G20 Interfaith Forum, il Professor Alberto Melloni G20 Interfaith Forum, il Professor Alberto Melloni 

G20 Interfaith Forum: il tempo della guarigione

Guarire dalla pandemia e dal virus della guerra: è il tema centrale attorno a cui ruoteranno i lavori di una delle più importanti iniziative collaterali al vertice e che si svolgerà a Bologna dal 12 al 14 settembre. Alla presentazione a Roma, le preoccupazioni sulla crisi afghana. Il vice Ministro degli Esteri italiano: la violenza non appartiene a nessuna religione

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Alle tre 'P' che stanno guidando la presidenza italiana verso il vertice G20 di fine ottobre (Persone, Pianeta, Prosperità), si dovrebbe aggiungerne una quarta: la 'P' di Pace. E’ l’auspicio del professor Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le Scienze Religiose, presentando l'edizione 2021 del Forum Interfaith dal titolo Time to heal - Peace among cultures, understanding between religions. Si è detto preoccupato per il diffuso analfabetismo religioso che impedisce di comprendere la propria tradizione e quella altrui: fenomeno che contribuisce ad ostacolare i percorsi della pace. Oltre 300 i partecipanti con un centinaio di autorità politiche e diplomatiche che si ritroveranno a Bologna, città fin dalle origini crocevia di culture, per costruire uno spazio di dialogo, non solo fra capi religiosi.

L'importanza del rapporto tra fedi e relazioni internazionali

Sullo sfondo delle sessioni, le sfide poste dalla pandemia, poi approfondimenti sull’Africa - la grande e incredibile assente al G20, è stato sottolineato - e sull’Asia centrale, soprattutto alla luce della crisi afghana. "Vivere in santa pace, come dicevano le nostre nonne - ha osservato Melloni - non richiede di diventare meno credenti ma credenti migliori". Il filo rosso di tutti gli appuntamenti del fitto programma è che il rapporto tra fedi e relazioni internazionali è importante per evitare che il disaccordo diventi egemone e inibisca le azioni per convergere sulla pace. In videoconferenza, il cardinale Matteo Zuppi ha richiamato l’immagine della "guerra mondiale a pezzi", guardando anche agli ultimi fatti dell'Afghanistan. Restando invece sull'orizzonte della pandemia e delle sfide che pone, l'arcivescovo di Bologna ha invitato a porsi due domande cruciali: "cosa è cambiato?" e "cosa scegliere? "La pandemia ha rilevato le tante fragilità nella convivenza tra le persone ma ha messo in luce delle capacità nuove. Per esempio, ha permesso di trovare una strada per uscire: che non ci si può salvare da soli". Dal canto suo, il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Rav. Riccardo Di Segni, ha insistito sulla pericolosità delle guerre di religione che segnano l’inizio di questo secolo: "dobbiamo agire senza retorica, come pompieri per ridurre le fiamme", ha detto, sottolineando anche che si dovrà sgombrare il campo da facili ottimismi. 

Vice Ministro Sereni: l'odio non appartiene a nessuna religione

"La laicità dello Stato non va intesa come barriera al contributo delle religioni nel dibattito pubblico", ha precisato il vice ministro degli Affari Esteri, Marina Sereni che, dall'altro lato, sull’Afghanistan ha scandito: "bisogna impedire ai fondamentalisti di distorcere il messaggio religioso per loro fini. L'odio e la violenza non appartengono a nessuna religione". L'evento di dialogo tra le fedi è stato considerato una preziosa occasione di confronto anche considerando i frutti delle passate edizioni: "Anno dopo anno ha contribuito a far capire quanto le religioni siano importanti per capire le questioni politiche. Non dobbiamo guarire solo dalla pandemia sanitaria - ha aggiunto Sereni - ma da molte altre pandemie attingendo ad una comune sensibilità etica che può essere condivisa dalle religioni". E poi ha riconosciuto il grande valore aggiunto che le religioni offrono alle società, soprattutto in ambiti come la sanità, l'ambiente, l'inclusione sociale. Ma anche sul fronte multilaterale possiamo avere un approccio positivo, in linea con quanto in Italia ci indica il dettato costituzionale. 

L'assenza dei cattolici in alcune aree riduce le possibilità di dialogo 

 

Ascolta l'intervista a Marina Sereni

Come guarda il governo italiano - chiediamo al vice ministro - alla fine della presenza della missione cattolica a Kabul, che segnale è? "Certamente - risponde - non è un segnale positivo. In tutti quei Paesi in cui la presenza cattolica è venuta meno o è diventata residuale è diminuita la possibilità di dialogo, di costruire un'agenda positiva di dialogo tra le religioni e tra le religioni e la politica. Dobbiamo sapere che le minoranze cristiane, in particolar modo in alcune aree del mondo a partire dal Medio Oriente, sono state nel tempo un grande lievito di tolleranza, di confronto e di costruzione di strade comuni e per questo noi dobbiamo sostenere e difendere le minoranze cristiane nel mondo".

Di Segni, Melloni e Sereni alla presentazione del G20 Interfaith Forum, Sede Stampa Estera a Roma
Di Segni, Melloni e Sereni alla presentazione del G20 Interfaith Forum, Sede Stampa Estera a Roma

E sul fronte dell'accoglienza in Italia di quanti sono riusciti a venir via dall'Afghanistan, come vi state muovendo? "Stiamo lavorando su chi è già in Italia - oltre 5000 in questo momento - sono nelle mani del ministero degli Interni. Ma noi puntiamo a fare un programma di integrazione per queste persone, non solo di accoglienza, perché sono famiglie che rimarranno a lungo nel nostro Paese, sono donne che hanno sviluppato in questi vent'anni una consapevolezza di sé e quindi noi dobbiamo garantire loro un'accoglienza particolarmente di qualità. Inoltre, stiamo lavorando anche su quelle tante persone che avevano sperato di poter usufruire del ponte aereo ma che purtroppo non è stato possibile. Nei prossimi giorni e mesi vedranno una fase 2 e noi lavoreremo sia per corridoi umanitari dai Paesi limitrofi, sia per verificare se è possibile in qualche altro modo, anche sulla base dell'interlocuzione che è in corso con l'Onu, garantire la libertà per ciascun afgano che voglia lasciare il Paese liberamente. Questo per noi è un punto importante".

Il catalogo delle vittime nei luoghi di preghiera

Nell'ambito dei moltissimi appuntamenti di IF20 è previsto anche un momento di preghiera particolare che vuole ricordare coloro che sono stati uccisi negli anni in luoghi di culto. "Abbiamo voluto dar conto di una ricerca che stiamo conducendo su questo aspetto - afferma il professor Melloni - considerando che, in fondo, così come siamo tutti figli di Abele, siamo anche tutti figli di Caino. L'assassinio nei luoghi di culto indica una intenzionalità più tagliente e abrasiva". Si è preso come riferimento temporale un periodo di 40 anni, dall'attentato alla sinagoga di Roma nell'82 fino a quello che successe nella moschea in Nuova Zelanda. E' un lavoro complesso e cresce di molto. Siamo a 2890 attentati registrati con circa 5000 uccisi in questi luoghi: templi, sacrari, moschee, chiese. E' prevista una preghiera nella Chiesa di Santo Stefano a Bologna per far sentire a tutti il lutto delle altre comunità. 

Le proposte indirizzate al summit

Sarà David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ad aprire i lavori del Forum seguito dalla lezione del presidente della Slovenia, Pahor, che presiede il semestre. Interverranno anche il Primo Ministro dello Sri Lanka, il presidente del Congresso Ebraico MOndiale, cui seguiranno i messaggi della ADG delle Nazioni Unite e del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. La chiusura dei lavori sarà invece affidata al Premier italiano Mario Draghi e al cardinale di Bologna, Zuppi. L'IF20 discuterà inoltre di una serie di proposte indirizzate al vertice G20 con una breve dichiarazione di impegni comuni: 'noi non uccideremo'; 'noi ci salveremo'; 'noi ci perdoneremo'. Un'assunzione di responsabilità con cui leaders politici, autorità di fede e produttori di conoscenza possono fare ciascuno la propria parte. 

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02 settembre 2021, 16:00