Checkpoint israeliano a Betlemme Checkpoint israeliano a Betlemme 

Israele: Onu contro il piano di annessioni in Cisgiordania del nuovo governo

In Israele l’accordo di governo tra Netanyahu e Gantz prevede la sovranità dello Stato ebraico su alcuni territori della Cisgiordania. Contrarie Nazioni Unite, Ue e l’Autorità nazionale palestinese

Michele Raviart - Città del Vaticano

Tra i punti approvati dal nuovo governo israeliano, nato dopo tre elezioni dovute ad una lunga fase di di stallo e preceduto da settimane di colloqui tra Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, c’è la sottoposizione alla Knesset entro il 1° luglio di un piano di annessione di alcune parti della Cisgiordania, in particolare gli insediamenti ebraici e la valle del Giordano. Un progetto controverso, che era stato già proposto dall’amministrazione Trump degli Stati Uniti a fine gennaio.

La scadenza del 1° luglio

Il piano del governo israeliano, spiega a Vatican News Nicola Pedde, direttore dell’Institute Global Studies “ era parte integrante del programma di Netanyahu ed è stato utilizzato come una leva politica molto importante nel corso del dibattito che ha accompagnato la travagliata evoluzione della politica interna isrealiana”. “E’ un piano che si intende presentare a partire dal 1° luglio”, ribadisce, “con la consapevolezza che ci sarà con ogni probabilità un appoggio pieno da parte dell’amministrazione Trump.”

Ascolta l'intervista integrale a Nicola Pedde

Onu: colpo devastante alla soluzione dei due Stati

Il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha sottolineato come la decisione sulle annessioni  ricada “in ultima istanza” su Israele e a ha aggiunto che gli Stati Uniti “stanno lavorando strettamente” con il governo dello Stato ebraico per “condividere in privato  il nostro punto di vista”. Dura la reazione del coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, che ha definito l’ipotesi di annessione “una grave violazione del diritto internazionale e un colpo devastante per la soluzione dei due Stati”, perché “chiuderebbe la porta a nuovi negoziati e minaccerebbe gli sforzi per far avanzare la pace nella regione”.

Le reazione di UE e Israele

Perplessità sono arrivate anche dall’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, che, pur sottolineando la cooperazione con il nuovo governo israeliano nell’affrontare la pandemia di Coronavirus, ha ribadito la linea dell’UE nel seguire le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1967 e del 1973 e di non riconoscere la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata. Una dichiarazione accolta “con rammarico” dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz. Borrell. Questi ha affermato che Bruxelles "ha scelto di vedere le relazioni tra Israele e Ue esclusivamente attraverso i ristretti prismi del Coronavirus e dello ‘stato dei territori’”, senza considerare “la profondità delle nostre relazioni”.

La fattibilità del piano

“Nonostante qualche voce contraria che si è levata sul piano europeo, alle Nazioni Unite, nell’ambito delle formazioni palestinesi” e “nonostante la portata enorme di questa azione proposta dal governo israeliano”, commenta ancora Pedde, “la narrativa che ne è scaturita è onestamente molto blanda e al di fuori della cronaca di gran parte dei media internazionali. Questo dimostra alle autorità del nuovo governo israeliano, che il piano è tecnicamente fattibile, soprattutto in questa fase. Dieci anni fa sicuramente una operazione del genere avrebbe provocato una reazione del tutto diversa e molto più intensa sul piano della politica internazionale”.

Il ruolo del Coronavirus

Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, infatti, ha avvertito che prenderà tutte le misure e decisioni necessarie per salvaguardare i palestinesi. “Nessuno”, ha detto in un discorso televisivo, “dovrebbe illudersi di poter sfruttare la situazione globale attuale causata dall’epidemia di Coronavirus per violare i nostri diritti nazionali”; proprio la pandemia che, ha ricordato Mladenov all’Onu, aveva  prodotto significativi esempi di cooperazione tra israeliani e palestinesi, "sinergie che sono sicuramente meravigliose dal punto di vista umano, ma che hanno poi un effetto pari a zero sul piano della politica”, sottolinea Pedde.” La realtà è che la pandemia di Covid-19 in tutta la regione, non solo in Israele e Palestina è utilizzata largamente per catalizzare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica e, quindi, celare alcune operazioni politiche che sono particolarmente importanti”.

I possibili scenari

Difficile quindi prevedere gli scenari dopo il 1° luglio “Sicuramente l’avvio di una discussione sul piano, nella Knesset sarà piuttosto breve”, conclude Pedde: “Ben più difficile sarà la parte pratica. La variabile su cui si deve ragionare a questo punto è quella della comunità palestinese, cioè quanto la comunità palestinese sarà pronta ad accettare una decisione del genere senza ricorrere nuovamente alla violenza.

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24 aprile 2020, 14:36