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2019.06.03 Papa Francesco al Santuario di Namugongo - Viaggio Apostolico in Uganda 2015.jpg

Giornata dei martiri ugandesi: esempio delle promesse di Cristo

Oggi, nella Giornata dedicata ai martiri ugandesi, la Chiesa ricorda i Santi Carlo Lwanga e Compagni. Canonizzati nel 1964 da Paolo VI, già Pio X e Benedetto XV ne rimasero colpiti per "la sapienza e fermezza d'animo"

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

La loro è una storia di amore al Vangelo, conversione e coraggio. Siamo alla fine del diciannovesimo secolo, nella terra africana di Buganda - attualmente il più grande dei regni tradizionali rimasti nell'Uganda moderno. A regnare in quel territorio è Mwanga II che, per preservare il proprio potere, perseguita con ferocia cattolici, anglicani e musulmani. Ed è qui che si inserisce la vicenda dei santi Carlo Lwanga e Compagni, canonizzati da Paolo VI nel 1964, e la cui memoria si celebra proprio oggi nella Giornata dedicata ai Maritiri Ugandesi.

Il Santuario nel luogo del martirio

Il 28 novembre 2015, durante il suo Viaggio apostolico in Uganda, Papa Francesco celebra l'Eucarestia nel Santuario di Namugongo, costruito sul luogo del loro martirio. Ventidue sono i pilastri su cui è eretta la chiesa perchè ventidue, sono i martiri ugandesi lì uccisi.

Nell'omelia di Francesco, così sono descritte le vite di quei giovani, tra i quali anche alcuni fedeli anglicani, arsi vivi:

Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei Martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue. Tutti questi testimoni hanno coltivato il dono dello Spirito Santo nella propria vita ed hanno dato liberamente testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, anche a costo della vita, e molti in così giovane età. Vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso.

La rinascita della Chiesa in Africa

Già nel 1993, Giovanni Paolo II aveva visitato il Santuario di Namugongo, confermando che il sacrificio di quei maritiri aveva "accelerato la rinascita della Chiesa in Africa". Ma l'esempio di Carlo e dei suoi Compagni, fu colto per primo da Papa Benedetto XV che li proclama Beati nel 1920,  trentaquattro anni dopo (e non cinquanta come previsto) da quel sacrificio così cruento. Nel 1934, Pio XI designa Carlo Lwanga “Patrono della gioventù dell’Africa cristiana”.

“Io ti prenderò per mano. Se dobbiamo morire per Gesù, moriremo insieme, mano nella mano (Le ultime parole pronunciate da Carlo Lwanga a Kizito, morto con lui a soli 14 anni)”

Un finale che interroga

Storicamente, la vicenda di re Mwanga II è un intreccio di ascese, rivolte, persecuzioni, cadute, compromessi e fughe nel periodo del colonialismo inglese. Ma quello che colpisce è la sua morte. Catturato e deportato alle Seychelles nel 1899, si dice sia morto dopo essersi convertito al cristianesimo. Lui che, pur avendo frequentato la scuola dei missionari (i cosiddetti “Padri Bianchi” del Cardinal Lavigerie) per difendere il proprio regno dalla minaccia del Vangelo e  di conseguenza anche le proprie abitudini dissolute, decide nel 1885 di scatenare la persecuzione. In questa vera caccia all'uomo, saranno 200 i giovani cristiani uccisi. 

“Noi stessi stabilimmo, in data 19 dicembre 1918, che si potesse legittimamente trattare del martirio e della Causa di martirio, e così pure di indizi o prove miracolose, nonostante non fossero ancora trascorsi cinquant’anni dalla strage dei Venerabili Servi di Dio (Papa Benedetto XV)”

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03 giugno 2019, 11:29