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La Basilica di San Francesco d'Assisi La Basilica di San Francesco d'Assisi

Assisi. Padre Fortunato: "A 20 anni dalla riapertura, la Basilica è tetto del mondo"

Per commemorare il ventesimo anniversario della riapertura della Basilica di Assisi, dopo il terremoto del 97, il luogo santo accoglierà la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della città

Chiara Colotti - Città del Vaticano

A soli due anni di distanza dal terremoto che scosse violentemente Assisi, il cardinale Angelo Sodano e Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della Repubblica, riaprirono le porte della Basilica di San Francesco. Era il 28 novembre del 1999. Sono passati esattamente 20 anni da quel momento e, per commemorare quella che fu allora la "rinascita" della Basilica di Assisi, la comunità del Sacro Convento si stringerà in un solo abbraccio a tutti gli assisani e ai pellegrini che vi faranno visita, con una celebrazione eucaristica.

L’anniversario, momento simbolico

“Celebrare la riapertura della Basilica ha un valore simbolico, esistenziale e spirituale”, afferma padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi. La comunità francescana ricorderà quel momento fondamentale, il 28 novembre, con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, monsignor Domenico Sorrentino. “Ci ritroveremo insieme - aggiunge padre Fortunato - per ringraziare il Signore e per portare sull’altare, che san Giovanni Paolo II definì ‘cattedra di pace’, l’impegno, la generosità, la solidarietà di tante persone". A livello esistenziale, la cerimonia sarà un’occasione preziosa di incontro e comunione, “per dire che siamo fatti l’uno per l’altro e che questo luogo sacro è il tetto del mondo”. “La Basilica riaperta ci invita ad aprire il nostro cuore all’altro, ad aprire le porte delle nostre case a chi bussa, ad aprire i porti a quanti cercano aiuto e sognano una terra promessa”.

Ascolta l'intervista a padre Enzo Fortunato

Il crollo

Era il 26 settembre del 1997. Dopo una prima fortissima scossa che fece tremare l’Umbria e le Marche, la seconda ben più violenta provocò il crollo della Casa del Poverello di Assisi. E quando ad essere colpita è una città il cui nome è sinonimo di San Francesco, ad essere ferito è l’intero Paese. Con voce flebile, padre Fortunato ricorda quegli istanti drammatici: “mi trovavo nella Basilica insieme ad altre persone, ricordo vividamente quel buio improvviso che divenne l’emblema di un buio esistenziale. Sembrava che tutto fosse finito. Poi una luce, la luce di una telecamera che ci fece scorgere la porta per i sotterranei. Contandoci, ci accorgemmo che alcuni confratelli mancavano all’appello. e questo fu il momento più drammatico: la consapevolezza che avevamo perso delle persone”.

La ricostruzione

Assisi era in ginocchio e con lei piangeva l’Italia intera. Una catastrofe che colpì l’Umbria e parte delle Marche: undici morti, decine di migliaia di sfollati e danni ingenti alle abitazioni e all’immenso patrimonio artistico. Un evento che ha segnato per sempre la storia della città perugina, ma che non le ha impedito di rialzarsi e di rinascere dalle macerie. “Non potrò mai dimenticare - racconta padre Enzo - l’allora custode, padre Giulio Berrettoni, togliersi la tonaca imbiancata e indossarne una nuova per ricominciare”. Poi, il grande cammino di restauro e ricostruzione, “un cammino intriso di impegno, di sofferenza, di genio umano”. Sforzi che hanno portato al raggiungimento di quell’obiettivo considerato impossibile da molti: “la riapertura dopo solo due anni dal crollo, nel novembre del '99, alla vigilia del grande Giubileo del 2000”. “Nel cuore - prosegue padre Fortunato - mi è rimasta l’immagine di quell’Eucaristia sollevata che rappresentò insieme il ringraziamento a quanti avevano lavorato e a Dio per tutto quello che ci aveva aiutato a compiere”.

Papa Francesco e San Francesco

“San Francesco d’Assisi ha compreso molto bene il segreto della beatitudine dei poveri in spirito. (...) Francesco ha vissuto l’imitazione di Cristo povero e l’amore per i poveri in modo inscindibile, come le due facce di una stessa medaglia. (Papa Francesco)”

“Il Papa - commenta ancora padre Fortunato - nell'ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale dei Poveri, ha indicato tre atteggiamenti che credo rendano bella la nostra umanità: restituire speranza, fermandosi accanto all’altro, sorridendo all’altro e ascoltando le parole dell’altro”. Tre atteggiamenti che non costano nulla, ma che hanno un valore inestimabile. “Tre modi di essere - osserva - che ci rendono uomini maturi, umanità bella, umanità abitata da Dio. In questi giorni di memoria mi sovvengono pagine evangeliche, pagine bibliche, ma una in particolare, il Signore non abbandona chi lo cerca e quanti lo invocano”. Una verità francescana emerge con luminosità in questo affresco, il mandato di Gesù al Poverello di Assisi:

“Francesco, va e ripara la mia Chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!”

“Questi giorni ci dicono - conclude padre Fortunato - che uno degli atteggiamenti più belli del francescano è essere riparatori”.

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27 novembre 2019, 06:54