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Santa Sede all’Onu: povertà zero entro il 2030, obiettivo lontano

Intervenendo ieri alla 73.ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu sullo Sviluppo sociale, l’Osservatore permanente della Santa Sede mons. Bernardito Auza ha affermato che porre fine alla povertà entro il 2030 rimane un obiettivo lontano e invita a sostenere famiglia, giovani, disabili e anziani

Sergio Centofanti - Città del Vaticano

“Negli ultimi tre decenni - ha affermato mons. Auza - abbiamo assistito a una significativa riduzione della povertà globale, in particolare della povertà estrema. In effetti, una nuova relazione della Banca mondiale stima che quasi la metà dei Paesi qui rappresentati oggi ha un tasso di povertà inferiore al 3%, un risultato davvero notevole. Ma se da una parte il tasso di povertà globale è più basso di quanto non sia mai stato, dall’altra "porre fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque" entro il 2030 rimane un obiettivo lontano. Inoltre, anche se l'economia globale continua a crescere, le disuguaglianze sociali ed economiche sono ancora presenti tra i Paesi e al loro interno. Infatti, il divario tra chi ha e chi non ha, continua a crescere e la disuguaglianza di reddito rimane una sfida socio-economica del nostro tempo. Pertanto, rispondere alla domanda sul perché la povertà persiste e perché la crescita non è sempre inclusiva rimane cruciale per compiere progressi significativi verso gli obiettivi che ci siamo prefissati.

Risposte inadeguate alla povertà generano ingiustizia, disuguaglianza sociale ed emarginazione

La povertà e la disuguaglianza sono troppo spesso ridotte ad una questione di sviluppo economico. Un approccio puramente economico, tuttavia, fornisce solo una soluzione parziale ad un problema multidimensionale. Tali risposte inadeguate incoraggiano inevitabilmente la crescita dell'ingiustizia, della disuguaglianza sociale e dell'emarginazione, soprattutto per i più vulnerabili, che sono sempre i primi ad essere lasciati indietro. Di recente abbiamo visto come le persone reagiscono quando vengono lasciate indietro, si sentono ignorate, si sentono vittime di un sistema ingiusto, sviluppano una rabbia repressa che di solito sta dietro a disordini sociali e proteste, mettono in discussione e rifiutano il sistema politico ed economico in cui si trovano. Questa non è una novità, ma man mano che il mondo diventa sempre più interconnesso, le disuguaglianze che sperimentiamo diventano ancora più evidenti di quanto lo fossero in passato, poiché possiamo confrontare più facilmente le nostre vite con quelle degli altri, indipendentemente dalla distanza fisica tra di noi.

Concentrarsi su famiglia, giovani, disabili e anziani

A questo proposito, mons. Auza afferma che bisogna concentrarsi su tre elementi fondamentali: la famiglia, i giovani, le persone disabili e gli anziani, “che meritano maggiore attenzione e considerazione, perché da essi dipende il futuro”. “La famiglia è il fondamento della società”, “per questo motivo, i governi devono intensificare i loro sforzi” a sostegno delle famiglie. “In secondo luogo, i giovani. L'investimento che facciamo per ogni giovane non è solo per il bene individuale di quella persona, ma per la società nel suo complesso. Affinché i giovani possano realizzare appieno il loro potenziale, i governi devono investire nella prima infanzia e nell'istruzione superiore. Soddisfare le esigenze dei giovani non è solo una questione di fornire posti di lavoro, ma anche di fornire opportunità di assumere ruoli di leadership e responsabilità. Solo allora i giovani diventeranno protagonisti della propria vita e della società”. In terzo luogo, occorre sostenere “le persone con disabilità e gli anziani” spesso “ignorati e lasciati indietro”.


 

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04 ottobre 2018, 10:20