Buonomo: norme per eliminare gli sprechi e prevenire la corruzione

Intervista con il Rettore della Pontificia Università Lateranense, professore di diritto internazionale: “Le nuove norme sono un monito a riscoprire quanto sia importante, e oggi impellente, una migliore gestione delle risorse”

VATICAN NEWS

Una migliore gestione delle risorse, per eliminare gli sprechi e prevenire il pericolo della corruzione. Questo in sintesi l’obiettivo della nuova legge quadro sui contratti e gli appalti, che il professor Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense e Consigliere dello Stato della Città del Vaticano, analizza in questa intervista con i media vaticani.

Quali sono le origini di questo documento, quando si è iniziato a redigerlo?

Se l’elaborazione di queste norme è il risultato di un impegno quadriennale, l’esigenza della loro redazione è nella volontà di Papa Francesco di dare continuità alle riforme avviate sugli assetti economici e sui criteri di gestione della Curia Romana e dello Stato della Città del Vaticano. Lo conferma il costante rinvio ad una serie di atti fondamentali che hanno caratterizzato il periodo di riforme: lo Statuto del Consiglio per l’Economia, quello della Segreteria per l’Economia o la recente Legge sul governo dello SCV, fino ai riferimenti a quelle strutture che hanno segnato il passaggio ad un’autonomia delle funzioni di prevenzione e di revisione. Per molti aspetti, siamo di fronte ad un completamento sostanziale dell’ispirazione a unificare prassi e regolazioni necessarie alla vita quotidiana della “struttura vaticana”, rafforzando quest’ultima nella sua funzione di garantire e assicurare l’indipendenza della Sede Apostolica. Questo spiega e motiva l’esigenza di costituire un sistema capace di collegare le questioni economiche o i criteri di gestione dei diversi Enti, a principi come la trasparenza o il controllo sulla corretta gestione dei beni e del patrimonio. La natura e la finalità di questo testo trovano convergenza in quello che il Papa definisce il sano comportamento del buon amministratore. Siamo pertanto di fronte ad uno strumento educativo, delle coscienze e della pratica di amministrazione.


Quali materie vengono disciplinate con questo nuovo “codice unico”?

Il testo va a disciplinare le procedure di assegnazione e le modalità di realizzazione relative ai contratti di concessione o di appalto che consentono ai Dicasteri della Curia Romana, alle Istituzioni collegate alla Santa Sede e al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano di avvalersi di opere, di lavori o di servizi e forniture. Nulla di diverso, dunque, da quanto avviene ed è regolato in quasi tutti i Paesi. Ma la disciplina è orientata a sostenere l’unico servizio ecclesiale a cui tutta la “struttura vaticana” è chiamata; a considerare, cioè, la natura e missione della Santa Sede, dei suoi dicasteri e le specifiche finalità dello SCV, sottolineandone le necessarie differenze, ma rendendone omogenei i comportamenti.

Quali sono le ragioni hanno reso necessarie le nuove norme?

Ragioni ecclesiali, ma anche l’esigenza di dare forma agli obblighi internazionali assunti dalla Santa Sede, anche nella sua funzione sovrana sullo Stato della Città del Vaticano. Certamente la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida), a cui la Santa Sede ha aderito il 16 settembre 2016, ma anche altri atti rilevanti – uno tra tutti la Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale. Ai riferimenti alle norme internazionali e alle “buone pratiche” che le stesse richiedono, si affianca l’esigenza di fondare le scelte economiche su quei principi che sono propri della Dottrina sociale della Chiesa, quel corpus attraverso cui il messaggio cristiano trova le modalità di orientare comportamenti e assetti anche della vita economica. E questo significa dar prova di economicità, di efficacia e di efficienza, superando anche ciò che appesantisce le procedure, evitando sovrapposizioni negli interventi e finanche operazioni non necessarie.

Qual è il legame con la Dottrina sociale della Chiesa?

Nella nuova normativa si ritrova l’idea della Dottrina sociale di legare l’azione alle reali esigenze di una comunità. Le nuove norme diventano lo strumento per superare problemi e consentire ad Enti e ad operatori di procedere, unendo alla necessaria efficacia il controllo della gestione delle stesse operazioni. Credo non sia un caso che nel Motu proprio di promulgazione Papa Francesco, collocando le nuove norme sull’orizzonte dell’economia mondiale, indica come la vastità nell’offerta di beni e di servizi sia in grado di ridurre la spesa. Avverte però che questo può avvenire solo a fronte di un’amministrazione fedele e onesta, e cioè con quella “diligenza del buon padre di famiglia” che fa degli amministratori i responsabili dell’interesse generale, che va ben oltre quello individuale o particolare. Anche in questo caso è possibile vedere il collegamento (tecnicamente un vero e proprio rinvio) con quanto maturato a livello internazionale e che ha favorito l’emergere di principi e di regole che reggono il comportamento e le “buone pratiche” dei diversi Paesi.


Può elencare brevemente quali sono le principali novità di questo testo?

Anzitutto il criterio del controllo per garantire la sostenibilità della spesa, fatto reso ancor più necessario dal periodo non facile che stiamo vivendo. Questo significa programmare gli interventi di spesa e razionalizzarla mediante una pianificazione frutto non di inventiva, ma di atti di indirizzo generale, pensati sul medio e lungo periodo. Poi l’idea di avere un unico Albo degli operatori economici (attualmente ogni amministrazione possiede il proprio) come premessa per procedere mediante regole comuni nel conferire lavori, nell’acquisire forniture e servizi, senza che vi siano forme di discriminazione, favorendo anzi il più possibile una leale concorrenza e una concreta economia di spesa. E proprio per dare la necessaria concretezza a questi obiettivi, le nuove disposizioni sono affiancate ad un’apposita normativa processuale, che chiama l’ordinamento giudiziario dello SCV a garantire il ricorso alla tutela giurisdizionale in caso di controversie circa le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, come pure per le procedure legate al funzionamento dell’Albo. Anche in questo caso, nella continuità delle riforme di Papa Francesco, la competenza degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano riguarderà anche le strutture della Curia Romana, riservando al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica la soluzione di conflitti di attribuzione.

Quali rischi del passato si evitano con queste nuove norme?

La lettura delle norme offre una risposta immediata: utilizzando apposite misure di contrasto si eviteranno contratti e transazioni che sono l’antitesi della corretta amministrazione. Si potrà eliminare la piaga degli sprechi, le perdite, e quindi, prevenire la corruzione nelle sue diverse forme. Ad esempio, gli enti saranno chiamati a programmare e a razionalizzare la spesa facendo la dovuta pianificazione nel rapporto tra risorse disponibili e obiettivi da conseguire, sapendo che la vigilanza e il controllo saranno esercitati. O ancora conferire la responsabilità del procedimento di assegnazione di un servizio o di un appalto ad un soggetto diverso da quello che lo richiede o ne ha bisogno, è certamente garanzia per tutti. Tornano qui, come dato concreto, espressioni quali la trasparenza, l’imparzialità, l’oggettività che significano altrettante misure di contrasto ai conflitti di interesse, agli accordi illeciti in materia di concorrenza e alla corruzione. Questo approccio non solo assicura la continuità e l’integrità degli atti amministrativi assunti in relazione ad un procedimento di assegnazione di lavori o di prestazioni, ma garantisce una parità di trattamento degli operatori economici e, nel caso, tutela la retta intenzione di eventuali offerenti.

Quale incidenza potranno avere queste norme sulla vita quotidiana della Santa Sede? C’è il rischio di un’eccessiva burocratizzazione?

In una fase storica in cui è necessario disporre di procedure snelle e funzionali, le nuove norme si presentano per i destinatari come strumento di ripensamento della funzione e di cambiamento della condotta, orientando le stesse funzione e condotta al solo “servizio”. Ecco perché non basta dire che le nuove norme colmano una lacuna. È necessario comprendere che la loro funzione non è suppletiva ma strutturale, chiamata cioè a educare persone nelle loro diverse responsabilità e funzioni, a modificare modi di fare e di operare di enti e istituzioni. Inoltre, le diposizioni potranno favorire la necessaria sussidiarietà nella “struttura vaticana” per farne effettivo criterio di funzionamento, garanzia dell’autonomia amministrativa e di gestione dei singoli enti. Questo potrà aprire la strada a una leale collaborazione generalizzata perché ciascuno, nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali, si senta parte di un corpo. Si potrebbe dire che oltre ad essere regole, le nuove norme sono un monito a riscoprire quanto sia importante – e oggi impellente – una migliore gestione delle risorse che la Santa Sede amministra per conseguire i fini che della Chiesa sono propri.
 

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01 giugno 2020, 12:00