L'architettura sacra come spazio di comunione al tempo del Covid
Antonella Palermo - Città del Vaticano
È il tema dell'ospitalità in relazione al complesso parrocchiale, edificato attorno all'edificio chiesa, al centro delle riflessioni condivise in streaming dall'Ufficio CEI per i beni culturali ecclesiastici e l'edilizia di culto e dall'Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Vicenza. Un convegno rivolto ad architetti, ingegneri, antropologi, sociologi, paesaggisti, liturgisti, teologi, sacerdoti. In primo piano anche gli aspetti della sostenibilità e della resilienza ai tempi del Covid. Il 27 ottobre, in programma una seconda sessione per la presentazione degli Atti del Convegno “Dio non abita più qui?” su dismissione e riuso di chiese, che si è svolto all’Università Gregoriana nel febbraio scorso. Come valutare i comportamenti dei fedeli nella ridefinizione, in questi mesi, del rapporto pratica di fede e spazio sacro? Don Valerio Pennasso, direttore dell'Ufficio CEI di competenza:
Progettazioni collaborative
"Il distaziamento fisico, più che sociale, ci fa assumere la responsabilità dei beni che ci sono stati consegnati e che dobbiamo mantenere nelle loro destinazioni originarie, per il culto, per la carità, per l'incontro e l'evangelizzazione", spiega. Pennasso cita alcune esperienze di progettazione collaborativa in cui le comunità hanno espresso le loro esigenze, per esempio, di ampliamento di spazi da adibire agli incontri, proprio in un periodo in cui si fa sentire maggiormente il desiderio di famiglia ecclesiale. "Alcuni oratori della Lombardia si sono fatti promotori di queste iniziative, ma anche a Palermo, nell'hinterland, o a Reggio Calabria sono emersi bisogni di spazi più ampi in cui ritrovarsi".
La pandemia come occasione di responsabilità
"C'è un grande senso di responsabilità nei confronti di se stessi ma soprattutto nei confronti degli altri": Don Valerio commenta così le dinamiche dei flussi di fedeli che fruiscono dei luoghi di culto. "E' vero che in alcuni contesti sono diminuite le presenze, ma in altri si sono invece rinvigorite, con una consapevolezza forte, soprattutto da parte di molti volontari che accolgono, sanificano, introducono a posizionarsi. Assistiamo a un grande risveglio di attenzione non solo per la tutela della salute ma come contributo importante per superare il tempo del distanziamento. Direi che viviamo quasi un riscatto, non è tutto nero quello che si vede, seppure nell'estrema confusione, talvolta, e nella difficoltà di individuare delle strade possibili. Direi che non avvertiamo un clima di sospetto reciproco. Del resto, l'unica cosa che possiamo fare è stare alle norme".
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