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Al Meeting di Rimini le storie dei bimbi senza identità di Aleppo, in Siria

Solo nella città siriana sono almeno 2.500 i piccoli in questa condizione, vittime di una guerra che dura da otto anni. Ad aiutarli i francescani. Nel pomeriggio, padre Thomas Georgeon parla dell’attualità del messaggio che arriva dai martiri d’Algeria

Alessandro Guarasci - Rimini

Aleppo fino a pochi mesi fa veniva considerata la città più pericolosa del mondo, al centro della guerra tra forze leali ad Assad, ribelli, e miliziani jaihdisti. Migliaia sono ora i bimbi senza identità, almeno 2.500 solo ad Aleppo, fino a 30 mila in tutta la Siria, nati da combattenti venuti dall’estero, orfani di questo conflitto che ha distrutto e diviso migliaia di famiglie.

La mano tesa dei francescani

I francescani hanno attivato un progetto “Nome e futuro” proprio per tentare di dare sostegno a questi piccoli, che hanno un’età compresa tra i tre e gli otto anni. Padre Firas Lufti, responsabile del Franciscan Care Center e del Terra Sancta College, dice che “questi bimbi non sono registrati, non hanno frequentato una scuola, e alcuni di loro sono disabili. Non facciamo distinzione di religione perché vogliamo aiutare a ricostruire la Siria e vogliamo evitare che l’estremismo trovi proprio in questi ragazzi possibili futuri adepti”.

Finora nei due centri gestiti dai francescani sono arrivati più di mille bambini, ma almeno 200 sono in lista di attesa. La psicologa Binan Kayyali, direttrice del Franciscan Care Center, cerca di intervenire con la psicoterapia per far superare a questi piccoli traumi pesantissimi; alcuni addirittura, dopo aver visto gente morire nei bombardamenti, hanno cominciato a pensare al suicidio o comunque hanno messo in atto atteggiamenti autolesionisti. Frequenti anche i casi di abusi sessuali.

Mons. George Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, spera che ora la comunità internazionale intervenga per far cessare la guerra in Siria, ma denuncia che soprattutto l'Ue finora in sostanza nulla ha fatto. “Speravamo in un aiuto maggiore da parte dell’Europa, anche perché lì tanti nostri giovani hanno studiato, ma siamo rimasti delusi perché nei fatti l'Ue, con le sanzioni internazionali, si è allineata alle grandi potenze internazionali. Le sanzioni però colpiscono prima di tutto la gente, che ha sempre più difficoltà ad arrivare a fine giornata”.

L'eredità dei martiri in Algeria

Nel pomeriggio sarà la volta di padre Thomas Georgeon, postulatore della causa di beatificazione dei 19 martiri d’Algeria, religiosi e religiose di 8 diverse congregazioni. “Artigiani della pace”, “flebili fiammelle di speranza e di umanità in un oceano di sangue”, uomini e donne di dialogo in un Paese in cui il 99% della popolazione è di fede musulmana. Al meeting di Rimini arriva quindi il ricordo dei diciannove martiri cristiani uccisi tra il 1994 e il 1996 in un decennio tragico che insanguinò l’Algeria, massacrando giornalisti, attivisti per i diritti umani, intellettuali e imam. “Questi martiri sono un esempio, valido ancora oggi, di tolleranza, di incontro tra culture e fedi diverse”: dice padre Gergeon.

Guarda l'intervista a padre Thomas Georgeon

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23 agosto 2019, 12:45