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L'impegno del personale sanitario in questo tempo di pandemia L'impegno del personale sanitario in questo tempo di pandemia 

L’attualità dell'Evangelium Vitae per affrontare la sfida del coronavirus

L’Enciclica sul “Vangelo della vita” compie 25 anni e offre molti insegnamenti per leggere e interpretare i dolorosi eventi legati alla pandemia del Covid-19. Don Colombo: la vita è sempre un bene e Dio ci ha fatti per l’eternità

Marco Guerra – Città del Vaticano

Il 25 marzo del 1995 veniva promulgata l’enciclica Evangelium Vitae scritta da Papa Giovanni Paolo II per rimarcare che “Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù”. Nel suo venticinquesimo anniversario, il documento papale sul valore incomparabile della persona umana e le nuove minacce alla vita umana mostra tutta la sua attualità con la pandemia del coronavirus in corso. Le parole del magistero petrino permettono infatti di cogliere il significato più profondo di questa situazione di invisibile minaccia per la vita e offrono un sostegno teologicamente e razionalmente fondato all’impegno dei tanti operatori sanitari che sono in prima linea nella tutela delle persone di ogni età e condizione di salute.

Don Colombo: siamo fatti per l’eternità

Tante domande di senso che emergono in questo momento trovano risposta nell’Enciclica che riconosce “nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine”. Sull’insegnamento che possiamo trarre dal “Vangelo della vita” per affrontare la sfida di questi giorni, abbiamo intervistato don Roberto Colombo, membro della Pontificia Accademia per la Vita e professore di neurobiologia e genetica umana all’Università Cattolica di Milano:

Ascolta l'intervista a don Roberto Colombo

R. - L’Enciclica rivela anche in questo momento una grande capacità di illuminare la nostra vita. Quattro sono gli elementi fondamentali che ci aiutano in questo momento. Il primo corrisponde al punto 34 del documento, ovvero quello che dice che la vita è sempre un bene, perché la vita che ci dona Dio è ben di più che esistere nel tempo. L’Enciclica ci ricorda che siamo fatti per l’eternità e che dentro alle circostanze più difficili dobbiamo riscoprire la scintilla che dà senso e valore alle cose che facciamo e anche a quelle che in questi giorno non riusciamo a fare. Una seconda riflessione è che la vita è minacciata, al numero 10 viene detto che ci sono delle minacce che vengono dalla natura stessa, ma sono aggravate dall’incuria colpevole e dalla negligenza degli uomini che potrebbero porvi rimedio. L’epidemia che sta colpendo il mondo proviene dalla natura, ma non dobbiamo dimenticare che abbiamo una responsabilità nel prevenire e curare questo male. Terzo punto è il valore del dolore e della sofferenza, l’Enciclica dice che anche questi hanno un valore quando dono vissuti in stretta connessione con l’amore ricevuto e donato. Stiamo proprio vedendo in questi giorni quanto l’amore dia senso alle sofferenze e a quello che ci manca. Infine, la quarta riflessione è il rapporto tra Dio e quando sta succedendo; l’Enciclica cita il primo capitolo del Libro della Sapienza che dice che Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi, egli ha creato tutto per l’esistenza, Dio soffre per la nostra sofferenza

L’Enciclica si sofferma sul ruolo dei medici e del personale sanitario che in questi giorni sembra riscoprire la sua vera vocazione per la tutela della vita…

R. - L’Evangelium Vitae dice che i medici sono servitori e custodi della vita umana e oggi stiamo assistendo ad una riscoperta del senso profondo della professione sanitaria, quella di essere dono per gli altri, un servizio per chi soffre. Il grande amico di San Giovanni Paolo II, il Servo di Dio Jérôme Lejeune, invitava proprio i ricercatori e i medici a sottoscrivere il servizio alla vita umana.

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28 marzo 2020, 16:33