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Covid19. Presidente Caritas Italiana: non dimenticare gli ultimi

Lettera della Caritas italiana firmata dal presidente mons. Carlo Roberto Redaelli e dal direttore don Francesco Soddu: non fate venire meno nelle vostre comunità la dimensione della carità, pur con tutte le cautele e la prudenza necessaria.

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Sono giorni di prova durissima in Italia per l’emergenza Covid19. Tante le emozioni che si avvicendano nell’animo e nel cuore delle persone, tanti gli appelli delle autorità civili ed anche ecclesiali al senso di responsabilità per gli altri, prima ancora che per sé stessi, specie i più deboli per un possibile contagio. In questo scenario di dovuto timore e regole ferme per tutti i cittadini e i fedeli, non può però venire meno la dimensione della carità, come raccomanda il presidente della Caritas italiana monsignor Carlo Roberto Redaelli, arcivescovo di Gorizia, in una Lettera inviata oggi a tutte le Caritas diocesane. Nella nostra intervista spiega i timori di questo momento e il ruolo che può svolgere la Caritas:

Ascolta l'intervista a mons. Carlo Roberto Redaelli

C’è timore che a pagare siano da subito i cosiddetti ‘ultimi’ nella società?

R. - Purtroppo sì, perché ci sono situazioni nuove di povertà o di bisogno legate alla malattia, ma persistono quelle già esistenti; pensiamo alle persone senza fissa dimora, ai rifugiati, alle persone anziane che restano sole; pensiamo alle tante situazioni di disabilità, dove tutto diventa più complicato con questa situazione.

Quindi il vostro appello qual è?

R. - L’appello che abbiamo fatto insieme al direttore della Caritas, don Francesco Soddu, alle nostre Caritas è piuttosto un incoraggiamento a continuare quello che stanno già facendo, cioè con tutte le cautele del caso, a non perdere questa dimensione di attenzione, sia verso i nuovi bisognosi sia verso i bisognosi che comunque fanno riferimento alle nostre Caritas; penso alle mense, ai dormitori, agli empori, ai centri di ascolto, all’attenzione verso tante situazioni critiche. Questo è il senso del nostro appello, a cui aggiungo anche il fatto che se in questo momento la dimensione dei sacramenti e in qualche modo anche quello della Parola e della catechesi è limitato e in difficoltà nelle nostre comunità, non deve venire meno la dimensione della carità.

Sappiamo che l’Italia conta una popolazione grandemente anziana, che in questi giorni è fatta oggetto di grande pressione …

R. - Sì, purtroppo in questa situazione ci sono tanti anziani, ma appunto non perché una persona sia anziana significa che valga di meno davanti al Signore e davanti alla società. Ci deve essere un’attenzione ancora maggiore. Questo viene portato avanti già da molti, anche nei nostri comportamenti quotidiani, per non mettere a repentaglio la salute e la vita di chi è più anziano e più fragile, bisogna quindi aver comunque un’attenzione speciale verso queste persone, proprio come cittadini prima di tutto.

Come cittadini e cristiani si è richiesti di una maggiore testimonianza?

R. - Certamente. Tutti abbiamo paura, tutti abbiamo le nostre preoccupazioni – questo è normale – ma occorre però saperle gestire e viverle nello spirito di solidarietà. Il cristiano è un cittadino attento al bene comune; anche noi come Chiesa, pur con tanta fatica, veniamo incontro alle richieste di chi ha la responsabilità del nostro Stato, della nostra nazione e anche della salute pubblica, proprio perché c’è questo forte senso della solidarietà e del bene comune.

La rete delle Caritas diocesane in un momento come questo sarà un utile punto di riferimento?

R. - Sicuramente, lo è sempre stato, e so che lo sta facendo anche con quell’inventiva che viene dalla capacità delle persone, ma anche dal dono dello Spirito Santo. Nella Lettera sottolineiamo anche il fatto che la Caritas, come sempre, non deve avere la delega da parte delle comunità cristiane ma essere di ‘fermento’, anche nel piccolo: fare una telefonata o fare la spesa ad una persona che non può uscire, sono azioni molto semplici, che pure con le limitazioni attuali, sono importanti e possono essere vissute da tutti i cristiani all’interno delle parrocchie.

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09 marzo 2020, 14:02