Il Papa: rompiamo lo specchio della vanità, nella via dell'umiltà troveremo Dio

Nella catechesi dell’udienza generale, il Papa a pochi giorni dal Natale parla della nascita del Bambino e sottolinea che la gioia è sapere di essere amati di un amore concreto: senza umiltà siamo tagliati fuori dalla comprensione di Dio e di noi stessi

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Francesco prende per mano chi lo ascolta all’udienza generale, in Aula Paolo VI, per portarlo davanti al presepe, per adorare quel Bambino e riconoscere che Lui è Dio. Lì nella contemplazione, chiedere “la grazia dell’umiltà”, unica strada per trovare davvero Gesù, per rompere le catene dell’egoismo e quelle dell’amore incondizionato e unico per se stessi. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

“Signore, che non sia superbo, che non sia autosufficiente, che non creda che io sono il centro dell’universo. Fammi umile. Dammi la grazia dell’umiltà. E con questa umiltà io posso trovarti. E’ l’unica strada, eh? Senza umiltà non troveremo mai Dio: troveremo noi stessi. Perché la persona che non ha umiltà non ha orizzonti davanti, ha soltanto uno specchio: guarda sé stesso, guarda sé stesso. Chiediamo al Signore di rompere lo specchio e guardare oltre, all’orizzonte, dove è Lui. Ma questo deve farlo Lui: darci la grazia e la gioia dell’umiltà per fare questa strada.

Gli umili

Il Papa riprende il racconto della venuta al mondo di Gesù, il Creatore dell’universo al quale “non fu concesso un posto per nascere”. Ricorda l’annuncio dell’angelo ai pastori, la stella che guidò i Magi e che portò alla “luce vera che illumina ogni uomo, che splende nelle tenebre”.

I pastori personificano i poveri d’Israele, persone umili che interiormente vivono con la consapevolezza della propria mancanza, e proprio per questo confidano più degli altri in Dio. Sono loro a vedere per primi il Figlio di Dio fattosi uomo, e questo incontro li cambia profondamente.

Non posseduti dalle cose

Sui Magi i Vangeli non dicono che fossero re ma che, spiega Francesco, venivano “da un paese lontano dell’Oriente, si può pensare alla Babilonia o all’Arabia o alla Persia del tempo” che si sono messi in viaggio alla ricerca del Re dei Giudei.

I Magi rappresentano i popoli pagani, in particolare tutti coloro che lungo i secoli cercano Dio e si mettono in cammino per trovarlo. Rappresentano anche i ricchi e i potenti, ma solo quelli che non sono schiavi del possesso, che non sono “posseduti” dalle cose che credono di possedere.

Tagliati fuori senza umiltà

“I Magi potevano anche essere dei grandi secondo la logica del mondo, ma si fanno piccoli, umili, e proprio per questo riescono a trovare Gesù e a riconoscerlo. Essi accettano l’umiltà di cercare, di mettersi in viaggio, di chiedere, di rischiare, di sbagliare”.

Cari fratelli e care sorelle, solo l’umiltà è la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a Lui, ci porta anche all’essenziale della vita, al suo significato più vero, al motivo più affidabile per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Solo l’umiltà ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta. Senza umiltà siamo “tagliati fuori”, siamo tagliati fuori dalla comprensione di Dio, e dalla comprensione di noi stessi.

La sana inquietudine

Francesco ricorda la preghiera di Sant’Anselmo: “Signore, insegnami a cercarti. Mostrati, quando ti cerco. Non posso cercarti, se tu non mi insegni; né trovarti, se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti! Che io ti trovi cercandoti e ti ami trovandoti!”.

Ogni uomo, nel profondo del suo cuore, è chiamato a cercare Dio e, con la sua stessa grazia, può trovarlo. tutti noi, abbiamo quella inquietudine e il lavoro nostro è non spegnere quella inquietudine, lasciarla crescere perché è l’inquietudine di cercare Dio; e, con la sua stessa grazia, può trovarlo.

Amati per primi

Davanti a tutti, nella grotta di Betlemme, Francesco mette i preferiti di Dio, i poveri che, “come esortava San Paolo VI, dobbiamo amare, perché in certo modo sono sacramento di Cristo”. Poi porta coloro che non credono, “tutti coloro che non hanno un’inquietudine religiosa, che non si pongono il problema di Dio, o addirittura combattono la religione, tutti quelli che impropriamente sono denominati atei”. A loro ripete, sulla scia del Concilio Vaticano II; che “la Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano”.

Dio ci ha amati per primi, ripete il Papa, un amore che è concreto e carne.

È questo il motivo della nostra gioia: siamo stati amati, siamo stati cercati, il Signore ci cerca per trovarci, per amarci di più. Questo è il motivo della gioia: sapere che siamo stati amati senza nessun merito, siamo sempre preceduti da Dio nell’amore, un amore così concreto che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, in quel Bambino che vediamo nel presepe. Questo amore ha un nome e un volto: Gesù. Gesù è il nome e il volto dell’amore che sta a fondamenta della nostra gioia.

Un Natale con Gesù che tocca il cuore

Al termine della catechesi, il Papa dona un augurio particolare che va al di là delle feste, delle riunioni di famiglia, “la consapevolezza che Dio viene per me”.

Ognuno dica questo: Dio viene per me. La consapevolezza che per cercare Dio, trovare Dio, accettare Dio ci vuole umiltà: guardare con umiltà la grazia di rompere lo specchio della vanità, della superbia, di guardare noi stessi. Guardare Gesù, guardare l’orizzonte, guardare Dio che viene da noi e che tocca il cuore con quella inquietudine che ci porta alla speranza. Buon e santo Natale!

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Papa Francesco all'udienza generale
22 dicembre 2021, 09:46

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