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Abboud, Caritas Libano: “Grati al Papa per la preghiera di pace per la nostra nazione”

Dopo l’annuncio di domenica con il quale Francesco ha presentato per il primo luglio un incontro in Vaticano con i tutti i leader cristiani libanesi, il presidente di Caritas Libano esprime gioia e soddisfazione: “Non ci sentiamo soli. Il Pontefice è un padre che si prende cura delle nostre ferite”. Nel Paese dei Cedri la situazione sempre più drammatica tra crisi economica, pandemia e fuga all’estero di giovani e professionisti qualificati

Federico Piana - Vatican News

“Il Papa non ci abbandona, non ci lascia soli”. Padre Michel Abboud è provato ma soddisfatto. Quando apprende, con un messaggio su Twitter, che Francesco, nel dopo Angelus di domenica scorsa, ha annunciato per il primo luglio prossimo un incontro in Vaticano con tutti i leader cristiani del Libano per pregare per la pace e la stabilità del Paese, non sa trattenere la sua gioia: “Noi libanesi siamo nel cuore del Pontefice perché lui sa che stiamo attraversando una fase oscura della nostra storia”. Il presidente di Caritas Libano ricorda, con dolore ma allo stesso tempo con estrema lucidità, che “dal 2019 la nazione sta vivendo molte crisi acute: economica, politica, terroristica e, adesso, quella legata alla pandemia”. 

Ascolta l'intervista a padre Michel Abboud

La situazione sta peggiorando sempre di più?

R.- Quando la gente ha fame reagisce in un modo inaccettabile e noi abbiamo paura. Anche perché le nostre comunità non hanno fiducia l’una delle altre. Non bisogna dimenticare che, dal 1975, in Libano ci sono state molte guerre, anche religiose: come nel passato, le crisi attuali potrebbero farci tornare a degli scontri feroci, e noi non lo vogliamo. Ecco perché il Papa ha preso la decisione di far riunire in Vaticano tutti i capi delle comunità cristiane, come aveva richiesto anche il Patriarca ortodosso. 

Attualmente, quali sono le priorità per il Libano? 

R.- La prima priorità è rifiutare la guerra. I libanesi sono armati e bisogna convincerli a non fare la guerra. La seconda, portare un po’ di serenità economica perché una parte del Libano ha fame e non ha i soldi neanche per comprare le medicine. Il rilancio dell’istruzione è la terza priorità. Molte scuole cattoliche hanno chiuso i battenti perché le famiglie non possono pagare le rette e questo ha imposto il licenziamento anche di molti professori. Un altro grave problema riguarda la fuga dal Paese di molte persone, soprattutto giovani. La maggior parte di loro sono cristiani e professionisti molto qualificati. Così il Libano perde i suoi figli.

Vi sentite abbandonati dalla comunità internazionale?

R.- La comunità internazionale sta dando una certa attenzione al Libano. Il patriarca maronita, cardinale Béchara Pierre Raï, ha chiesto alla comunità internazionale di aiutare il Libano facendo un congresso speciale con il quale tentare di risolvere i nostri problemi. Speriamo si possa realizzare.

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31 maggio 2021, 16:04