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Cattedrale di Nostra Signora di Kaya, Burkina Faso Cattedrale di Nostra Signora di Kaya, Burkina Faso 

Burkina Faso: ucciso un altro sacerdote.Escalation di violenza

Tensione in Burkina Faso, teatro di continui attacchi terroristici e di atti criminali contro le comunità religiose. Ieri è stato accoltellato un sacerote spagnolo, padre Fernando Fernández

Cecilia Seppia - Città del Vaticano

La Chiesa del Burkina Faso piange la morte di un altro sacerdote. Si tratta del salesiano di origine spagnola, padre Fernando Fernández, accoltellato a morte ieri intorno alle 12 presso la mensa del centro Don Bosco, nella città di Bobo Dioulasso, nel Sud-Ovest del Paese. Nessuna matrice terroristica dietro il gesto ma la vendetta del cuoco della comunità salesiana che due mesi fa, padre Fernando aveva licenziato. Durante l’aggressione un secondo sacerdote, padre Germain Plakoo-Mlapa, direttore degli studi, di origine togolese è rimasto gravemente ferito e subito trasportato in ospedale. L'assassino è stato poi fermato e arrestato dalla polizia. Padre Fernández era l’economo del centro Don Bosco di Bobo-Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso che sorge a circa 300 km a ovest dalla capitale Ouagadougou. A Bobo Dioulasso, dal 1994, i salesiani hanno costruito e reso operativi un centro di assistenza per ragazzi e ragazze di strada, un centro di alfabetizzazione e un centro di formazione professionale con oltre 300 studenti.

Attacchi contro le comunità religiose

L’uccisione del salesiano spagnolo è solo l’ultimo episodio di una serie di morti nelle comunità religiose del Paese, teatro in queste ultime due settimane di diversi attacchi terroristici, in particolare nel Nord e nel Centro-Nord. Il 14 maggio a Dori un imam e suo figlio sono stati assassinati. Lunedì 13 maggio a Bam (Centro-Nord), quattro fedeli cattolici sono morti in seguito ad un attacco da parte di terroristi mentre portavano in processione una statua della Madonna. Il giorno prima era toccato a sei cristiani, tra cui un prete, padre Siméon Yampa, uccisi a Dablo (Centro-Nord) durante la messa. Il 5 maggio invece un parroco e cinque fedeli sono stati freddati dai terroristi alla fine di una cerimonia religiosa a Soum (Nord). Il 15 febbraio 2019, un prete spagnolo, padre Antonio César Fernández Fernández, in servizio in Togo ma trasferitosi in Burkina Faso, è stato ucciso al confine tra i due Paesi, durante un attacco terroristico che è anche costato la vita a quattro agenti doganali. Dall’inizio del 2019 sono 8 i sacerdoti uccisi nel mondo: 6 in Africa e 2 in Sudamerica.

Le reazioni 

La situazione del Burkina Faso preoccupa il mondo e la Chiesa stessa, lo stesso Papa Francesco, nei giorni scorsi aveva espresso il suo dolore per l'assalto alla chiesa di Dablo e il massacro di fedeli. Il vescovo di Kaya, mons. Theophile Nare, ha invitato i cristiani a non cedere alla paura e “alla tentazione della vendetta”, l’arcivescovo di Ouagadougou, mons. Philippe Ouédraogo, vista la svolta etnica-religiosa delle azioni terroristich,e ha chiesto alla popolazione di opporsi con la fede e l’unità alla violenza. “Siamo un popolo e rimarremo un popolo” ha detto. Di fatto gli attentati, attribuiti a gruppi jihadisti, tra cui Ansarul Islam e lo Stato islamico, che sono predominanti, continuano ad aumentare minando soprattutto la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani. Il ministro degli Esteri del Burkina Faso ha avvertito che il terrorismo nel Sahel sta guadagnando terreno e che risulta essere finanziato dal mercato dell’oro, estratto dalle miniere. L’Onu ha espresso la sua profonda preoccupazione per il continuo deterioramento della sicurezza e della situazione umanitaria e ha affermato la “volontà di contribuire a prevenire un'ulteriore destabilizzazione” non solo in Burkina Faso ma in tutti i Paesi che fanno parte del cosiddetto G5 e cioè Ciad, Mali, Mauritania e Niger. I Paesi del Sahel si trovano infatti a fronteggiare un incontrollabile conflitto umanitario con 150 mila sfollati solo in Burkina, 600 mila in Ciad e oltre mezzo milione di bambini privi di scolarizzazione. La lotta contro il terrorismo e il crimine nel Sahel “è una responsabilità collettiva è tempo che si prenda in considerazione la creazione di una coalizione internazionale”, ha dichiarato il capo della diplomazia del Burkina Faso al Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questi flagelli devono essere “trattati con la stessa determinazione di quelli che hanno prevalso in Iraq e Afghanistan”, ha detto Alpha Barry, parlando a nome dei cinque paesi membri della Forza G5-Sahel.

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18 maggio 2019, 09:40