Cure palliative: in corso in Vaticano un webinar internazionale Cure palliative: in corso in Vaticano un webinar internazionale  

Cure palliative, Paglia: servono impegno e dedizione, non leggi sbrigative

È iniziato ieri on line il “Laboratorio Internazionale sulle Cure Palliative”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita che vede esperti di tutto il mondo a confronto sull’assistenza da offrire ai pazienti in fin di vita, dal punto di vista medico, spirituale e umano

Tiziana Campisi e Jean-Charles Putzolu – Città del Vaticano

Le cure palliative rappresentano un vero e proprio diritto ed è positivo che tale consapevolezza si stia diffondendo. Lo ha affermato monsignor Vincenzo Paglia, che ieri ha aperto il webinar di tre giorni “Laboratorio Internazionale sulle Cure Palliative”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita da lui presieduta. Oltre 300 gli esperti collegati online, mentre in presenza si stanno alternando relatori di diversi Paesi europei sulle cure palliative nel mondo. Nell’ambito del progetto “PAL-LIFE: An Advisory Working Group on Diffusion and Development of Palliative Care in the World”, lanciato dalla Pontificia Accademia nel 2017 allo scopo di contribuire alla diffusione della cultura delle cure palliative nel mondo come efficace azione di contrasto alla legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito, il convegno sta analizzando la questione a livello internazionale, mentre domani si parlerà della legislazione italiana. La Pontificia Accademia per la Vita ha anche promosso e pubblicato il Libro Bianco per la Promozione delle Cure Palliative nel mondo, disponibile in italiano, inglese, tedesco, spagnolo.

Approccio olistico e cure nel mondo

Gli interventi del 9 febbraio, giorno di apertura dei lavori, hanno presentato una realtà variegata. Di cure palliative c'è sempre più bisogno nel mondo, è stato evidenziato, perché offrono un approccio olistico nella cura del paziente, allargando la visione a tutta la persona e anche al contesto in cui il paziente vive insieme ai familiari, e coinvolgono il tema della ricerca di senso del momento più delicato dell’esistenza, quello finale. “I nostri pazienti - ha detto Kathleen Benton dall'Hospice Savannah, negli Usa - desiderano un’assistenza non solo medica ma umana, spirituale. Compassionevole”. Dalla realtà africana, descritta da Emmanuel Luyirika, della African Palliative Care Association, emerge, invece, la necessità di portare i governi a investire in tecnologie, soprattutto nell’ovest del continente, mentre in Europa, come ha specificato lo spagnolo Carlos Centeno dell’Università di Navarra, le cure palliative sono poco diffuse, soprattutto nei paesi dell’Ovest, e del tutto assenti nell’Est. Un capitolo a parte riguarda le cure palliative pediatriche, da incrementare in maniera esponenziale. È stato inoltre sottolineato che andrebbero superate le barriere culturali e mediche legate alla limitazione degli oppioidi, che invece spesso sono un valido rimedio farmaceutico al dolore. La seconda parte del webinar ha esaminato la situazione nei Paesi che hanno legalizzato il suicidio assistito. Gli interventi di Chris Gastmans e Johan Menten dall’Università di Leuven e di monsignor NoelSimard, canadese, hanno convenuto sul ruolo di una medicina del “prendersi cura” come vera alternativa alle derive eutanasiche.

No al suicidio assistito e all’eutanasia

Monsignor Vincenzo Paglia nel corso dei lavori ha rimarcato che le cure palliative “agiscono nel rispetto e nella promozione della dignità della persona, evitando scorciatoie che la mortificano, come i vari modi di sopprimere la vita, dall’assistenza al suicidio all’eutanasia”. Nella nostra intervista ci spiega cosa si intende esattamente per cure palliative, offrendoci una carrellata delle legislazioni in materia esistenti oggi nel mondo: 

Ascolta l'intervista a monsignor Vincenzo Paglia

Monsignor Paglia in che cosa consistono concretamente per la Chiesa le cure palliative?

Abbiamo già promosso un Libro Bianco che spiega cosa sono le cure, perché c'è una enorme ignoranza e anche una grande sottovalutazione di esse anche a livello accademico. Debbo dire con grande soddisfazione che dopo uno di questi convegni l'università statale di Milano ha istituito una Cattedra universitaria di Cure palliative, e quindi, in questo senso, non è un aspetto secondario. Le cure palliative hanno una dimensione clinica molto alta e questo è l'aspetto scientifico. Poi c'è un aspetto culturale. Perché parlare di cure palliative, non significa parlare di una dimensione o di cure quando non c'è più nulla da fare, ma significa accompagnare gli ultimi tempi di un malato prima della sua morte, perché riceva tutte le cure e gli aiuti possibili, clinici, umani, psicologici e spirituali, di vicinanza. Nessuno deve essere lasciato solo in uno dei momenti o dei tempi più difficili della sua vita. Per noi credenti poi, c'è una marcia in più: è quella di mostrare che la morte non è la fine ma è un passaggio. Questo fa parte di una dimensione spirituale che noi dobbiamo promuovere. L'ignoranza è enorme. In Italia, ad esempio c'è una buona legge sulle cure palliative, ma è totalmente ignorata e poco applicata. Finalmente siamo riusciti, anche attraverso le riflessioni e  i contatti con il Ministero della Sanità e con la Commissione governativa che presiedo sulla assistenza agli anziani, a far inserire le cure palliative domiciliari gratuite a chiunque ne abbia bisogno. Quello di cui c'è bisogno oggi è riflettere bene su cosa esse sono, aiutarne l'applicazione, aiutare le famiglie e, soprattutto, evitare la solitudine in momenti difficili. A mio avviso, la posizione della Chiesa è molto chiara, ma non solo quella della Chiesa. Molta cultura umanistica è nettamente contraria a provocare la morte, qualsiasi morte. Sia quella attraverso l'eutanasia sia quella dell' aiuto al suicidio assistito. Noi siamo contro il suicidio, assolutamente. Va evitata l'uccisione e va evitato l'accanimento terapeutico. Queste due dimensioni hanno in comune il potere sulla morte: o affrettarla o ritardarla in modo non conveniente. In mezzo c'è l'accompagnamento. Questo è il senso, a mio avviso, pienamente umano.

Lei pensa che nel mondo ci siano abbastanza persone che hanno accesso alle cure palliative o ci sono ancora molti progressi da fare?

Ci sono tantissimi progressi da fare. Nel nostro webinar internazionale stiamo esaminando, ad esempio, le diversità nei Paesi, penso all'Africa. Ci sono luoghi dove non esistono le cure palliative, come molti Paesi del medioriente o l'Asia. Penso alle difficoltà di molte parti dell'America Latina e alle soluzioni sbrigative di molti Paesi del nord. Io vorrei che la Pontificia Accademia per la Vita promuovesse a livello mondiale incontri di questo genere, e ne stiamo già preparando. Prossimamente ne faremo in Spagna e Portogallo, vorrei farne negli Stati Uniti e nei Paesi dell'estremo Oriente. Ecco, evitare di risolvere sbrigativamente con leggi pilatesche e disumane una questione delicata. Accompagnare chi muore non è cosa semplice, richiede sacrificio e passione, impegno e dedizione. Ed è questo ciò che deve essere fatto.

Con l'invecchiamento della popolazione mondiale la questione del fine vita è sempre più attuale. Le università cattoliche, hanno un ruolo importante?Lei ha parlato di formazione....

Proprio il Libro Bianco che abbiamo prodotto, lo abbiamo già mandato in giro. Deve essere assolutamente una dimensione prioritaria delle università cattoliche, soprattutto quelle legate alla medicina e alla cura. Fare propria questa prospettiva di approfondimento di che cosa vuol dire cure palliative, intese come accompagnamento al massimo livello, clinico, culturale, spirituale e sociale.

La formazione

Nell’ambito delle cure palliative è importante formare il personale medico e paramedico, ma anche informare la collettività sull’assistenza che può essere offerta dai sistemi sanitari, come ci chiarisce Adriana Turriziani, già presidente della Società Italiana di Cure Palliative.

Ascolta l'intervista ad Adriana Turriziani

A che punto è la formazione dei medici palliativisti?

Il percorso formativo per i medici palliativisti è stato avviato. È stata istituita la scuola di specializzazione in Cure palliative, quindi, nell'anno accademico 2022-2023, le scuole di specializzazione in questo ambito saranno operative. Inoltre nel 2018 c'è stata una raccomandazione del Consiglio dei presidenti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia che ha avviato l’inserimento delle cure palliative nel pre-laurea, esteso, poi, anche agli altri ambiti delle professioni sanitarie.

Si sta pensando alla diffusione della cultura delle cure palliative tra la gente?

Credo che questo evento voluto dalla Pontificia Accademia per la Vita sia importante per la diffusione della cultura in ambito palliativo. Questo sicuramente è un cammino che ancora deve essere fatto, perché ci sono delle barriere culturali. Credo che le storie dei pazienti, la narrazione, la diffusione nelle scuole, ad esempio, siano modalità per far conoscere i principi delle cure palliative, la filosofia, l’approccio che ha la persona con tali cure. Ci sono anche le associazioni di volontariato che possono promuovere la cultura in ambito palliativo. Penso che il segnale forte offerto da monsignor Paglia con il webinar cui stiamo partecipando è un buon contributo. Per arrivare alla gente bisogna utilizzare modalità più semplici.

Al momento quanto sono conosciute le cure palliative?

I grossi centri di cure palliative, in Italia, hanno iniziato l'attività 30 anni fa. Ma dopo 30 anni, quanti pazienti abbiamo assistito e quante famiglie hanno potuto beneficiare di questo servizio? Non tantissimi. Per far conoscere le cure palliative la sofferenza va narrata. Quello che sta emergendo in questo congresso è che le storie dei pazienti andrebbero narrate di più, fatte conoscere. Noi professionisti abbiamo il compito di essere espressione di una competenza di qualità, dobbiamo offrire cure palliative di qualità. Ma non bisogna mai dimenticare che occorre diffondere i principi basilari delle cure palliative che proteggono il paziente e la famiglia. Le cure palliative includono aspetti antropologici, hanno a che fare con la sofferenza e con bisogni complessi; inoltre c'è la parte clinica da considerare, occorre tener presenti le caratteristiche cliniche dei pazienti. Quindi vanno coniugati questi due aspetti, vanno compresi e fatti conoscere. E poi le cure palliative fanno parte del sistema sanitario nazionale italiano, e sono un patrimonio immenso da offrire ai pazienti. Ma c'è una barriera culturale, la riluttanza, e poi ci si pensa troppo tardi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2002 aveva detto che le cure palliative sono un approccio. Quindi non vanno relegate solo al fine vita, possono essere adottate per le malattie croniche, evolutive, la fragilità, il non oncologico. Abbiamo moltissimo da fare per promuovere la cultura delle cure palliative sia clinica che assistenziale e sociale.

La legislazione

A proposito della legislazione in materia di cure palliative in Italia, Gianlorenzo Scaccabarozzi, presidente della Sezione Cure Palliative e Terapia del Dolore del Comitato tecnico sanitario del ministero della Salute italiano, ci illustra cosa offre e come è stata applicata.

Ascolta l'intervista a Gianlorenzo Scaccabarozzi

Monsignor Paglia ha sottolineato che quella italiana è un'ottima legislazione sulle cure palliative, quanto è conosciuta?

La legislazione sulle cure palliative è la legge 38 del 2010, quindi, da 10 anni c'è un percorso strutturato per la creazione di reti per le cure palliative che si sviluppano su tre principali setting assistenziali: il primo è quello delle cure palliative a domicilio attraverso equipe specialistiche dedicate, poi ci sono le cure palliative nelle strutture residenziali - gli hospice -, quando le condizioni domiciliari non consentono di gestirle, e infine ci sono le cure palliative in ospedale, quelle offerte in seguito a un evento acuto che ha portato la persona al ricovero. Diciamo che, rispetto a 10 anni fa, si sono fatti dei passi giganteschi dal punto di vista della consapevolezza e della conoscenza delle cure palliative. Un passo, però, ulteriore potrebbe essere fatto attraverso la condivisione dell’approccio palliativo in tutti i luoghi di vita, in tutti i contesti, sociali, culturali. È ovvio che tale conoscenza deve camminare parallelamente con lo sviluppo di servizi, perché conoscere, apprezzare e capire che si può accedere ai servizi di cure palliative richiede, poi, che il sistema sappia dare una risposta adeguata. E da questo punto di vista il percorso intrapreso tanti anni fa in Italia è un percorso ancora, per alcuni aspetti e in alcune aree del Paese, in salita. Ci sono regioni che hanno risposto in modo efficace, reti locali di cure palliative che sono in grado di gestire il percorso di cura, e altre realtà che danno ancora risposte frammentate. Ma la recentissima normativa della legge 106 di quest'estate ci aiuta, perché alle Regioni è richiesto di sviluppare in modo completo le reti delle cure palliative.

La legislazione italiana può essere considerata un modello per altri Paesi?

Sicuramente la legislazione italiana rimette al centro la persona con i suoi bisogni, attorno ai quali si costruisce poi una rete di organizzazioni e professionisti. Rimettere al centro la persona, con suoi bisogni, e identificando il miglior percorso di cura, per quel malato, in quel contesto, con quella famiglia, con quel problema è una soluzione efficace, perchè, in questo modo, il sistema sanitario deve organizzare risposte puntuali e tempestive una volta individuate le necessità del paziente. La legge di cui parliamo è una legge quadro, che ha bisogno, poi, di essere declinata nell’ambito dei modelli organizzativi locali. Ma questa è l'unica strada percorribile, nell'ambito delle cure palliative, identificare le particolarità del paziente che richiedono un approccio diverso al percorso di malattia; perchè occorre partire dall’ascolto dei desideri e dalle aspettative del malato e della famiglia, coniugandole anche, poi, con le capacità del sistema professionale nel dare risposte efficaci.

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10 febbraio 2022, 11:37