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Blaj. Mons. Pop: speriamo in un perdono che sgorghi da tutti i cuori

La beatificazione dei 7 vescovi greco-cattolici martiri e l’incontro con la comunità rom saranno le tappe centrali del terzo giorno del viaggio apostolico di Papa Francesco in Romania, domenica 2 giugno. Ce ne parla nell'intervista Claudiu POP, vescovo di Curia dell’Archieparchia Maggiore della Chiesa Greco-Cattolica di Romania a Blaj

Debora Donnini - Città del Vaticano

Il terzo giorno di Papa Francesco in Romania, domenica 2 giugno, sarà a Blaj nella regione della Transilvania, che costituisce la parte centrale e occidentale del Paese. Una giornata che sarà scandita da due momenti centrali: la Divina Liturgia con la beatificazione dei 7 vescovi greco-cattolici martiri e, nel pomeriggio, l’incontro con la comunità rom della piccola cittadina, che conta 20mila abitanti, ma ha lasciato un’impronta nella storia della Romania.

Blaj è il “cuore” della Chiesa greco-cattolica della Romania e centro di importanti avvenimenti per la storia del popolo romeno. Qui, nel 1754, nascono le prime scuole sistematiche romene della Transilvania. Qui, l’anno successivo, viene realizzata la prima traduzione cattolica in romeno della Sacra Scrittura, conosciuta come “Bibbia di Blaj”. Ma Blaj ha avuto un ruolo importante nella preparazione della Grande Unione della Romania nel 1918 e, prima, nel campo della libertà, nel 1848 oltre 40mila persone si radunarono per chiedere il riconoscimento del popolo romeno come nazione, la libertà e pari diritti civili. Ma il campo della libertà a Blaj è anche il luogo dove il regime comunista chiese ai greco cattolici di abbandonare la fede cattolica. Blaj è dunque uno scrigno di cultura, storia, pensiero e fede. Sui momenti salienti di questa giornata, si sofferma mons. Claudiu POP, vescovo di Curia dell’Archieparchia Maggiore della Chiesa Greco-Cattolica di Romania, iniziando proprio dalle figure dei 7 vescovi greco cattolici che verranno beatificati e sull’esperienza di perdono e di guarigione delle ferite che la visita del Papa porterà:

Ascolta l'intervista a mons. Claudiu POP

R. – Quando il comunismo è arrivato in Romania, il primo tentativo è stata la proposta di lasciare la fede cattolica e passare alla Chiesa ortodossa. Quando si resero conto che nessuno di loro era disposto a cedere, sono passati alle maniere forti e hanno imprigionato tutti i vescovi in un momento ben pensato dalla “Securitate”, che era la polizia segreta di quel tempo, e li hanno incarcerati per un periodo. E anche lì sono continuati i tentativi di convincerli. Vedendo che anche questi tentativi, nonostante un periodo di perdita della libertà, non andavano in porto, sono passati alle maniere forti. Ma c’è un altro esempio di modi con cui si cercava di intimidire. Ad esempio, con il cardinale Iuliu Hossu, cioè colui che sarebbe diventato il cardinale Iuliu Hossu. Lui è stato proclamato cardinale “in pectore”: si trovava in domicilio forzato e la “Securitate” ha inviato un suo ex-segretario per cercare di dirgli che sarebbe stato inutile resistere. Gli ha chiesto: “Ma perché lei continua a resistere? Vede che non c’è nessuna prospettiva per la Chiesa, attualmente?”. Allora il vescovo Iuliu Hossu disse: “Ma tu sai, quando le donne sono andate al sepolcro di Gesù e hanno pensato di trovare una pietra, si chiedevano: ‘Ma chi ci aiuterà a spostare questa pietra?’. Ma quando arrivarono, trovarono che il Signore aveva già spostato la pietra. E dunque anche per noi, sono sicuro che il Signore ridarà la libertà alla sua Chiesa. Non sono sicuro – diceva – che io vedrò quel momento, ma sono sicuro che il Signore darà questa prospettiva”. Ma vedendo la loro libertà di affrontare la prova, questo penso che possa dare speranza e pace a noi, oggi, in mezzo alle nostre tribolazioni.

Qual è il significato, dunque, di questa beatificazione per la Chiesa in Romania, per il popolo romeno?

R. – Con questi sette vescovi martiri praticamente tutta la Chiesa greco-cattolica è presente e tutta la Chiesa greco-cattolica ha dato testimonianza dell’importanza della comunione con Roma. Penso che Papa Francesco venga a casa sua, qui: Blaj dove sarà celebrata la Divina Liturgia, dove sarà proclamata la beatificazione, in romeno viene chiamata “la piccola Roma”, proprio a causa del forte legame con la Chiesa di Roma. Dunque da questo punto di vista, l’arrivo del Santo Padre qui è per noi un segno di grandissimo amore, speranza e conferma nella fede. Una Chiesa che ha saputo soffrire per la comunione con Roma, vede adesso Pietro che viene a Blaj per confortarla, per sostenerla nella sua fede. Ma è importante anche per la Romania, perché 20 anni fa abbiamo avuto la visita del Santo Padre Giovanni Paolo II e in quella visita i fedeli hanno incominciato spontaneamente a gridare – cattolici e ortodossi insieme – “unitate”, “unitate”. Quindi, la presenza del Santo Padre in Romania ha fatto sgorgare spontaneamente dai loro cuori il desiderio dell’unità. E penso che Papa Francesco ci aiuterà a continuare a sperare, gridando “unitate, unitate”, non soltanto con la forza delle nostre voci, ma con la forza del nostro cuore. Ci sono tante cose da fare ancora, in Romania, per l’unità. E penso che questo sia molto importante per noi, oggi: riscoprire questa dimensione dell’amicizia, del conoscersi a vicenda. In questo ambito, la visita del Santo Padre penso che ci aiuterà tanto. Ci fa sperare veramente in un perdono che sgorgherà da tutti i cuori. Spero veramente che la sua presenza ci aiuti a guarire tante nostre ferite.

A Blaj, dopo il Regina Coeli, il Papa incontrerà la comunità rom: anche questo è un aspetto che testimonia ancora una volta l’andare alle periferie di Papa Francesco. Come vive la popolazione cattolica dei rom a Blaj? Che attesa c’è anche per questo incontro?

R. – È un’opportunità per ricordare la vera missione della Chiesa e per ricordare anche il nostro passato, la nostra tradizione. Per esempio, quando la Chiesa greco-cattolica ha aperto le scuole a Blaj, non ha mai fatto le scuole o l’educazione per alcuni, erano non soltanto per romeni, non soltanto per ricchi, non soltanto per certe categorie, ma per tutti. Noi come Chiesa greco-cattolica abbiamo dei sacerdoti rom; abbiamo dei seminaristi rom che studiano. Abbiamo la popolazione rom che è presente nel cuore della Chiesa. Uno dei vescovi martiri, Ioan Suciu, che era vescovo qui, aveva una particolare attenzione: non andava a trovarli perché era un vescovo o solennemente, ma andava per esempio a giocare a calcio con loro, e questo nella loro memoria è rimasto molto ben presente. E per questo la visita del Santo Padre provoca – come si può immaginare – una grande gioia in loro.

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Blaj
29 maggio 2019, 09:00