Due ragazzi tra le strade bombardate di Tripoli Due ragazzi tra le strade bombardate di Tripoli 

Allarme Unicef: in Libia a rischio mezzo milione di bambini

La situazione in Libia rimane molto critica e a farne spesa sono soprattutto i bambini. Scuole chiuse in tutto il Paese e usate come riparo per le famiglie sfollate. Per l’Unicef: “L’emergenza necessita di far evacuare quanto prima 1.800 bambini”

Matteo Petri - Città del Vaticano

A 15 giorni dallo scoppio delle ostilità tra le truppe armate fedeli al generale Haftar e l’esercito di Tripoli di Al-Seraj, è ormai emergenza umanitaria. L’Unicef, presente sul campo dall’inizio dell’escalation, ha allestito diversi ospedali e punti di rifugio per le famiglie e soprattutto per i bambini. Nella zona in conflitto abitano circa mezzo milioni di bambini che si trovano in questo momento in pericolo.

Ai nostri microfoni, Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia, a cui abbiamo chiesto qual è in questo momento la situazione in Libia per le famiglie e soprattutto per i bambini

Ascolta l'intervista a Paolo Rozera

R. – E’ una situazione molto preoccupante perché dobbiamo pensare alla Libia come a un Paese che da sette anni vive momenti di conflitti alternati a momenti di tranquillità, e chi ne subisce le conseguenze sono spesso i bambini. In modo particolare, a causa di questi ultimi bombardamenti di questi giorni ci sono circa 1.800 bambini che vivono vicinissimi alla prima linea del combattimento: noi chiediamo di farli evacuare il prima possibile perché altrimenti sarà troppo tardi e ovviamente rischiano di essere vittime del conflitto in atto. E consideriamo che ci sono anche i mille bambini che sono nei centri di detenzione per i bambini rifugiati e migranti che, come sappiamo, passano per la Libia: anche quelli hanno bisogno di un rifugio più sicuro. Troppe volte ci abituiamo all’idea delle bombe che cadono in qualche Paese, anche se vicinissimo a noi, e non ci rendiamo conto delle conseguenze. Faccio un esempio: l’anno scolastico, in Libia, è stato sospeso, quindi tutte le scuole nelle zone colpite dal conflitto sono chiuse e la maggior parte di queste stanno ospitando famiglie sfollate. Questo per dare un’idea di quello che può creare un bombardamento come quello di questi giorni.

Come state intervenendo?

R. – Noi ci occupiamo in modo particolare dell’istruzione, della protezione dell’infanzia e di ripristinare i servizi idrici e igienico-sanitari; se non ripristinare, almeno assicurare ai ragazzi, alle mamme, alle famiglie di poter arrivare all’acqua potabile sicura perché in queste situazioni di crisi il rischio più grande è quello di andare a rigenerare delle malattie, delle pandemie sconfitte tipo il colera o il morbillo, perché ovviamente diventa difficile vaccinare; e poter accedere a cibo pulito e ad acqua pulita aumenta la possibilità di trasmissione del colera.

Quanti bambini stimate che siano stati colpiti e in che zone state intervenendo?

R. – In tutta la Libia occidentale si parla di circa mezzo milione di bambini. Noi stiamo intervenendo proprio in tutti questi modi, fornendo kit medici nei vari ospedali o comunque nei vari ospedali da campo di fortuna che vengono costruiti in base a come si sposta il conflitto. La situazione è molto incerta e varia di giorno in giorno, quindi qualsiasi intervento è provvisorio in un punto e poi dev’essere spostato e questo comporta forse di essere meno efficaci di quanto si vorrebbe. Quello che noi chiediamo è ovviamente l’interruzione dei bombardamenti per permetterci di raggiungere le parti più indifese della popolazione.

Avete notizie anche dalla parte della Cirenaica?

R. – Adesso non ci stanno arrivando notizie certe perché, ripeto, le notizie arrivano di giorno in giorno; sono personalmente in contatto con il nostro rappresentante Unicef sul posto: le difficoltà sono tante. Stiamo cercando veramente di intervenire ovunque.
 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

19 aprile 2019, 14:06