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Spreafico: camminiamo insieme contro l'antisemitismo

Questa sera, lungo le vie di Trastevere e del quartiere ebraico della capitale, sfilerà la marcia tradizionale in ricordo della deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma. Una manifestazione di memoria, solidarietà e fratellanza

Chiara Colotti – Città del Vaticano

Sono trascorsi 76 anni da quel fatidico 16 ottobre 1943, quando oltre 1000 ebrei romani furono catturati e deportati nei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Il recente attentato di Halle, in Germania, ci ricorda con forza, però, che l’antisemitismo è ancora oggi un male profondo che affligge la nostra società. Il corteo silenzioso, da piazza Santa Maria in Trastevere verso Portico d’Ottavia, seguirà questa sera quel percorso che ha lasciato ferite aperte e sarà occasione per prendere le distanze da ogni forma di odio.

La manifestazione

Come ogni anno dal 1994, la tradizionale marcia, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica romana “vuole ricordare quell’evento tragico, avvenuto tra le cinque di mattina e le dodici del 16 ottobre 1943, quando più di 1000 ebrei furono strappati alle loro famiglie”, racconta monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Era Shabbat, era un sabato, esattamente come oggi. Al termine della marcia, alla quale parteciperanno anche autorità civili ed istituzionali, interverranno la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, il rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni e il vescovo Ambrogio Spreafico.

Ascolta l'intervista a monsignor Ambrogio Spreafico

L’attentato di Halle

L’attentato di Halle, avvenuto lo scorso mercoledì, è la chiara dimostrazione che l’antisemitismo continua ad essere una grave minaccia non solo per la comunità israelitica ma anche per la società intera. “Siamo vicini agli amici ebrei di Roma e di tutte le latitudini - afferma monsignor Spreafico -, l’attentato di Halle è frutto di un antisemitismo che ancora oggi rappresenta un grande pericolo che si alimenta di pregiudizi”. Un dolore improvviso ha colpito nel cuore la comunità ebraica durante le celebrazioni dello Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico e con maggiore valenza simbolica. In un momento come questo, è importante tener vivo lo spirito di condivisione con la comunità ebraica, perché “la fede - sottolinea monsignor Spreafico – se vissuta in modo profondo e sincero ci porta a vivere in pace gli uni con gli altri, nonostante le differenze. La fede se vissuta nel profondo è portatrice di pace”. 

L’indifferenza: il nemico contro cui combattere

“Il nemico contro cui lottare non è soltanto l’odio, in tutte le sue forme ma, ancor più alla radice, l’indifferenza (…). Non mi stanco di ripetere che l’indifferenza è un virus che contagia pericolosamente i nostri tempi, tempi nei quali siamo sempre più connessi con gli altri, ma sempre meno attenti agli altri. (Papa Francesco)”

“Il vaccino per debellare il virus dell’indifferenza - precisa ancora Spreafico- è l’incontro. Non possiamo tacere, dobbiamo reagire all’indifferenza impegnandoci personalmente ad incontrare l’altro, chi è diverso da noi, chi ci fa paura proprio perché diverso”. Solo così possiamo promuovere il dialogo, l’amicizia, la comprensione reciproca nonostante la diversità che spesso ci separa, ma che in un clima di dialogo e ascolto diviene una ricchezza inestimabile. Papa Francesco, mercoledì 9 ottobre, al termine dei lavori del Sinodo ha ricordato nella preghiera le vittime dell’attentato alla sinagoga di Halle. Monsignor Spreafico commenta: “Rintraccio sempre in Papa Francesco la grande capacità di leggere i segni della storia: la vera risposta all’indifferenza. Francesco infonde aiuto e forza in questo nostro mondo che tante volte vive nell’indifferenza davanti al dolore degli altri. La sua preghiera è stata la prima risposta immediata perché non si può aspettare davanti al dolore altrui, non si può far finta di niente. La preghiera - conclude - può guarire il dolore ed è l’antidoto alla violenza, al terrorismo e all’incapacità di vivere insieme”.

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12 ottobre 2019, 09:00