Concorso di Caritas Roma: incontrare un migrante e raccontare la sua storia

La Caritas di Roma promuove il concorso “Un incontro, una storia” che invita i romani, dai 6 anni in su, a scrivere o filmare storie di persone migranti, per creare un’occasione d’incontro tra persone di differenti culture e per ridurre la diffidenza reciproca. La presentazione in Campidoglio con la sindaca Virginia Raggi, padre Giulio Albanese e il direttore don Benoni Ambarus

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Ascolta la storia di una persona migrante che vive a Roma e falla diventare un testo scritto o un video, per partecipare al concorso a premi della Caritas di Roma. Hai tempo fino al 20 gennaio 2020 e la partecipazione è gratuita”. E’ questo l’invito che la Caritas diocesana, attraverso il suo direttore, don Benoni Ambarus, che è arrivato in città dalla Romania nel 1996, fa a tutti i romani dai 6 anni in su, che possono partecipare o da soli o in gruppo.

Don Ambarus: superare il disagio del primo contatto

Don Ambarus presenta il concorso, promosso in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e con il patrocino del Comune di Roma e della Regione Lazio, in Campidoglio, insieme alla sindaca Virginia Raggi e padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista. Come spiega a “Vatican News”, l’obiettivo del concorso non è solo raccogliere storie.

Don Benoni Ambarus, direttore Caritas di Roma

R. – La raccolta di storie c’è già. E’ soprattutto un invito ad andare incontro alle persone, a superare il disagio del primo contatto, soprattutto verso chi è un po’ diverso, culturalmente o dal punto di vista anche religioso. Ci spinge anche il desiderio di recuperare la ricchezza di vita delle persone migranti, che sono portatori di valori. In più è un invito ai minori migranti di seconda generazione a dare il meglio di sé a sé stessi e a noi, di regalarci la loro vita, il loro vissuto: questa doppia appartenenza culturale è una ricchezza enorme che ci piacerebbe fosse messa a frutto.

Quindi invitate i ragazzi romani a intervistare la badante del nonno…

R. – Al ragazzo chiediamo di intervistare la badante del nonno o della nonna, ma allo stesso tempo invitiamo gli stessi migranti a non vergognarsi di sé stessi e della loro appartenenza. Vorrei che arrivasse, anche alle persone migranti presenti nella nostra città, il messaggio: sei il benvenuto, sistemati, costruisciti la vita e prova a mettiti al servizio della tua vita e della vita di tutta la città stessa, dai il meglio di te.

E poi invitate anche che a leggere queste storie e a guardare i video, perché la conoscenza è sicuramente il primo passo verso un’integrazione…

R. – Io direi che il vissuto interiore raccontato è la cosa più preziosa che potremmo poi avere tra le mani nella pubblicazione del libro o del video stesso ma soprattutto sarà la ricchezza più grande che avranno le persone che vivono questo concorso, questo incontro.

La  locandina del concorso "Un incontro, una storia"
La locandina del concorso "Un incontro, una storia"

La Roma reale è multietnica, multiculturale e multireligiosa

L’ obiettivo, chiarisce don Benoni nella presentazione, è insomma l’ “umanizzazione della città’”. “Siamo convinti che la Chiesa in uscita, su invito del Papa, sia la vera conversione che oggi ci viene chiesta. Come ci ha ricordato il cardinal vicario Angelo De Donatis, per ascoltare questo grido dobbiamo fare un viaggio fra gli uomini. Il frutto del vero ascolto porta alle relazioni perché ciò che l’altro vive tocca anche me”. A Roma, continua il direttore della Caritas “esiste una città reale, caratterizzata da etnie, cibi e culture diverse, e una città ideale dove non ci sono stranieri, colori e sapori diversi. Per fortuna questo tipo di città monolitica non esiste, e dobbiamo capire se vogliamo continuare a cercarla una città o non sia meglio guardare le cose in faccia e accettare una Roma dalla difficile convivenza ma che cerca un incontro”.

I minori migranti creano le gang quando non sono accettati

Il grado di integrazione di un migrante, conclude, si vede dal cibo che si consuma: “se non si sente accettato continua a consumare il cibo del proprio paese e della propria cultura”. E condivide una preoccupazione: “Come faranno i minori migranti di seconda generazione a dare il meglio di loro stessi se ovunque si girano, sentono solo un rifiuto nei loro confronti? Non possiamo lamentarci se si uniscono in gang, se li teniamo nell’emarginazione. Creiamo occasioni affinché questi ragazzi possano raccontarsi”.

Padre Albanese: no ad un cristianesimo esclusivo

Padre Giulio Albanese, nel suo intervento, esprime la preoccupazione “che oggi si stia creando un cristianesimo esclusivo che è esattamente l’opposto di quello che Papa Francesco ci invita a costruire, inclusivo e aperto all’altro”. Il missionario comboniano sottolinea le parole del Pontefice nel suo ultimo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 29 settembre,  quando ricorda che “non si tratta solo di migranti, di fronte a noi abbiamo uomini e donne create a immagine di Dio la cui sacralità prescinde dalla razza”. La povertà, a cui costantemente fa riferimento Francesco “non è un’apologia della mistica della miseria – chiarisce padre Albanese – ma una categoria teologica che ci ricorda che la felicità vera è un bene condiviso, non solo nella fede ma per tutti gli uomini”.

Padre Giulio Albanese, missionario e giornalista comboniano

Il destino è comune: i problemi delle periferie sono i nostri

A Vatican News, il missionario-giornalista, riferendosi al valore del concorso, aggiunge che “bisogna investire sulle giovani generazioni perché non sono solo il futuro, sono già il presente. E la sfida, prima ancora che politica, sociale e d economica, nel villaggio-mondo globale, è culturale. Leopold Sedar Senghor, il grande statista senegalese, maestro della “negritudine”, diceva che ‘il passato ci ha trovato divisi, nel colonialismo, ma il presente, e soprattutto il futuro, ci devono portare all’appuntamento del dare e del ricevere’. Questo è il fondamento della cooperazione. Capire che abbiamo un destino comune è capire che i problemi delle periferie sono i nostri problemi. E Papa Francesco ha compiuto in questo un decentramento evangelico: le periferie, ci dice, sono il vero centro della missione, non solo quelle geografiche ma anche esistenziali”.

La sindaca Raggi: un'iniziativa che invita all'incontro con l'altro

La sindaca Virginia Raggi commenta che iniziative come quella della Caritas romana “ci invitano al dialogo e all’incontro con l’altro. Il modello che vede collaborare insieme istituzioni e organizzazioni sociali e di solidarietà è fondamentale per la città, perché permette di essere vicini alle esigenze di tutto il territorio e di difendere i diritti di tutti”.

La sindaca di Roma Virginia Raggi alla presentazione del concorso
La sindaca di Roma Virginia Raggi alla presentazione del concorso

Ahmad, dal Pakistan 30 anni fa: possiamo dare tanto all'Italia

Nella commissione che valuterà le storie c’è anche Ahmad Ejaz, mediatore cultura e giornalista di origine pakistana, in Italia da 30 anni, che racconta a “Vatican News” i primi passi della sua storia nel nostro Paese.

R. – Io sono venuto in Italia nell’89, quando presi il permesso di soggiorno, eravamo diventati 300 mila immigrati. Oggi gli immigrati in Italia sono 5 milioni e mezzo, quindi il mio percorso è anche la storia dell’immigrazione italiana. Ero venuto a Roma, facevo il giornalista in Pakistan e sono stato persona senza documenti per sei mesi. All’epoca non c’era la parola “clandestino”. Dopo presi il permesso di soggiorno con la legge Martelli e iniziai il mio percorso. All’epoca c’era don Luigi Di Liegro a Roma e Dino Frisullo che aiutavano gli immigrati. Grazie a don Luigi Di Liegro nasceva a Pantanella la prima moschea. Oggi ci sono 800 moschee in Italia. La narrazione degli immigrati è una narrazione diversa e se la Caritas non faceva questo progetto, veramente queste storie sarebbero andate perse.

Ahmad Ejaz, giornalista di origine pakistana

Storie di matrimoni al telefono e di mari pieni di coccodrilli

Pensate ai pachistani che si sposano al cellulare, perché non possono andare a casa, però fanno questi matrimoni al telefono… Pensate ai ragazzi afghani che non avevano mai visto il mare e pensavano che nel mare ci fossero i coccodrilli... Pensate anche i simbolismi: Io aspettavo un giorno un ragazzo indiano sikh, ad Anzio, vicino ad una chiesa dove c’era un grande crocifisso, e lui non veniva mai. Gli dicevo: “Ma dai, vieni, vieni vicino alla chiesa, ti sto aspettando”. Lui non riusciva a trovare la chiesa poi mi ha detto al telefono: ‘Io vedo un grande segno del +’. Gli ho detto: ‘Vieni proprio dove c’è il segno del +’. Quindi il racconto degli immigrati è un racconto bello, e non significa sottrarre qualcosa ma aggiungere qualcosa, arricchire la cultura italiana. Oggi in Italia si usano i numeri arabi, e la lingua italiana sarebbe incompleta senza l’arabo… E quindi anche oggi questi 5 milioni e mezzo di immigrati possono dare molto all’Italia. Nuovi racconti, nuovi linguaggi, nuovi colori.

Le informazioni per partecipare al concorso

Il concorso è aperto a tutti, suddiviso in fasce di età e in diverse forme narrative. I partecipanti sono invitati a raccogliere le storie di vita di persone che hanno vissuto o stanno vivendo un’esperienza di migrazione e che, attualmente, si trovano a Roma. Le interviste possono essere presentate in forma scritta o di filmato e devono essere svolte sotto forma di racconto. Gli elaborati dovranno essere inviati entro il 20 gennaio 2020 a: Caritas diocesana di Roma – Area Pace e Mondialità – Concorso “Un incontro, una storia”, via Casilina Vecchia, 19 – 00182 Roma. Il testo del bando e la scheda di partecipazione sono disponibili sul sito della Caritas di Roma.

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La presentazione del concorso in Campidoglio
24 settembre 2019, 15:58