Proietti: terminato il funerale Proietti: terminato il funerale 

Funerali di Proietti: Don Insero: "Aveva profonda stima e affetto per Papa Francesco"

Lutto cittadino oggi a Roma dove, nella Chiesa degli Artisti, è stata celebrata la cerimonia esequiale per l'attore Gigi Proietti, scomparso lunedì scorso. Prima dei funerali, il feretro ha percorso le vie del centro fino al Globe Theatre, da lui fondato e diretto e che a lui sarà intitolato.

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Il tributo composto dei romani ai bordi delle strade capitoline per l'ultimo saluto al mattatore ha commosso l'Italia. Dalla clinica Villa Margherita passando per un picchetto d'onore in Campidoglio, fino a Villa Borghese, il dolore trattenuto, per le norme anti Covid, non è stato meno intenso: negozianti, semplici cittadini, giovani, anziani, il suo pubblico, gli amici. Nel suo teatro shakesperiano, in quel cilindro di legno pervaso d'affetto più che mai, gli applausi, all'ingresso e all'uscita di scena, sono stati lunghissimi. Con gli occhi lucidi dietro le mascherine, i ricordi personali di un maestro che di maschere ne ha indossate decine per divertire e divulgare. 

L'omaggio di colleghi e allievi al Globe Theatre

Marisa Laurito ha aperto le testimonianze, auspicando che la futura direzione del teatro da lui fondato possa conservare sempre l'impronta del genio di Gigi. "Uomo libero da padroni e padrini", così nelle parole di Valentina Marziali, la prima Giulietta, che ha chiosato: "Fare spettacolo è considerato un accessorio inutile. Ci proveremo a camminare da soli a portare il tuo teatro". Una sorta di papà adottivo è stato per molti Proietti: colleghi, tecnici, musicisti, scenografi. "Un grande artista è patrimonio comune - ha detto Paola Cortellesi - ridere a crepapelle con lui era possibile perché, ogni volta, aveva la mia età. E' stato un faro". Il desiderio di emulazione era forte tra gli allievi, ha ricordato Enrico Brignano, ma l'insegnamento a essere sempre se stessi è stato più forte. Per la sindaca Raggi, in collegamento video, Proietti è stato una "grande persona che ha saputo parlare a tutti, trattati alla pari, con grande umiltà". Ha promesso che, passata la pandemia, Roma lo omaggerà con ulteriori e più partecipate iniziative.

Don Insero: "Non un divo, anzi, antidivo"

Nell'omelia delle esequie, celebrate con una sessantina di persone all'interno della chiesa di piazza del Popolo e trasmessa dalla rete ammiraglia Rai, don Walter Insero, ha ricordato le qualità di mitezza e pazienza di Gigi Proietti: "Per nulla litigioso, né vendicativo, non era polemico. Colto e raffinato, con una bella intelligenza che ha messo a servizio, a frutto". Sottolineata la semplicità che ha contraddistinto tutta la sua vita e la sua carriera: "Non divo, anzi antidivo". Don Insero ha ricordato le esperienze infantili dell'attore romano che ha saputo custodire i valori più autentici acquisiti in periferia. Incantato dal mistero del sacro, parlava spesso di fede e di religiosità, ripentendo spesso: "Gli attori sul palcoscenico non fanno altro che ripetere la profondità poetica della liturgia. Dio non va studiato – diceva – si scopre nel cuore". E poi la sintonia che Gigi nutriva con Papa Francesco, per il quale – ha voluto dire don Walter - "aveva grande affetto e stima infinita, perché sentiva predilezione e attenzione ai poveri, agli ultimi".

Cultura alta e bassa insieme, popolare non populista

Proprio a questo punto, è stato lo stesso don Insero a fare un utile distinguo, entrando così in quello che è stato uno dei tratti più approfonditi in questi giorni senza Proietti: "E' facile essere populisti, molto più difficile essere popolari, perché significa amare il popolo, essere parte del popolo". Gigi era così. "Gigi ha voluto restare un artista popolare quando ciò poteva anche essere rischioso. Diceva, per esempio, che la Chiesa deve continuare a fare arte, con la prospettiva di mantenere un alto livello per tutti, non solo per l'élite. E le sue manifestazioni sono sempre state di altissimo profilo per tutti". Pino Quartullo, tra i primi allievi, ha sottolineato stamattina proprio la sua capacità di tenere alto e basso insieme, altrettanto ha fatto Walter Veltroni, nel suo ricordo: "E' stato un intellettuale popolare, colto e semplice. Ha cercato come un rabdomante per tutta la vita qualità e pubblico." Anche in una nostra intervista di archivio, realizzata all'epoca della inaugurazione del Teatro Silvano Toti, lo stesso Proietti parlava in questi termini:

Ascolta Gigi Proietti in un estratto di intervista a Radio Vaticana

“Popolare non so più cosa significhi, l'importante è che ci sia molta qualità nella proposta, è ricostruire un po' di spessore alla teatralità e non essere impopolari.”

Sulla stessa linea, Francesco Sala, attore e regista, è stato amico di Gigi Proietti, collaboratore per vent'anni in un sodalizio fecondo. "Era un torero della scena, con una grande leggerezza, funambolica, che sapeva donare ai colleghi con grande generosità", ricorda. "Oggi c'è una ironia che non comprende l'autoironia, che invece lui aveva molto. Oggi prevale il puntare il dito. Nei suoi spettacoli sembrava di stare non davanti a un attore ma dentro, con lui. Il teatro non solo diverte, porta fuori, ma converge – precisa - fa riflettere e ha una funzione sociale, e lui questo lo sapeva fare".

Ascolta Francesco Sala

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

05 novembre 2020, 17:18