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Roma: 75 anni fa la liberazione dall'occupazione nazifascista

"A 75 anni da Roma liberata". Su questo tema si è tenuto un convegno organizzato dal Comitato Papa Pacelli in occasione del 75.mo anniversario della liberazione di Roma. Il cardinale Dominique Mamberti: "Preghiamo sempre di più affinché il Signore conceda questa grazia del miracolo e della beatificazione del servo di Dio Pio XII"

Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano

"Man mano che passa il tempo, la figura di Pio XII appare più grande in quel mondo degli anni ’30-’40-’50 del secolo scorso, che è stato sotto diversi aspetti così cupo. Si capisce pure che questa grande figura abbia suscitato opposizione, in particolare questo aspetto di Defensor civitatis, per la promozione della persona umana, la promozione di sistemi politici che siano rispettosi della persona umana. Preghiamo sempre di più affinché il Signore conceda questa grazia del miracolo e della beatificazione del servo di Dio Pio XII che tutti noi, ma anche tanta gente aspettiamo con grande ansia". È quanto ha detto il cardinale Dominique Mamberti, prefetto del supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, intervenendo al convegno tenutosi a Roma, nella sede della Curia Generalizia dei Padri Gesuiti,  organizzato dal Comitato Papa Pacelli.

Ascolta un passaggio dell'intervento del card. Mamberti

Roma e il 4 giugno

È il 4 giugno del 1944. Le truppe alleate entrano a Roma e liberano la città dall’occupazione nazifascista. La guerra non è ancora finita ma la liberazione della capitale assume un enorme valore simbolico. Papa Pio XII, acclamato come il Defensor Civitatis, il 6 giugno del 1944 rivolge questo messaggio al popolo romano: "Roma, ieri ancora trepidante per la vita dei suoi figli e delle sue figlie, per la sorte d'incomparabili tesori di religione e di cultura, con dinanzi agli occhi lo spettro terrificante della guerra e di inimmaginabili distruzioni, guarda oggi con nuova speranza e con rafforzata fiducia alla sua salvezza".

Papa Pio XII esorta a frenare "gli istinti del rancore"

Quelli dopo la liberazione, sono giorni di festa e di speranza. Papa Pacelli nel messaggio del 6 giugno esorta a superare i muri dell'odio e della divisione:

“Superate gl'impulsi alle interne e alle esterne discordie con lo spirito di magnanimo amore fraterno. Frenate gl'istinti del rancore, della vendetta e dell'egoismo coi sentimenti di nobile e saggia moderazione e di accresciuta soccorrevole sollecitudine verso i poveri e i sofferenti. (Papa Pio XII, 6 giugno 1944)”

A 75 anni da Roma liberata

Al convegno "A 75 anni da Roma liberata"sono intrvenuti anche Emilio Artiglieri, presidente del Comitato Papa Pacelli - Associazione Pio XII il prof. Giulio Alfano, docente di filosofia politica presso la Lateranense, e il prof. Pier Luigi Guiducci, docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense. Al termine del convegno, è stata posta una corona presso la lapide che ricorda Papa Pacelli, Defensor Civitatis, in piazza Pio XII. Intervistato da Vatican News, il prof. Pier Luigi Guiducci ricorda quella pagina di storia e la figura di Papa Pio XII:

Ascolta il prof. Pier Luigi Guiducci

R. – Il Papa si trovò in una situazione molto difficile perché aveva davanti un territorio che era completamente diviso. Erano presenti eserciti diversi in guerra tra loro. Il Pontefice doveva necessariamente dialogare con gli uni e con gli altri soprattutto per un aspetto umanitario. In tempo di guerra non era possibile portare soccorsi se non c’era prima l’autorizzazione dell’autorità militare e questo serviva sia per l’Italia del nord che per l’Italia del sud. Quindi, necessariamente, i rappresentanti del Papa, ogni volta che dovevano intervenire, dovevano chiedere dei permessi. Il Papa quindi cercò il più possibile di mantenere aperti determinati collegamenti. L’altro aspetto, poi, è quello di mantenere un equilibrio all’interno di una città praticamente occupata: dal 1943 al 1944 Roma venne occupata dall’esercito nazista.

Un equilibrio che valse anche a Papa Pio XII l’acclamazione da parte del popolo romano come “defensor civitatis”, difensore della città…

R. – Il Papa, già prima del 1940, si era preoccupato di tutelare la città di Roma. Poi, con l'avanzamento della guerra, abbiamo molti messaggi del Papa ai potenti del tempo, affinché non toccassero Roma. Da una parte, perché la città ha un grande valore da un punto di vista storico e religioso, ma contemporaneamente anche perché, all’interno della città di Roma, c’erano otto ospedali, quattordici case di cura, centri per profughi, campi della Croce Rossa... Quindi c’era una realtà che doveva essere difesa. Inoltre, all’interno delle istituzioni cattoliche di Roma erano nascosti gli ebrei. Vi fu tutta una serie di interventi di cattolici già prima del 16 ottobre 1943, quando ci fu una razzia di ebrei nel ghetto ma anche in altri quartieri di Roma. Oltre a questo, proprio durante la razzia, si mossero molti cattolici, tra cui il Fatebenefratelli. Anche dopo la razzia si mossero nuovamente ancora altri cattolici. E tutto questo era continuamente in sintonia con le direttive del Papa, tanto che addirittura proprio Pio XII, dopo un incontro con Montini e con il nipote Carlo Pacelli, decide ad un certo punto di preparare una serie di cartelli da affiggere negli istituti religiosi di Roma, nei portoni, per dire che quella era una proprietà tutelata dalla Santa Sede. Una proprietà che quindi non doveva essere valicata, offesa.

Ricordiamo anche le parole di Papa Pio XII subito dopo la liberazione: quelle del messaggio del 6 giugno, con cui il Papa esorta a frenare gli istinti dell’odio e del rancore…

R. – Su questo punto Pio XII è intervenuto almeno otto volte, perché, appena terminò la guerra, immediatamente incominciò tutta una serie di vendette e in Italia morirono centinaia di persone tra cui molti sacerdoti.

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Giugno 1944: liberazione di Roma
04 giugno 2019, 14:22