· Città del Vaticano ·

Nel pieno della pandemia il G20 sospende il pagamento del debito dei paesi più poveri

Un piccolo passo nella giusta direzione

Volunteers carry sacks filled with food to distribute to vulnerable residents, during a lockdown by ...
16 aprile 2020

Un piccolo passo, ma nella giusta direzione. Nel pieno dell’emergenza coronavirus, il g20, cioè il gruppi dei paesi più industrializzati del mondo, ha deciso di sospendere temporaneamente il pagamento del debito dei paesi più poveri: la misura scatterà dal primo maggio e durerà fino alla fine del 2020. La cifra complessivamente sarà pari a venti miliardi di dollari.

L’accordo è stato annunciato ieri pomeriggio. «Sosteniamo una sospensione temporanea dei servizi di pagamento dei debito per i paesi più poveri. Tutti i creditori ufficiali bilaterali parteciperanno all’iniziativa. Chiediamo ai creditori privati di partecipare all’iniziativa in termini simili» si legge in una nota diffusa ieri dai ministri finanziari e dai governatori delle banche centrali del g20, riuniti in via virtuale sotto la presidenza dell’Arabia Saudita. Plaudono alla moratoria il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale (Bm). «È un’iniziativa potente e veloce che farà molto per salvare le vite di milioni di persone nei paesi più deboli» affermano Kristalina Georgieva e David Malpass. Ha parlato di «atto di solidarietà internazionale di dimensioni storiche» il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz. Si tratta infatti — dicono gli analisti — di un accordo molto rilevante perché il g20 include alcuni dei maggiori creditori dei paesi più poveri, in primis la Cina con la Belt and Road Initiative. La moratoria consente ai paesi più poveri di liberare risorse per far fronte all’emergenza coronavirus.

Tuttavia, non sono mancate le critiche contro l’iniziativa. Secondo numerose ong, la moratoria sul debito dei paesi più poveri «è un primo passo positivo che li aiuterà a liberare miliardi per affrontare la pandemia. Ma c’è bisogno di fare di più». In effetti, secondo le stime dell’Onu, i paesi in via di sviluppo avrebbero bisogno di almeno 1.000 miliardi di dollari di sospensione o cancellazione del debito. «Anche se è una mossa importante da parte del g20 serve molto di più» sottolineano i rappresentanti delle ong, mettendo in evidenza che il g20 «deve cancellare i debiti del 2020 di tutti i paesi colpiti da questo tsunami economico, e tutti i creditori dovrebbero seguire l’azione». Secondo molti, per favorire una riduzione del debito straordinaria, il Fmi «potrebbe ad esempio ricorrere alla monetizzazione di parte delle proprie riserve auree, il cui valore è aumentato di oltre 19 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno».

Intanto, sempre ieri, un appello alla solidarietà è giunto dall’Fmi, soprattutto per l’Europa. «L’Europa è particolarmente colpita. Questo è il momento per una solidarietà europea, ed è quello che i cittadini dell’Europa si attendono dai loro governi e dalle loro istituzioni» si legge in una nota.

Inoltre, l’Fmi ha sottolineato anche l’urgenza di risolvere il problema del debito italiano. «Risolvere il problema del debito in Italia è risolvere il problema della crescita in Italia, che è stata deludente negli ultimi tre decenni» ha sottolineato il Fondo. Il deficit italiano, a causa della pandemia, balzerà quest’anno all’8,3 per cento. Negli Stati Uniti si toccherà il 15 per cento. Per la Francia il Fondo stima un deficit al 9,2 per cento del pil dal +3,0 del 2019. Per la Germania il disavanzo salirà al 5,5. «Prevediamo che il pil dell’Europa si contrarrà del 6,5 per cento nel 2020, un impatto maggiore di quello della crisi finanziaria» ha detto il responsabile del Dipartimento europeo del Fmi, Paul Thomsen.

Nelle sue ultime stime generali il Fondo afferma che la contrazione dell’economia provocherà quest’anno una riduzione ancora maggiore delle entrate. A questo si aggiungono 3.300 miliardi di dollari di spese sanitarie e spese per sostenere famiglie e imprese e i fondi sborsati per le istituzioni finanziarie e non. «L’impatto sui conti pubblici sarà alto ma al momento difficile da stimare: dipenderà dalla durata della pandemia e dalla forma della ripresa» si legge in una nota.