidente della Commissione episcopale per la riconciliazione del popolo afferma: urge un immediato accordo di pace, "l’artefice principale per la costruzione di un cammino comune deve essere il popolo coreano”. E sulla pandemia: il Nord possa contare sull'aiuto di Seoul

Davide Dionisi - Città del Vaticano

“…e per riconciliarli tutti e due con Dio in un corpo unico mediante la sua croce, sulla quale fece morire la loro inimicizia”. E’ ispirato al capitolo due (versetto 16) della Lettera di San Paolo agli Efesini, il messaggio di Mons. Peter Lee Ki-heon, presidente della Commissione episcopale per la riconciliazione del popolo coreano, per la giornata di preghiera per l’unità nazionale che ricorre il 25 giugno, data in cui 70 anni fa iniziò il conflitto tra le due Coree.

Superare l'odio ideologico

“Il dolore della guerra è ancora vivo”, scrive il presule, “proprio perché lo scontro è stato devastante e molte persone hanno assistito ad episodi terribili che sono stati tramandati, attraverso i racconti, di generazione in generazione”. Secondo il presule “a settanta anni di distanza è giunto il momento di superare l’odio ideologico che ha contrapposto le parti e ha impedito ad entrambi i paesi di crescere e svilupparsi liberamente”. Il vescovo ha ricordato i numerosi tentativi fatti in questi anni per il raggiungimento della pace. “Tutti conclusi senza successo”. Le speranze erano riposte nella “Dichiarazione di Panmunjom” dell’aprile 2018 quando il presidente sudcoreano Moon Jae-in e il leader del Nord, Kim Jong-un, si sono solennemente impegnati in un vertice a firmare entro la fine dell’anno un trattato di pace per chiudere definitivamente la guerra e per arrivare alla completa denuclearizzazione della penisola. “E' stato un incontro emozionante e ha alimentato la speranza per un nuovo inizio. Ma quel summit non ha prodotto ancora frutti. E la responsabilità è da attribuire anche a chi nutre interessi nei confronti del nostro paese” denuncia Mons. Peter Lee Ki-heon.

Il popolo coreano, unico artefice del cammino di pace

Nel messaggio vengono segnalate le difficoltà di una nazione, “l’unica al mondo divisa in due parti e dove la guerra non è ancora finita”, che vede i suoi abitanti convivere con “forti limiti” in ambito democratico. Per questo “urge un immediato accordo di pace, anche se non è compito facile a causa dell’attenzione delle grandi potenze. Ma l’artefice principale per la costruzione di un cammino comune deve essere il popolo coreano. Dobbiamo lavorare insieme e cooperare”.

L'impegno della Chiesa

Il presidente della Commissione episcopale per la riconciliazione parla poi della situazione della Chiesa che, proprio a causa della divisione, si è vista costretta a non compiere significativi passi in avanti soprattutto a Nord. Il presule sollecita aiuti e “nuove forme di scambio” con il Sud per aiutare la Chiesa nordcoreana. “Nel frattempo abbiamo pregato molto per la riconciliazione, dedicando una speciale intenzione tutti i giorni alle 21. Ma dobbiamo essere capaci di perdonare e superare le ostilità. Lo dobbiamo fare intensificando gli sforzi. A partire dalle nostre parrocchie. Siamo chiamati a diventare tutti apostoli di pace”.

La pandemia e gli aiuti al Nord

Parlando della pandemia, Mons. Ki-heon ricorda che la Corea del Sud si è distinta a livello mondiale per aver arginato efficacemente la diffusione del virus: "Sarà importante che il Nord possa contare sulle conoscenze, sui programmi e sugli strumenti di cui dispone Seoul”. Considerati gli anni trascorsi, molte famiglie separate dalla guerra non potranno più incontrarsi. “Stanno invecchiando e le occasioni di riabbracciarsi saranno sempre meno. Abbiamo il dovere di moltiplicare queste opportunità”.

Ferrovia intercoreana, distretto di Kaesong e Monte Geumgang

La pace, secondo il presule, passa anche attraverso la ripresa di collegamenti quali “la ferrovia intercoreana”, la valorizzazione di Kaesong, il distretto che dà lavoro a migliaia di nordcoreani a fronte delle aziende del Sud che hanno investito capitali, e la ripresa del turismo nell’area del  Monte Geumgang, uno dei luoghi sacri in cui si dice dimori lo spirito del popolo coreano ma che dopo il 1953 è rimasto “dall'altra parte”. E’ considerato uno dei paesaggi montani più spettacolari al mondo con nove bacini a forma di drago che danno il nome a una cascata a 150 metri d'altezza. “Ovviamente a questo dovrà seguire un autentico trattato di pace e nuove relazioni internazionali” conclude il vescovo.

Il dramma della guerra

La Giornata di preghiera per la riconciliazione è stata istituita nel 1965 dalla Conferenza episcopale e viene celebrata ogni anno il 25 giugno, data in cui, nel 1950,  centomila sudcoreani male armati opposero una debole resistenza a quasi duecentomila nordcoreani che in tre giorni conquistarono Seoul e in meno di due mesi quasi tutta la penisola. Fu uno dei più sanguinosi conflitti della storia dopo le due guerre mondiali. Si calcola infatti, che in tre anni di combattimenti siano morti circa un milione e quattrocentomila civili sud-coreani, mezzo milione di militari nord-coreani e “volontari” cinesi, 225.784 militari sud-coreani, 33.629 militari americani e 3.143 membri delle forze armate di altre 15 nazioni che avevano partecipato alla guerra sotto la bandiera delle nazioni unite per salvare la Corea del Sud dall’invasione. La lunga e sanguinosa guerra si concluse il 27 luglio 1953 con un armistizio che sancì la divisione del pase in due stati lungo il 38esimo parallelo.

 

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31 maggio 2020, 10:41