Gesuiti: apre a Roma il centro Matteo Ricci per l’integrazione dei migranti

La nuova struttura del Jesuit Refugee Service accoglierà richiedenti asilo e rifugiati nel cuore di Roma. Papa Francesco finanzia il primo mese di attività. Il presidente Mattarella: “L’ Europa prenda esempio dai paesi latinoamericani che si sono divisi i due milioni di migranti dal Venezuela con un’azione concertata”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

In un Europa che spesso chiude le porte a chi chiede protezione da guerre e persecuzioni, il Centro Astalli, sede italiana e del Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jesuit Refugee Service) inaugura un nuovo centro d’accoglienza e integrazione per richiedenti asilo e rifugiati nel cuore di Roma, a pochi passi da piazza Venezia, nel complesso monumentale della Chiesa del Gesù, in via degli Astalli 13.

Matteo Ricci, una vita nei panni delle altre culture

La nuova struttura porta il nome di Matteo Ricci, il grande gesuita che ha dedicato la sua vita a mettersi nei panni dell’altro e a cercare la via del dialogo e dell’integrazione in Cina, e si ispira all’appello di Papa Francesco, in occasione della sua visita al Centro Astalli, il 10 settembre 2013, di aprire le case dei religiosi ai rifugiati. I locali sono infatti quelli messi a disposizione e ristrutturati dalla Provincia italiana dei Gesuiti.

Papa Francesco finanzia il primo mese di attività

Il Centro viene inaugurato alla presenza del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e del superiore generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano padre Arturo Sosa. Insieme a loro tanti rifugiati, volontari, operatori e amici del Centro Astalli, e il cardinal Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, il cardinal Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Papa Francesco dona al Centro una riproduzione in scala ridotta del crocifisso ligneo opera è dell’artista Alexis Leyva Machado, meglio conosciuto come “K’cho”, che il presidente cubano Raul Casto donò a Francesco al termine della sua visita del 2015 nell’isola caraibica. E “rammaricato per la mancanza di finanziamenti pubblici per i migranti vulnerabili che oggi a Roma necessitano di un ricovero – annuncia il sottosegretario della sezione Migranti e rifugiati della Santa Sede padre Michael Czerny – dona anche il necessario per il primo mese di attività del Centro”.

"Voglio che i miei studi siano riconosciuti anche qui"

La storia di Charity, fuggita dal Camerun senza diritti

 

Il presidente Mattarella visita i locali del centro e poi si siede in prima fila, e ascolta le testimonianze di Charity, rifugiata dal Camerun, e di Sohrab, migrante dall'Afghanistan, accolti e assistiti dal Centro Astalli. La 25enne africana è in Italia da due anni. E' fuggita all'inizio della crisi tra il governo francofono e il Camerun anglofono dell'Ambazonia, la regione dell'ovest al confine con la Nigeria. "Sono laureata in Economia e Finanza - racconta - a Yaoundé, la capitale, lavoravo come contabile per una ong per i diritti delle donne e dei bambini vulnerabili. Mi piaceva la mia vita, facevo il lavoro che avevo sognato, avevo gli amici, la mia famiglia". Tutto è cambiato quando il padre, maestro elementare, e il fratello "hanno partecipato a una manifestazione pubblica per chiedere il diritto allo studio per tutta la popolazione, in tutto il paese. Sono stati arrestati e incarcerati. Di mio padre non abbiamo avuto mai più notizie". Del fratello ha saputo che era stato portato in un carcere del Nord-Ovest del Paese. E' subito andata a chiedere la sua liberazione. "Davanti a quel carcere - continua Charity - eravamo tantissimi in cerca di notizie dei nostri cari. Ci hanno arrestati tutti. Dopo tre giorni, alcuni manifestanti hanno fatto scoppiare un incendio. Nella confusione siamo riusciti a scappare". Grazie all'aiuto di alcuni religiosi è salita su un aereo ed è arrivata in Italia. "Da quel giorno ho cominciato la mia nuova vita".  Oggi la giovane camerunense è rifugiata, sta cercando lavoro "perché mi devo mantenere da sola e presto dovrò lasciare il centro che mi ospita. Ma mi impegno anche molto per riuscire a fare gli esami necessari per il riconoscimento dei miei studi anche qui in Italia. Oggi sono disposta a fare qualsiasi lavoro onesto". Ma non vuole, conclude, "abbandonare il sogno di fare il lavoro per cui ho studiato. Questo è l’unico modo che ho per ringraziare i mie genitori di avermi insegnato che lo studio e la cultura possono cambiare il mondo e che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini". 

Dall'Afghanistan alla laurea in Ingegneria a Roma

L' afghano Sohrab: grazie Italia, qui mi sono sentito accolto

Sohrab, oggi 25 enne ingegnere meccanico laureato alla Sapienza di Roma, racconta di aver lasciato l'Afghanistan nel quale "la guerra non è mai finita davvero" a soli 14 anni, ed aver attraversato molti paesi "da solo, con i trafficanti e con altri bambini conosciuti in cammino". Arrivato in Europa su un gommone dalla Turchia, in Grecia il minore Sohrab finisce per la prima volta in carcere. "Ho provato a scappare tante volte - spiega - dentro o sotto un camion, sopra la cabina del guidatore. Venivo sempre fermato e rimandato indietro". Poi prova ad uscire dalla Grecia a piedi. "Macedonia, Serbia, Ungheria, tanti confini, tanti Paesi, tanti rifiuti. Ho conosciuto tante prigioni diverse - ricorda commosso - ho conosciuto la paura". Orientandosi con il sole e una mappa di carta, Sohrab arriva in Ungheria, poi in Austria, Germania e infine Italia. "Qui ho chiesto asilo politico. A Roma non mi hanno messo in carcere, mi hanno accolto in un centro per i rifugiati. In sei mesi ho imparato l’Italiano. In tre anni ho preso la licenzia media e il diploma di scuola superiore". La voce di Sohrab si illumina, quando racconta che "dopo il diploma ho vinto una borsa di studio all’Università. Da poco più di un mese sono un Ingegnere meccanico, laureato a La Sapienza. Ora mi sono iscritto al corso di laurea specialistica e vivo in una comunità religiosa che mi ospita: ho una stanza, del cibo e soprattutto la tranquillità necessaria per studiare". "Il progetto d’integrazione che sto portando avanti grazie a tante persone di buona volontà - conclude il giovane di origine afghana - mi fa credere che il mio futuro sia qui, che potrò essere utile a questo paese che mi ha dato un’opportunità. Dopo tanti rifiuti, in Italia per la prima volta mi sono sentito accolto".

Mattarella: 70 milioni di rifugiati, servono intese globali

Dopo di loro il presidente Mattarella interviene a braccio, e sottolinea che la concretezza di storie vissute come quelle di Charity e Sohrab "è quella che dà ragione del perché qui, in questo Centro, si intende praticare l’accoglienza e l’integrazione, avendo ben chiaro che al centro di ogni cosa vi è la dignità di ogni persona umana e la solidarietà fra tutte loro". Ricorda che il "fenomeno epocale" delle migrazioni riguarda tutti, "perché il mondo diventa sempre più raccolto". Servono quindi "interventi e intese globali sul fenomeno migratorio, perché nessun Paese da solo è in grado di affrontarlo o di regolarlo". Ed è quello che sollecita l'Onu, "ricordando che nel mondo coloro che fuggono da guerre, carestie, impossibilità di sopravvivenza, persecuzioni, sono circa 70 milioni". Il presidente della Repubblica parla poi del dramma attualissimo dei due milioni di profughi dal Venezuela in crisi politica. "L'America Latina, con gli accordi di Quito, - spiega - ha messo in campo un'azione solidale, concertata. E' un richiamo e un insegnamento per un Unione Europea che non è ancora riuscita a elaborare un approccio e un programma comune per un fenomeno che è globale".

Mattarella: sui migranti l'Europa prenda esempio dall'America Latina

Spazi diurni di formazione e accoglienza notturna

Come spiega a Vatican News il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, il nuovo Centro Matteo Ricci, arricchito dalle opere realizzate da Mauro Biani e Sibomana, “vuol essere aperto a tutti, ai cittadini italiani e anche ai migranti, perché siamo convinti che insieme si costruisce il futuro. Senza un 'tu' diverso, ma un 'noi' che coinvolga tutti. Ci sarà uno spazio diurno per incontri di formazione e per la ricerca del lavoro, ma ci sarà anche la possibilità di dormire la notte per persone con una progettualità che li porti verso l’autonomia”. Infatti sono disponibili 28 posti letto per i migranti forzati impegnati in percorsi di inclusione sociale, ma che non hanno ancora la possibilità di provvedere da soli ad un alloggio. 

Aprire è un messaggio di speranza e futuro

“Il tentativo – chiarisce padre Ripamonti - sarà quello di accogliere quelle persone che hanno iniziato dei processi di integrazione, persone che hanno difficoltà nella conversione dei permessi di soggiorno da umanitario a motivi di lavoro, in questa fase di transizione, e quindi venire incontro alle necessità reali e le vite concrete di queste persone”. “Aprire – conclude - è anche un messaggio di speranza e di futuro per tanti migranti che bussano alle nostre porte e che vogliono integrarsi nei nostri territori”. Per contribuire alla costruzione di una società più inclusiva e all’incontro diretto tra cittadini e migranti, il Centro proporrà corsi di informatica, di lingua, di educazione finanziaria, aperti ai migranti forzati, ma anche ad altri migranti e ai cittadini interessati. Saranno anche attivati gruppi di conversazione informali, facilitati da volontari di madrelingua diversa.

Padre Sosa: fare dell’Europa una società accogliente

Padre Arturo Sosa, superiore generale della Compagnia di Gesù, sottolinea che “l’impegno della Compagnia per accompagnare i migranti e i rifugiati cresce e questo è un grande sforzo per noi e una gioia per padre Pedro Arrupe, del quale domani apriamo la causa di beatificazione”. A 28 anni dalla scomparsa, avvenuta a Roma il 5 febbraio 1991. “Bisogna andare incontro alle persone ma anche alla politica, - chiarisce padre Sosa - e creare le situazioni per fare veramente dell’Europa una società accogliente e che possa vivere la diversità come ricchezza e non come minaccia”. In un mondo che moltiplica i muri, sottolinea il generale dei Gesuiti, "pazientemente e ostinatamente vogliamo continuare a costruire ponti, attraverso gesti concreti di promozione della dignità, di umanità e di ospitalità". E conclude citando le parole profetice di padre Arrupe, suo predecessore alla guida della Compagnia dal 1965 al 1983. "Con i soli lamenti, le accuse, la denuncia di ciò che gli altri non fanno non si crea il nuovo ordine sociale di cui l’Europa ha bisogno. Occorre portare elementi positivi, costruttivi". Parole che sono di incoraggiamento oggi per i Gesuiti della provincia Euro-Mediterranea, a continuare "sulla strada dell’incontro tra persone di diverse culture e religioni, attraverso il servizio dei più fragili e dei più vulnerabili".

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Immagini del nuovo Centro Matteo Ricci
04 febbraio 2019, 17:18