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Al centro, Linda Ghisoni, sottosegretario del Dicastero Laici Famiglia Vita Al centro, Linda Ghisoni, sottosegretario del Dicastero Laici Famiglia Vita 

Incontro Dublino. Ghisoni: famiglie cristiane siano annuncio vivente

Intervista a Linda Ghisoni, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita sull’imminente Incontro mondiale delle Famiglie a Dublino e sul contributo di Amoris laetitia alla vita delle famiglie cristiane.

Alessandro Gisotti – Città del Vaticano

Andrà a Dublino per l’Incontro mondiale delle Famiglie come moglie e madre, ma – sottolinea a Vatican News – anche per lavoro. Linda Ghisoni è il sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita che ha organizzato, assieme alla Chiesa irlandese, il grande evento ecclesiale che prenderà il via il 21 agosto e che vedrà la partecipazione di Papa Francesco per la chiusura, il 25 e 26 agosto. Proprio in questi giorni (il 15 agosto) ricorre il secondo anniversario della firma del motu proprio “Sedula Mater” con cui è stato istituito il Dicastero. L’Incontro di Dublino è dunque un momento particolarmente significativo per questo nuovo organismo creato da Francesco. Con Vatican News, Linda Ghisoni si sofferma sulle sfide per le famiglie cristiane alla luce di Amoris Laetitia.

Dott.ssa Ghisoni, cosa rappresenta per lei - come madre e sottosegretario del Dicastero Laici Famiglia Vita - partecipare all'Incontro mondiale delle famiglie a Dublino. Quali sono le sue aspettative per questo evento?

R. - La mia partecipazione all’Incontro Mondiale delle Famiglie assume per me un significato duplice, perché vi partecipo insieme alla mia famiglia, come moglie e madre, ma anche quale membro della delegazione del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, perciò possiamo dire che vado a Dublino anche “per lavoro”. Come famiglia desideriamo vivere a Dublino un’esperienza di ascolto, di comunione, per approfondire e condividere con altre famiglie da tutto il mondo, i contenuti del matrimonio e della famiglia che ci consentono una rinnovata consapevolezza del grande dono che è la famiglia stessa per ciascuno di noi; ci aspettiamo anche di ricevere una rinnovata forza per vivere le sfide spesso complesse che tutti noi ben conosciamo nel nostro quotidiano. Questa aspettativa non è poi tanto lontana dalle attese che, per lavoro, io nutro nel partire per Dublino: auspico infatti che sia una esperienza ecclesiale benedetta dal Signore in cui al centro sia posta non l’agenda mediatica guidata da fattori esterni, ma la famiglia come una reale risorsa, come un luogo di bellezza e di gioia per chi ne fa parte, per la Chiesa e per la società.
 

Il tema dell'Incontro di Dublino è “famiglia, gioia per il mondo”. Come, secondo lei, le famiglie cristiane possono essere gioia per le altre famiglie, anche per quelle che non vivono il dono della fede?

R. - Se facciamo memoria e rinnoviamo la consapevolezza di quel che significa l’alleanza tra un uomo e una donna nel matrimonio, come anche dei doni, dei frutti, dei benefici che questo comporta per i figli e per la famiglia; se viviamo in maniera genuina, nel quotidiano, la nostra vocazione ad essere famiglia fondata nell’amore, siamo un annuncio vivente, senza troppe parole. Quante volte è capitato a molti di noi di essere attratti da una famiglia che, vivendo l’amore in tutte le sue declinazioni, ossia l’amore paziente, fiducioso, benevolente, non invidioso (come insegna San Paolo in 1 Cor. 13, commentato al capitolo IV di Amoris laetitia), ne siamo rimasti beneficati, ne abbiamo tratto spunti per meglio incarnare quegli stessi valori della famiglia che sono fonte di benessere, di gioia…

Quindi il punto centrale è la testimonianza…

R. - Le famiglie cristiane non sono chiamate a convincere con discorsi dotti coloro che non vivono il dono della fede, ma ad inquietarle per attrazione: le famiglie cristiane testimoniano che ad esempio il perdono in famiglia, la gratitudine, l’amore che il Signore ha seminato in noi producono benessere, producono gioia, generano ulteriore amore e forza per affrontare le difficoltà. In fondo la grammatica che sottende all’amore cristiano vissuto in famiglia è una grammatica profondamente umana, universale, non è privilegio di pochi. Certamente la fede illumina il dato creaturale e ci auguriamo che i contenuti di Dublino, soprattutto gli interventi e le testimonianze di tanti laici sposati, di tante famiglie – che in questa edizione costituiscono la stragrande maggioranza dei relatori – possano contribuire a tal fine.
 

Amoris laetitia, che è il documento guida di Dublino, ha una grande attenzione per le famiglie “ferite”. Cosa potrà dare questo Incontro a queste famiglie che vivono situazioni di difficoltà?

R. - Amoris laetitia è un’Esortazione Apostolica densa di contenuti. A distanza di due anni dalla sua pubblicazione, non è ancora del tutto esplorata e attuata. Il Papa stesso, nei numeri introduttivi, ne consiglia una lettura non affrettata, esorta a valorizzarla in famiglia, come anche da parte degli operatori pastorali “approfondendola pazientemente, una parte dopo l’altra”, sono queste le parole utilizzate al n. 7. Penso che Dublino 2018 possa costituire un’occasione per sollecitare e testare iniziative pastorali che le chiese particolari stanno attuando, sarà un’occasione per condividere quelle esperienze positive che possono essere di aiuto nell’accompagnare le famiglie cosiddette “ferite”. E mi permetta di aggiungere un aspetto: occorre che, al di là di chi ha responsabilità pastorali, le famiglie stesse vivano la loro vocazione ad essere feconde non solo al loro interno, ma anche rispetto alle altre famiglie, alla società di cui sono parte, in modo che anche quelle famiglie che attraversano situazioni di fragilità siano sostenute, consigliate, incoraggiate a trovare soluzioni non estranee, ma inerenti la vocazione propria dell’essere famiglia.

L'Irlanda, di profonde radici cattoliche, ha vissuto negli ultimi anni una forte spinta di secolarizzazione. Cosa possono fare i credenti laici in un contesto che diventa indifferente alla dimensione religiosa?

R. - A fronte di un contesto sociale sempre più secolarizzato e indifferente al dato religioso e alla fede, come laici credenti siamo chiamati a compiere fatti, al di là delle parole, a vivere e incarnare la nostra vocazione cristiana in maniera coerente con il Battesimo, nella certezza che il Signore ci precede, ci sostiene e completa il nostro agire come cristiani. Questa attitudine rende i cristiani un annuncio vivente, li rende missionari credibili nei loro ambienti di vita quotidiani, li rende efficaci nell’annunciare che il Vangelo vissuto in famiglia è un segreto di bellezza, di bene e di gioia per tutti, per la Chiesa e per la società. 

Ascolta e scarica l'intervista a Linda Ghisoni

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18 agosto 2018, 10:30