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Abusi: come la Chiesa aiuta le vittime

Viaggio tra le realtà romane che si occupano di sostenere chi è stato abusato e recuperare chi si è macchiato di un orribile delitto. L’aiuto ai consacrati in difficoltà e il loro reinserimento nella vita ecclesiale

Federico Piana – Città del Vaticano

Il viaggio nel mondo delle realtà ecclesiali romane che si prendono cura delle vittime di abusi, degli stessi colpevoli ma anche di tutti quei consacrati in difficoltà alle prese con patologie legate al disagio psicologico, affettivo e comportamentale, non è un viaggio facile. Primo, perché gli operatori, i volontari, gli psicoterapeuti preferiscono mantenere un giusto riserbo sulla loro attività, per rispetto di chi aiutano ma anche di loro stessi. Secondo, perché hanno timore che il mondo, la società, non lì capisca o travisi ciò che loro fanno. Com’è successo ad alcuni sacerdoti che, occupandosi del recupero e del reinserimento di alcuni confratelli macchiatisi del terribile delitto di abuso, sono stati minacciati e la sede della loro associazione fatta oggetto di vandalismo.

Al Centro Auribus, l’ascolto delle vittime prima cura essenziale

Chi preferisce non eclissarsi ma raccontare, è il neonato Centro di "Assistenza universale per religiosi in bisogno di sostegno". Ospitato dall’Istituto Giuridico Clarettiano, nella sede del Gianicolo,  "Auribus" ascolta le vittime di abusi, le prende per mano, le conduce verso la rinascita. Ma è anche un "pronto soccorso giuridico" dove si sostengono i sacerdoti dal punto di vista legale, per neutralizzare  accuse infondate e per cercare di far rispettare la verità e la giustizia. E’ Lucia Musso, avvocato rotale e della Curia Romana, a far comprendere che la chiave di volta è l’ascolto delle vittime e molto spesso degli stessi colpevoli: “Le persone - afferma - non sempre sono disponibili a narrare un fatto che ha traumatizzato la loro vita. L’ascolto è una delle fasi più complesse, dove conta molto stabilire un’empatia. Ogni persona ha bisogno di essere ascoltata in modo diverso, tenendo conto dei silenzi, dei tempi  del racconto, dei pianti”. Oltre all’ascolto occorre appurare con certezza i fatti accaduti anche “per conoscere se si è in presenza di false accuse” e comprendere come la vittima abbia “introiettato e vissuto la vicenda ma anche quali danni psicologici abbia provocato”.

Ascolta l'intervista a Lucia Musso

Senza la formazione l’aiuto sarebbe inefficace

Altro tassello fondamentale è la formazione.  Lo sa bene Manuel Arroba Conde, professore di diritto processuale canonico e giudice della Rota di Madrid, che come professionista volontario presta servizio al Centro Auribus.  “Si tratta – dice – di creare occasioni di formazione permanente per approfondire concetti nuovi che hanno a che fare con il problema degli abusi e che sono presenti anche nelle recenti leggi volute da Papa Francesco. Per esempio, si deve approfondire il concetto di persona vulnerabile, il concetto di abuso di coscienza e di autorità. Ma approfondire, nell'esaminare i casi, pure il problema tra il segreto e la trasparenza.  Ed infine, affrontare le fasi principali dei diversi processi ”.  Insomma, il professor Arroba Conde spiega che chi vuole essere davvero d’aiuto  non deve arroccarsi nei confini della propria professione ma farsi interrogare da altre specialità professionali.

Ascolta l'intervista ad Arroba Conde

Sì all’assistenza spirituale: ma prima curare le ferite psicologiche

Alle vittime, come ai colpevoli da recuperare, non si può negare un’assistenza spirituale. Ad occuparsene, per quello che può essere possibile, è padre José-Félix Valderrabano, superiore della comunità dell’Istituto Giuridico Clarettiano. Assicura che la  dimensione della fede può essere una carta vincente, ma prima bisogna sanare le ferite psicologiche: “Non si tratta di dare ricette. In questi casi, prima di tutto occorre ascoltare. Capire le necessità delle persone che si rivolgono ad un centro come il nostro”. E questo, assicura padre Valderrabano, va fatto con molto tatto e tanta pazienza. Perché “prima di ogni altra cosa conviene sanare le ferite che la persona si porta dentro. La fede, certo, può aiutare ma le persone ferite spesso non sono aperte ad accogliere la grazia che Dio sempre dà e che comunque rimane sempre efficace…”

Ascolta l'intervista a padre Valderrabano

Consacrati in difficoltà, al Divino Amore una comunità che accoglie

La Comunità del Monte Tabor si trova  nella verde campagna romana del Divino Amore, proprio davanti al Santuario mariano, caro a tutti i romani. Fondata nell’ambito dell’Apostolato Accademico Salvatoriano, un’associazione pubblica di fedeli, da anni ospita consacrati, provenienti da ogni parte del mondo, affetti dai più svariati disagi. Tra loro ci sono anche sacerdoti che hanno abusato, ma sono solo una piccolissima parte. E’ una delle poche strutture del genere esistenti in Italia, visitata di recente da Papa Francesco in uno dei suoi “Venerdì della misericordia”. Il racconto di don Ermes Luparia, psicologo, psicoterapeuta, diacono permanente, fondatore e guida della comunità, fa capire quanto sia importante il loro lavoro, svolto a riflettori spenti: “In forma residenziale ed in forma ambulatoriale ci occupiamo di moltissimi disagi. Alcune patologie come l’alcolismo o le psicosi rilevanti, però, non le  possiamo trattare  non essendo una clinica”. Il metodo di aiuto utilizzato dalla Comunità del Monte Tabor è quello olistico, globale. "Nel nostro programma di rigenerazione - spiega don Luparia - abbiamo inserito anche elementi di carattere spirituale, culturale e formativo. Abbiamo previsto spazi di riflessione sull’identità sacerdotale, spazi di preghiera. Cerchiamo non soltanto di sanare le ferite ma anche di dare una nuova struttura umana ad una persona che va totalmente ricostruita”.

Ascolta l'intervista a don Ermes Luparia

Vasi di Creta, psicologi e psicoterapeuti a servizio dei consacrati

A sostegno della vita consacrata e sacerdotale a Roma c’è anche il servizio psicologico e psicoterapeutico "Vasi di Creta", il cui responsabile scientifico è il noto psichiatra Tonino Cantelmi. Il suo coordinatore, la professoressa Barbara Costantini, psicologa e psicoterapeuta, racconta alcuni particolari della sua attività senza fare riferimenti a persone concrete. Il riserbo, dice, è un atteggiamento che “ci ha permesso di conquistare la fiducia dei nostri pazienti, e noi non vogliamo tradirli”. Ma il suo racconto non perde di intensità: “Il nostro servizio ha sullo sfondo la vita cristiana. Noi lavoriamo per rafforzare le persone. Tra i problemi che riscontriamo in questo periodo storico, è lo stress da super lavoro dei sacerdoti, dei consacrati. Pensiamo a coloro i quali si dedicano alle vittime della tratta o della prostituzione. Situazioni pesanti che generano disagi, ai quali occorre porre rimedio”.  Poi aggiunge: “la nostra sfida è aiutare i consacrati, perché se li si aiuta, si aiuta tutta la Chiesa”.

Ascolta l'intervista a Barbara Costantini

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16 febbraio 2020, 08:00