È Beato Olinto Marella, il “barbone di Dio”

Fine studioso e amico dei poveri, sono due le anime di questo sacerdote che dovette sopportare anche la sospensione a divinis dal ministero, per poi essere reintegrato nella diocesi di Bologna da cui, oggi, sale agli onori degli altari . La Messa di Beatificazione viene celebrata dall'arcivescovo della città, cardinale Matteo Maria Zuppi

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Dalla sospensione a divinis dal sacerdozio alla Beatificazione: è singolare il cammino terreno di Olinto Marella, il nuovo Beato che da oggi arricchisce e fa risplendere la Chiesa di Bologna. Originario di Pellestrina, isolotto della laguna veneta tra Venezia e Chioggia, trascorre qui gli anni della formazione, in un periodo, quello a cavallo tra i due secoli Ottocento e Novecento, in cui tutto è fermento e anche il cattolicesimo non fa eccezione, animato com’è da forti spinte di rinnovamento interno. La povertà che vede intorno a sé sarà per lui la spinta decisiva a diventare uno dei più grandi testimoni della carità che siano mai esistiti.   

Don Marella, fine studioso

Di un’intelligenza non comune e con una vocazione maturata molto precocemente, Olinto parte per Roma per studiare in seminario. Presto, però, la vita lo richiama in Veneto: la sua estrema sensibilità ha risentito dei gravi lutti che nel giro di poco si sono succeduti nella sua famiglia. Questo non gli impedisce comunque di approfondire temi teologici come quello della pietà, il suo preferito, e di sviluppare un pensiero personale, critico verso i metodi rigidi dell’insegnamento allora comune, ma che secondo lui soffocano la libertà del singolo. In questi anni è compagno di classe di Angelo Roncalli – futuro Papa Giovanni XXIII – che lo ricorderà sempre come un “carissimo amico”. Una volta presi i voti, Olinto viene mandato nel seminario di Chioggia a insegnare storia ecclesiastica e Sacra Scrittura e qui può subito sperimentare il suo nuovo metodo di approccio diretto al Vangelo e confrontarsi con tematiche allora appena emergenti, come il rapporto tra Chiesa ed economia o tra Chiesa e sviluppo scientifico.

Padre Olinto, grande educatore

Ma quello che soprattutto occupa i pensieri e le preoccupazioni di don Marella, sono le condizioni del popolo che abita la sua isola e che incontra ogni giorno. Non si dà pace, finché assieme al fratello, che è studente d’ingegneria, fonda il Ricreatorio popolare, un progetto educativo unico in quel territorio, che si prefigge di combattere l’analfabetismo dilagante a partire dalla prima infanzia. Nelle scuole che lo compongono, il sacerdote diventa per tutti un papà, ed è così che iniziano a chiamarlo “padre Olinto”. I ragazzi lo amano perché in quel prete trovano un compagno di giochi che insegna loro attraverso il teatrino, la biblioteca circolante, lo sport e addirittura suonando in una banda. Nelle scuole del Ricreatorio, inoltre, fatto unico per l’epoca, convivono entrambi i sessi, requisito che padre Olinto reputa fondamentale per lo sviluppo reciproco, e per far crescere assieme ai ragazzi un’idea di fratellanza e di vera integrazione umana.

Per anni lontano dal sacerdozio, ma non dall’educazione

Non tutti, però, apprezzano l’operato di padre Olinto, che fa sempre più parlare di sé. Anche all’interno del clero, si fa dei nemici che se non lo etichettano direttamente come sovversivo, lo definiscono quantomeno “troppo evangelico e poco canonico”. Questo dissenso crescente purtroppo prenderà la forma più odiosa: il 24 settembre 1909 gli viene comunicata la sospensione a divinis firmata da Pio X. Marella non è più né don né padre: è semplicemente Olinto. Non può che accettare con obbedienza questo “martirio spirituale” dietro al quale si celano le invidie per i suoi successi e la resistenza che spesso accompagna i cambiamenti ancorché positivi. Anche la motivazione del provvedimento che gli viene data, lo farà soffrire: la colpa era consistita nel farsi vedere in compagnia di Romolo Murri, sacerdote anche lui sospeso a divinis e poi scomunicato nello stesso anno a causa del suo impegno politico e sociale. Olinto deve ricostruire la propria vita e lo fa partendo dal lavoro. Si arruola nell’esercito impegnato nella Prima Guerra Mondiale, consegue la laurea in storia e filosofia e l’abilitazione all’insegnamento. Poi si mette a fare l’unica cosa che sa fare e che ha sempre fatto: insegnare, appunto. Come professore girerà tutta la penisola; a Rieti sarà anche il docente di Indro Montanelli, giornalista notoriamente ateo, che della sua vicenda dirà: “Perfino io mi ero accorto che era un Santo, non se n’era accorta la Chiesa?”.

Educare alla libertà, ma quella di Gesù

Nel 1924 Olinto Marella si stabilisce a Bologna, città che lo accoglierà in molti sensi. Da volontario si riavvicina in punta di piedi alle opere religiose, tanto da guadagnarsi la fiducia di mons. Emilio Faggioli che intercederà per lui presso l’arcivescovo, il cardinale Nasalli Rocca. E così, nella festa della Presentazione al Tempio, il 2 febbraio 1925, dopo ben 16 anni, don Olinto, reintegrato nel clero di Bologna, può provare di nuovo la gioia di celebrare Messa. Da lì il seme comincia a fruttificare rigoglioso. Si moltiplicano le opere cui dà vita: la più nota è certamente la Città dei Ragazzi nel 1948, in cui educa i giovani orfani e abbandonati senza coercizioni, applicando il metodo dell’autogestione sorvegliata. Può finalmente approfondire il tema, a lui tanto caro, dell’educazione fondata sulla libertà, ma una libertà personale vera che viene da Cristo; prova a superare il modello della classica lezione orizzontale, a cui preferisce il colloquio diretto con i suoi studenti. Li interpella, li stimola, li conforta. In una parola: li ama. Per questa sua prossimità non solo spirituale ma fisica con chi ha bisogno, Padre Marella viene soprannominato “il barbone di Dio”. Per primo, infatti, incarna il rapporto che deve esserci tra Vangelo e vita, tra Vangelo e carità, una carità che per lui non avrà limiti, fino a quel 6 settembre 1969, quando ritorna alla Casa del Padre, ma partendo da un luogo privilegiato: quello dove era rimasto sempre, “vicino ai miei ragazzi”.  

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Olinto Marella, la storia per immagini
04 ottobre 2020, 08:00